Quel pane cotto con la paglia: da secoli in Puglia la tradizione del gusto non cambia

Giovanni Bosi, Orsara di Puglia / Foggia

C’è un luogo dove il pane ha la fragranza, il sapore e il colore di una volta. E sì, perché è proprio il tempo a fare la differenza: è infatti dal 1526 che ad Orsara di Puglia il forno alimentato a paglia e legname, tenuto ben caldo dalla famiglia Di Biccheri come avviene da cinque generazioni, dona il gusto di grandi pagnotte che si accompagnano alla speciale gastronomia della Daunia. Da queste parti, il forno è una vera e propria istituzione e una visita per vederlo da vicino (e per assaggiare il pane) è irrinunciabile. Il suo nome - neanche a dirlo - è “Pane e Salute”.

 

(TurismoItaliaNews) "Onorate il pane, gloria dei campi, fragranza della terra, festa della vita": il claim è quello tipico di una volta, ma scegliendolo la famiglia di Giovanni Di Biccheri ha sapientemente coniugato gli elementi essenziali della propria terra e della propria attività: lavoro, tradizione, gusto, sapienza, persino rispetto per il vissuto di un territorio ricco di storia. Così, come avveniva una volta, ancora oggi in questo forno incuneato tra le case del centro storico di Orsara di Puglia, in provincia di Foggia, si continua a cuocere il pane come si è sempre fatto. E la prima impressione di quanto sia vera questa frase, la si ha entrando nel locale in cui campeggia il grande forno annerito dai secoli di onorato servizio: lungo le pareti, su assi di legno, sono allineate le grandi pagnotte rotonde da quattro chilogrammi, dalla crosta color bruno e una mollica che si lascia intuire soda e compatta. Qualità poi confermate al momento dell’assaggio.


Ma a parte la veneranda età, cosa ha di particolare questo forno? Tecnicamente è a induzione, cioè alimentato da sotto con paglia e legno (la fiamma dunque non è diretto contatto con il pane che si cuoce) con il calore che salendo verso l’alto si diffonde uniformemente grazie alle modalità costruttive del forno stesso. La pezzatura delle pagnotte ancora da cuocere è da cinque chilogrammi, con il peso che a fine cottura scende a 4 – 4,2 kg per effetto della perdita dell’umidità.

 

Per far riscaldare il forno e farlo arrivare alla temperatura ideale (in ogni caso difficilmente viene spento) occorre una settimana di tempo, quando internamente si raggiungono i 200 - 220 gradi. Il segreto della cottura sta tutto nella utilizzazione della paglia, che crea una sorta di affumicatura che dà il caratteristico sapore – comunque delicatissimo – al pane appena sfornato. In realtà va detto che ogni pane si conserva benissimo per una decina di giorni e anzi, quando è raffermo è ancora più buono.


Per la preparazione viene utilizzata la storica farina di grano tenero del Senatore Cappelli utilizzando lievito madre. Che il prodotto (insieme a taralli, pandolci…) sia particolarmente apprezzato, è testimoniato dalla produzione di circa 1,5 quintali di pane – non eccessiva data la natura artigianale - che vengono poi distribuiti attraverso un circuito familiare che include anche il ristorante di famiglia “Ambasciata Orsarese” a Foggia. Qualche proposta per gustarlo al meglio? “Questo pane è ottimo per il Pan Cotto – ci spiega Biagio Dedda, delegato della Condotta Monti Dauni di Slow Food - con patate, erbe spontanee, pane raffermo, olio extravergine a crudo; il tutto presentato in una pagnotta scavata a mo' di zuppiera. Oppure con il soffritto di maiale: carne di maiale con grasso (anche fegato), patate, peperoni sottaceto. Da queste parti abbiamo la Disfida del soffritto in cui si fronteggiano 18 comuni che a rotazione accolgono la competizione culinaria… Una competizione davvero gustosa!”.


Peraltro in fatto di gastronomia e vivere a lungo, qui ad Orsara se ne intendono eccome: i ricercatori del progetto Selor, promosso dal dipartimento di prevenzione e nutrizione della Asl Foggia 3, hanno scoperto una maggiore presenza di selenio nel sottosuolo di questo territorio che ha una diretta incidenza nel rapporto tra invecchiamento e nutrizione. La quantità di selenio trovata nel sottosuolo orsarese e quindi negli alimenti prodotti, è superiore da 4 a 80 volte rispetto alla media nazionale. E qui, guarda caso, c’è una popolazione abbastanza uniforme, con una percentuale del 30% costituita da persone di età superiore ai 65 anni, percentuale più alta rispetto a quella di altri comuni della Capitanata. Sembra dunque che per vivere più a lungo ci si debba trasferire ad Orsara di Puglia…


 

E parlando di pane, come non parlare di vino? Orsara è conosciuta anche per il Tuccanese, l’antico vitigno autoctono a bacca rossa (i grappoli sono di piccole dimensioni), un clone del Sangiovese che secondo la tradizione sarebbe arrivato qui dalla Sicilia nel Trecento con la casa reale Angioina. Il vino in purezza che ne deriva è di buona struttura e con un corpo ampio e solido. Un vino di sostanza e grande carattere insomma. La superficie coltivata destinata al Tuccanese è molto modesta e dunque la produzione delle cantine resta di nicchia. Il giovane architetto Leonardo Guidacci è uno di quelli che ha vinto la scommessa e che oggi nella sua enoteca “Architettura e Vino” di Orsara propone la produzione di due ettari, in tutto circa 5.000 bottiglie. Il "Magliano" è cento per cento Tuccanese e prende il nome dalla contrada in cui si trova il vigneto; il "Sannoro", altra zona in cui si trova il secondo vigneto, è presentato con un 20% di Aglianico. Un brindisi con il Tuccanese ed una ciotola di fagioli accompagnati con il pane cotto con la paglia, è quanto di meglio il palato più aspettarsi…

 

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