Val d’Orcia, emozioni e sensazioni: spazi immensi, colori unici, paesaggi che per quanto sono belli sembrano un’idealizzazione artistica

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Spazi immensi, colori unici, paesaggi che per quanto sono belli sembrano un’idealizzazione artistica. Apre la mente e riempie il cuore lo sguardo che indugia sulla Val d’Orcia, una vallata tra le più note al mondo, nel cuore della Toscana. A darle il nome è il piccolo fiume Orcia che l’attraversa, sorvegliata dal monte Amiata e coronata dalle colline su cui sorgono Radicofani, Castiglione e San Quirico d'Orcia, Pienza, Montalcino.

 

La strada tortuosa che da Siena conduce all'Orcia
traverso il mare mosso
di crete dilavate
che mettono di marzo una peluria verde
è una strada fuori del tempo, una strada aperta
e punta con le sue giravolte al cuore dell’enigma
(Mario Luzi)

Giovanni Bosi, Pienza / Toscana

(TurismoItaliaNews) Affacciandosi da una delle terrazze di Pienza - la Città d’Autore, la Città Ideale, la Città Utopia, sorta in appena tre anni fra il 1459 e il 1462, “nata da un pensiero d’amore e da un sogno di bellezza” come ha scritto Giovanni Pascoli – la Val d’Orcia si presenta in tutto il suo splendore, mutevole nei colori a seconda delle stagioni e cangiante a seconda della posizione del sole che sembra volerla baciare. Non si smetterebbe mai di guardarla, se non fosse per la voglia di immergervisi andando a correre su quelle strade bianche che con delicatezza vi serpeggiano. È un paesaggio nudo, perfetto, essenziale, dove il profilo di castelli, torri e rocche medievali, villaggi e fortificazioni è interrotto solo dai cipressi che ne fiancheggiano le strade o dagli inaccessibili calanchi e biancane di creta, che si sono salvati dal levigamento dell’uomo. Dal 2004 l’Unesco l’ha riconosciuta patrimonio mondiale dell'Umanità, mentre Pienza è stata inserita nella lista nel 1996.

Una terra “mito” si potrebbe dire, grazie al suo carico di storia, arte, tradizioni e prodotti tipici. La corona di cipressi che accoglie i visitatori alle porte di San Quirico d'Orcia, seppur non antichissima, è una delle immagini più diffuse al mondo, divenuta simbolo di una natura, certamente levigata dalla mano dell'uomo, ma che ha saputo arrivare sino a noi "magra, severa, essenziale, nuda", come ha scritto uno dei più grandi appassionati di questa terra, Curzio Malaparte.

E se adesso è la fotografia a diventare la migliore testimonial di questi luoghi, in passato sono stati gli affreschi e i dipinti di grandi artisti come Simone Martini, Lorenzo di Pietro detto il Vecchietta e Giovanni di Paolo, Duccio di Boninsegna, Pietro Lorenzetti, il Signorelli. E forse non è neppure un caso che proprio di qui passi la Via Francigena, che nei secoli ha visto passare milioni di pellegrini, di viaggiatori, diretti a Roma. Così che un’umanità intera ha finito per cantare le lodi di queste terre. La natura resta comunque la vera protagonista, con il leccio, la quercia comune, il cerro o la farnia quali specie vegetali più diffuse e che costituiscono un manto forestale che si rafforza sempre più risalendo l’interno della Maremma; ma l’albero che senz’altro rappresenta di più la Val d'Orcia è proprio il cipresso.

E che la Val d’Orcia sia un territorio che stimola i cinque sensi è risaputo. Gusto incluso evidentemente: “E’ infatti la terra di produzioni di alta qualità, che nascono da tradizioni ed esperienze secolari – spiegano dal Parco della Val d’Orcia - per tutelare la specificità di questi prodotti è stato predisposto il marchio che certifica la provenienza dell’area insieme a determinati requisiti di qualità e di tipicità stabiliti dai disciplinari. Olio extravergine d’oliva, vino come il celebre Brunello di Montalcino, Pecorino di Pienza, zafferano e miele, principalmente. Ce n’è abbastanza per convincersi per venire da queste parti o a tornare per rinverdire sensazioni ed emozioni.

La storia è legata a personaggi che nel fare la Storia hanno segnato per sempre questa terra: Pienza, "nata da un pensiero d'amore e da un sogno di bellezza" come scrisse Giovanni Pascoli a proposito di Enea Silvio Piccolomini che divenuto Papa Pio II volle qui realizzare la città ideale; Radi-cofani che ha legato per sempre il suo nome a quello del bandito Ghino di Tacco, cantato da Dante Alighieri nella Divina Commedia e da Giovanni Boccaccio nel Decamerone; Castiglione d'Orcia che ospitò Santa Caterina da Siena e fu il primo comune a promulgare, 800 anni fa, una carta costituzionale, la "Carta Libertatis", ad opera del conte Tignoso da Tentennano; San Quirico d'Orcia che ospitò nel 1155 l'imperatore Federico I, il Barbarossa, per incontrarsi con i messi papali di Adriano IV; Montalcino che, pare, accolse Carlo Magno di ritorno da Roma, il quale in ricordo del suo passaggio fece costruire una delle più belle abbazie romaniche del mondo, Sant'Antimo.

Tutto in questa vallata ha un sapore al contempo antico e moderno. Questi personaggi sono ancora ricordati da chi qui vive come familiari e coevi, in un misto di leggenda, storia, tradizione e presente che contribuisce a creare, come dice il poeta Mario Luzi, l'enigma di questa terra che, oggi, rimane come sospesa tra le giuste esigenze di conservazione e il nuovo che si affaccia, tra la valorizzazione di un passato così forte e le culture del mondo. Sciogliere questo enigma significa in primo luogo dare giuste prospettive che non chiudano i consacrati gioielli del territorio sotto una "campana di vetro" ma li rendano disponibili con originalità a vivere e interpretare il contemporaneo.

Per saperne di più
www.comune.pienza.siena.it
www.parcodellavaldorcia.com
www.ufficioturisticodipienza.it
www.palazzopiccolominipienza.it

 

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