La Pezzata, ecco il piatto del Patrimonio Unesco: la tradizione dei pastori marchigiani durante la Transumanza

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Giovanni Bosi, Belforte del Chienti / Marche

Chiamatelo pure il Piatto del Patrimonio Unesco. E sì, perché quella gustosissima pietanza che si chiama “la Pezzata” che viene messa in tavola a Belforte del Chienti, in provincia di Macerata, è nientemeno che la cucina tradizionale preparata dai pastori durante la Transumanza, la migrazione stagionale di greggi, mandrie e pastori che, insieme a cani e cavalli, si spostano in differenti zone climatiche, percorrendo le vie semi-naturali dei tratturi. E questa pratica sostenibile caratterizzata da un rapporto peculiare tra uomo e natura, tipica del centro e sud Italia, è iscritta all’unanimità nel Patrimonio culturale immateriale dell'Unesco. Buon appetito!

 

(TurismoItaliaNews) Una sorpresa del gusto. Un piatto che appaga tutti i sensi, vista inclusa dato che già a guardarla viene l’acquolina. Ma cos’è esattamente la Pezzata? Il nome la dice lunga. A prepararla è la signora Amalia Arpini, titolare dell’agriturismo “Le Sorede”, sulle colline disseminate di vigneti di Vernaccia di Serrapetrona. Mentre siamo alla scoperta delle eccellenze di questo territorio caratterizzato dai marchi Doc e Docg, delimitato da Belforte del Chienti e San Severino Marche oltre che dallo stesso borgo di Serrapetrona, è Giampiero Feliciotti, presidente dell’Unione montana dei Monti Azzurri, a portarci alla tavola della signora Amalia. E lui sa bene perché. Non solo da queste parti si produce l’extravergine d’oliva Coroncina (dal nome della varietà che deve il suo nome alla piccola sporgenza nella saldatura dei due carpelli, molto simile a una corona, e alla disposizione dei frutti sul ramo, che ricorda la corona di un rosario, coltivata nei comuni di Caldarola, Camporotondo, Cessapalombo, Serrapetrona e Belforte del Chienti) ma nella tradizione culinaria c’è molto da raccontare. E soprattutto da assaggiare. La Pezzata è uno di questi capolavori, che affonda le sue radici nei secoli e che si perpetua attraverso la ricetta tramandata di generazione in generazione.

La Pezzata, ecco il piatto del Patrimonio Unesco: la tradizione dei pastori marchigiani durante la Transumanza

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E allora: come si fa? L’ingrediente base è la pecora, materia prima che i pastori nel trasferimento fra l’Appennino e la Maremma, oppure verso la Puglia, avevano a portata di mano. “Accadeva talvolta che durante l’impervio e lungo tragitto, qualche animale si azzoppasse e non fosse più in grado di proseguire il viaggio - ci spiega la signora Amalia - diventava così la cena dei pastori, che dopo averlo ucciso e fatto a pezzi (da qui il termine pezzata, come dispregiativo di ‘carne da un animale non buono’), lo cucinavano con le poche cose disponibili in una carovana in viaggio e con le prelibate erbe di montagne solo da loro conosciute”. Diciamo subito che qualche segreto la ricetta ce l’ha e Amalia non vuole svelarlo, però ci spiega come si procede: “I pezzi di carne si mettono in un calderone di rame insieme a odori di montagna, conserva di pomodoro, formaggio Pecorino e pane secco”. Una preparazione che richiede tempo per ottenere il gusto migliore. Nel piatto si compone con questo ordine: una fetta di pane tostato, una spolverata di Pecorino, un pezzo di pecora, una patata cotta allo stesso modo, e ancora una spolverata di Pecorino. Si accompagna il tutto, neanche a dirlo, con un buon bicchiere di Vernaccia Doc. L’incredibile di questo piatto è che, oltre ad essere buono, ti fa sentire in stretta relazione con quella grandissima tradizione della Transumanza, di cui finisce con l’essere insolito testimonial.

Questa zona delle Marche ancora oggi è vocata all’allevamento del bestiame, così come alla coltivazione di prodotti assolutamente slow come il farro, il più antico fra i cereali integrali. E a tavola c’è ogni ben di Dio. “Oltre alla Pezzata, proponiamo piatti tipici locali come affettati, formaggi, cargiù al sugo di papera, risotto all’ortica, zuppa di farro, lenticchia, carni alla brace, nonché specialità della casa a base di agnello pecora e castrato come coratella, trippa, taglierini al ragù di agnello, gnocchi al ragù di castrato, pecora in salmì e molto altro” dice con orgoglio Amalia. Anche perché i prodotti sono tutti ottenuti in azienda e rigorosamente di origine biologica certificata e la gestione familiare dell’attività è il valore aggiunto. Un’altra chicca? I Frascarelli, piatto povero della cucina contadina del Maceratese, a base di polenta di farina bianca di grano tenero. Si mangiavano sulla spianatora, la tavola di legno su cui si fa la pasta: “diversamente dalla polenta di mais, si favoriva la formazione di grumi per dare più consistenza al piatto. Essendo un piatto sostanzioso veniva servito per puerpere e balie per favorire la lattazione abbondante” ammicca la signora Amalia. Insomma tante eccellenze da provare. Con moderazione…

Il territorio di Belforte del Chienti, Marche

Il territorio di Belforte del Chienti, Marche

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