Tarquinia, un secolo di Museo Archeologico Nazionale: tesori d'arte iconici che arrivano dall'antichità

Eugenio Serlupini, Tarquinia / Lazio
Cento anni non sono niente davanti al tempo assoluto della storia. Ma sono tanti di fronte al tempo relativo della vita. Una suggestiva premessa che arriva direttamente dal Museo Archeologico Nazionale di Tarquinia, che quest’anno compie il secolo di vita. Ospitato dal 1924 a Palazzo Vitelleschi, conserva due storiche collezioni ottocentesche, la Raccolta Comunale e la collezione privata dei conti Bruschi-Falgari, arricchite poi con i materiali provenienti dagli scavi nell’area dell’antica città, sia nell’abitato che nelle circostanti necropoli. La sua opera iconica, capolavoro della coroplastica etrusca e simbolo di Tarquinia, sono i “Cavalli alati”: una lastra fittile decorata ad altorilievo con una coppia di cavalli alati scalpitanti nell’atto di spiccare il volo.
(TurismoItaliaNews) Ci sono tanti buoni motivi per visitare (o rivedere) il Museo Archeologico Nazionale di Tarquinia, “uno dei più importanti musei archeologici d’Italia, di certo il maggiore in assoluto se consideriamo le antichità che provengono dal territorio tarquiniese. Si trova nel cuore del centro storico della cittadina laziale, nella sede quattrocentesca di Palazzo Vitelleschi, l’edificio aristocratico fatto costruire tra il 1436 e il 1439 dal cardinale Giovanni Vitelleschi, acquisito dal Comune di Tarquinia agli inizi del ‘900 dopo vicende plurisecolari” spiega Vincenzo Bellelli, direttore del Parco archeologico di Cerveteri e Tarquinia nonché direttore del Museo archeologico nazionale.
Istituito nel 1916 e inaugurato dopo otto anni di restauri, cioè esattamente cento anni fa, hanno visto confluire nelle sue sale la raccolta archeologica comunale e la collezione privata dei conti Bruschi-Falgari, acquistata dallo Stato italiano nel giugno 1913 dagli eredi della nobile famiglia. Fino ad allora, la collezione privata Bruschi Falgari era stata custodita nell’omonimo palazzo nel centro storico di Tarquinia e nella Villa extraurbana della famiglia. La raccolta comunale, invece, era stata custodita nel Museo etrusco tarquiniese. Nuclei del Museo inaugurato nel 1924 sono la collezione di sarcofagi, quella vascolare e le opere di arte medievale raccolte in maniera sistematica dal primo direttore, l’archeologo Giuseppe Cultrera.
“Dopo cento anni di storia, in cui le collezioni tarquiniesi non hanno cessato di arricchirsi – sottolinea il direttore - il Museo è diventato un prezioso scrigno delle memorie dell’antica metropoli etrusca di Tarquinia, la città sacra degli Etruschi. Fra le opere custodite nel Museo si annoverano capolavori assoluti dell’arte universale, fra cui l’altorilievo fittile dei cavalli alati e il bellissimo vaso plastico attico firmato da Charinos”. Il percorso espositivo si sviluppa in più aree tematiche abbracciando un arco cronologico che, partendo dall’età del Ferro (IX secolo a.C.), giunge all’epoca romana: la scultura monumentale e funeraria, i corredi funerari, la ceramica importata e di imitazione dal periodo geometrico a quello ellenistico, l’abitato. Al piano terra si può ammirare in particolare il sarcofago del Sacerdote, con le spoglie di Laris, il capostipite della famiglia dei Partunu. Il sarcofago è un pregiato monumento di fabbrica greca, scolpito in marmo pario, importato in Etruria dove un artista locale ne dipinse la cassa con scene mitologiche. Tra gli oggetti esposti spiccano le ceramiche figurate attiche tra cui capolavori monumentali della fine del VI secolo a.C. come l’eccezionale kylix plasmata dal vasaio Euxitheos e dipinta dal pittore Oltos (510-500 a.C.) trovata nel 1874 in una tomba a camera della necropoli dei Monterozzi.
E poi i “Cavalli alati”: l’altorilievo doveva essere posto in corrispondenza della testata di uno dei grandi travi del frontone del tempio dell’Ara della Regina, nella fase del IV secolo a C., sul pianoro della Civita dove era ubicata la città antica e dove ancora oggi sono visibili i suoi resti monumentali. Le sale ospitano, inoltre, la ricostruzione dal vivo di alcuni contesti funerari come la tomba a camera dei Versna e quattro tombe dipinte “strappate” negli anni ’50 e ’60 del ‘900 e ricostruite nel Museo. Tra queste si menziona la tomba del Triclinio: decorata da un artista greco operante a Tarquinia all’inizio del V sec. a.C.
Il centenario del Museo viene celebrato anche attraverso l’emissione di un francobollo dell’Italia, con valore della tariffa B pari a 1,25 euro, una tiratura di duecentomilaquattro esemplari in foglio da ventotto. La vignetta raffigura il cortile interno di Palazzo Vitelleschi, sede del Museo archeologico nazionale di Tarquinia, e il vaso greco configurato a testa femminile (rython) attribuito all’artigiano attico Charinos, una delle opere più iconiche del Museo. Il bozzetto è a cura di Maria Carmela Perrini mentre la stampa è dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, in rotocalcografia.