Nel tempio della musica di Buenos Aires: nel Teatro Colón batte il cuore italiano, la bellezza dell’architettura e della lirica

Giovanni Bosi, Buenos Aires / Argentina
Da Enrico Caruso a Maria Callas, da Plácido Domingo a Luciano Pavarotti, da Rudolf Nureyev a Mikhail Barishnikov, da Arturo Toscanini a Herbert von Karajan, da Richard Strauss a Pietro Mascagni, tutti i grandi della musica hanno calcato il suo palcoscenico. Il Teatro Colón di Buenos Aires è uno dei teatri d’opera più importanti del mondo. Un autentico tempio dell’arte teatrale e lirica. Un capolavoro di architettura dove l’Italia è di casa. Da sempre. Siamo andati a vederlo.
(TurismoItalianews) La sua mole è imponente, elegante e raffinata. Che il gusto italiano abbia avuto il ruolo da protagonista nella sua creazione è innegabile già a guardarlo. Il marchio di fabbrica, l’inprintg sono inconfondibili. Al pari di luoghi straordinari come la Scala di Milano, l'Opera di Parigi, il Covent Garden di Londra o il Metropolitan di New York, il Teatro Colón di Buenos Aires è sul podio oltre che per la bellezza e la prestigiosa storia, soprattutto per le eccezionali qualità acustiche e architettoniche. E peraltro è a due passi dalla famosissima Avenida 9 de Julio, uno dei viali più ampi del mondo con i suoi 140 metri di larghezza, l’arteria centrale della capitale che ricorda con il suo nome la data dell’indipendenza argentina nel 1816.
La visita guidata al Teatro (se proprio non si ha la possibilità di assistere ad uno degli spettacoli del cartellone) è un must, soprattutto perché si può ammirare in ogni suo dettaglio dal foyer alla sala all’italiana, che ha un diametro di 32 metri, 75 metri di profondità e 28 di altezza in un ambiente eclettico, dove stile italiano e Barocco francese si fondono. Uno spettacolo nello spettacolo per i 2.487 spettatori che possono trovarvi posto a sedere (arrivano a 4.000 calcolando i posti in piedi), suddivisi in sette livelli. L'edificio occupa 8.200 metri quadrati e la superficie totale di 58.000 mq nell’area delimitata dalle vie Tucumán, Libertà, il Passaggio Arturo Toscanini e il Cerrito (l’Avenida Nueve de Julio).
La sua costruzione è iniziata nel 1889 con la direzione dei lavori curata da Francesco Tamburini, architetto eclettico italo-argentino originario di Ascoli Piceno, insieme al suo allievo Vittorio Meano (altro architetto italiano naturalizzato argentino, originario di Gravere) e i finanziamenti assicurati da Angelo Ferrari (un attore italiano che ha lavorato per gran parte della sua carriera in Germania e in Austria). E tuttavia il gruppo di lavoro dovette arenarsi per problemi politici legati soprattutto all’ubicazione dell’edificio, con i due architetti assassinati e i lavori completati sotto la supervisione di Julio Dormal. L’inaugurazione si è tenuta il 25 maggio 1908 con l’Aida eseguita dalla Gran Compañía Lírica Italiana di Luigi Mancinelli e l'Amleto con Titta Ruffo. “Il Teatro Colón è un orgoglio della cultura argentina e un centro di riferimento per l'opera, la danza e la musica accademica – ci spiegano durante la nostra visita – a Buenos Aires è considerato uno dei migliori teatri del mondo”. Tra le tante decorazioni che arricchiscono il foyer e gli altri spazi espostivi (dove in mostra ci sono costumi di scena e materiali degli spettacoli proposti soprattutto nella prima fase storica) campeggiano di busti di Giuseppe Verdi, Gioacchino Rossini, Beethoven, Mozart.
Il rapporto tra l’istituzione culturale e l’Italia resta fortissimo, grazie anche alla proficua collaborazione con l’Ambasciata d'Italia e l’Istituto Italiano di Cultura di Buenos Aires. Il nostro Paese, tuttavia, è ben lungi dall’essere solo un riferimento al passato: da lì provengono alcuni degli sguardi attuali più innovativi e impressionanti della tradizione. E qui c’è uno dei movimenti più originali e dinamici della musica attuale. In questo 2023 “Divina Italia” è un modo per esplorare la grande eredità dell'arte musicale del nostro Paese (Donizetti, Verdi, Rossini, Puccini) insieme ai nuovi classici, alle tendenze compositive più attuali e ad alcuni dei grandi registi e coreografi dell’attualità. Ma, soprattutto, è il segno di una fertile società creativa e l'espressione della gratitudine del Teatro Colòn per questo magnifico patrimonio e, in particolare, per le attuali proiezioni di queesto patrimonio.
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Giovanni Bosi, giornalista, ha effettuato reportages da numerosi Paesi del mondo. Da Libia e Siria, a Cina e India, dai diversi Paesi del Sud America agli Stati Uniti, fino alle diverse nazioni europee e all’Africa nelle sue mille sfaccettature. Ama particolarmente il tema dell’archeologia e dei beni culturali. Dai suoi articoli emerge una lettura appassionata dei luoghi che visita, di cui racconta le esperienze lì vissute. Come testimone che non si limita a guardare e riferire: i moti del cuore sono sempre in prima linea. E’ autore di libri e pubblicazioni.
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