La sinfonia del gusto a Km 0 del ristorante “Ai Dogi” di Chioggia: il maestro d’orchestra è chef Raffaele Poletto
Giovanni Bosi, Chioggia / Veneto
Bella, anzi bellissimissima. Così attrattiva, accogliente ed avvolgente che non vedi l’ora di sederti a tavola. E sì, perché il gironzolare senza meta per calli, moli, lungocanali e piazzette di Chioggia, l’antica Clodia romana nonché la piccola Venezia, prima o poi una destinazione te la fa trovare. Nel senso che qui è anche la patria del buon mangiare, complice la tradizione fortissima della laguna e una lunga storia anche in termini di pescherecci e mercato ittico, che è ugualmente un’attrazione con i suoi riti delle contrattazioni con offerta a orecchio… Così abbiamo voluto scegliere il meglio se di gusto si deve parlare: chef Raffaele Poletto, gran patron del ristorante “Ai Dogi” in Calle Ponte Zitelle Vecchie.
(TurismoItaliaNews) Tanta storia. Ogni angolo del suo cuore antico ha qualcosa da raccontare. E spesso facendoti perdere nella notte dei tempi. Del resto Chioggia esisteva certamente in epoca romana, i suoi portici la rendono quasi un po’ veneziana e un po’ emiliana, anche se a ben guardare l’imprinting è decisamente quello della Città dei Dogi. Perdendosi nei vari percorsi che conducono al salotto buono della città, Corso del Popolo, non si può fare a meno di leggere i nomi delle calle e dei ponti, ben nove sono quelli che bypassano il canale Vena. Come il Ponte Zitelle Vecchie: la sua struttura con pareti in mattoni, corrimano e gradini in pietra d’Istria e pavimentazione in masegni di trachite, denuncia subito tutta la sua antichità. Esisteva infatti già da prima della Guerra di Chioggia del 1379, anche se l’attuale asetto risale al 1772 e si deve al Podestà Contarini. Un monumento.
Il ponte e più ancora l’omonima calle sono anche un punto di riferimento per trovare un tempio del gusto di Chioggia, reso ancor più attrattivo dal carattere decisamente a chilometro zero di chef Raffaele Poletto. Il sorriso contagioso ti accoglie all’ingresso nel suo ristorante “Ai Dogi” ed è il primo, determinante biglietto da visita. Anche se evidentemente si arriva qui sulla scorta della sua fama e dei piatti. E siccome si mangia prima con gli occhi e poi con la bocca, pensandoci bene Poletto è come un pittore che sa coniugare sapientemente gusti, profumi, colori, consistenze. Sedersi al tavolo de “Ai Dogi” diventa così un privilegio, un viaggio che ti fa perdere nella tradizione e al contempo nella rivisitazione della cucina chioggiotta. Non c’è dubbio che chef Poletto sia un artista, anzi persino un direttore d’orchestra in cui gli orchestrali sono materie prime eccellenti, passione e rispetto delle stagionalità per garantire una sinfonia di gusti.
“La nostra cucina è frutto di passione, scelta di materie prime eccellenti nel rispetto delle stagionalità: innovazione e tradizione più autentica unite in abbinamenti creativi di mare e terra – commenta Raffaele - anche quando creiamo i nostri famosi dessert cerchiamo sempre l’essenzialità più golosa ed irresistibile. Ogni grande piatto viene esaltato dal vino giusto e saper scegliere il calice perfetto regala sensazioni ed emozioni uniche: la nostra ampia e accurata selezioni di vini permette proprio questo. Il rapporto speciale che si crea con la clientela, un legame autentico e sincero che si fonda su una dimensione più umana, rende molti dei nostri avventori dei veri abituè. Sono questi i segreti del nostro successo”.
E che successo! Quando in un locale si va, si torna e si ritorna, significa che le aspettative della prima volta sono la conferma delle volte successive. Il menù parla chiaramente di eccellenze del territorio e di specialità che fanno parte della storia del nostro Paese. Dallo Spaghettino freddo con gambero crudo, acqua di vongole, pistacchio di Bronte e branzino; agli spaghetti ai ricci di mare con pasta di Gragnano Igp. Gli imperdibili sono il Gran Bollito Reale: astice, capasanta, scampo, patè di dentice, baccalà mantecato, gamberi, piovra con patate, moscardino, baccalà rosso, sarde in suor, canocchie; crudité con branzino, capasanta, canoce, calamaretti, scampo, mazzancolle, ostrica, tonno e gambero rosso di Mazara del Vallo; e poi i carpacci misti con pescespada, branzino, salmone e tonno. Parlando di territorialità, bollito e cicchetti vari della tradizione sono un must: canocia, mazzancolle nostrane, baccalà mantecato, patè di dentice, scampo, sarde in suor, uova di seppia, moscardino e carusoli; i molluschi alla griglia: capesante, canestrelli, capelunghe…
Chef Poletto è un ristoratore di lungo corso e soprattutto di lunga tradizione familiare, perché l’esperienza del tempo è il vero valore aggiunto. Spazio così anche alla “luserna incoercià”, piatto tipico chioggiotto, cucinato riscaldando lentamente in un tegame coperto il pesce cotto alla griglia con una salsa di olio e aceto. Una delizia! E non solo i piatti conquistano: la location è elegante al punto giusto, in linea con la classe e al contempo l’affabilità del padrone di casa. Che dire? Provare per credere.