“L’imbarcadero per Mozia”, il romanzo di Sabrina Sciabica ambientato nella splendida isoletta che fu un antico emporio fenicio
E’ un romanzo per molti versi storico, nelle intenzioni archeologiche che scavano a fondo nei sostrati psicologici dei personaggi e nell’impianto lirico, animato da uno stile che, alternando il verso alla prosa, rievoca il dialogo classico e tragico tra coro e attore. E’ “ L’imbarcadero per Mozia” di Sabrina Sciabica ambientato nella splendida isoletta di Mozia, nata come emporio fenicio nell’VIII secolo a.C. ed oggi uno straordinario sito archeologico…
(TurismoIaliaNews) Dopo la distruzione avvenuta con l'offensiva di Dionisio I di Siracusa nel 397 a.C., Mozia non è stata mai ricostruita ed ecco perché oggi è uno straordinario luogo da studiare. Qui a partire dall’VIII secolo a.C. i mercanti trovarono condizioni assai simili a quelle di Tiro: un’isoletta all’interno di una laguna molto vicina alla terraferma, capace di consentire scambi commerciali con le popolazioni del luogo e di garantire una buona sicurezza.
E’ Diodoro Siculo a raccontare che Mozia era ormai un potente porto militare e commerciale dei cartaginesi quando, nel 397 a.C., fu investita dall'offensiva di Dionisio I che la conquistò e la distrusse. Prima dell’arrivo dei siracusani, i punici di Mozia avevano rimosso la strada che li collegava alla terraferma. L’abile tiranno di Siracusa fece però interrare parte del braccio di mare dello Stagnone per poter assaltare le mura con le macchine da guerra. Dopo giorni di assedio, Mozia fu saccheggiata e depredata di grandissime ricchezze. Ed anche se l’anno successivo il capo della flotta militare cartaginese Imilcone ricacciò i siracusani posti a presidiare l’isola, la decadenza di Mozia era ormai iniziata già all’indomani della sua distruzione, quando parte dei sopravvissuti si erano rifugiati sul vicino promontorio di Lilibeo (Marsala).
La prima identificazione dell'isola con l'antica Mozia risale al viaggiatore e studioso olandese Filippo Cluverio nel XVII secolo, anche se notizie dei resti archeologici sull'isola si hanno nei testi di diversi eruditi del Settecento; nel 1883 Innocenzo Coglitore identificò definitivamente il sito con l'antica Mozia. Agli inizi del Novecento l'intera isola è stata acquistata da Joseph Whitaker, archeologo ed erede di una famiglia inglese che si era trasferita in Sicilia arricchendosi con la produzione del marsala. E’ stato lui a promuovere i primi veri e propri scavi archeologici che iniziarono nel 1906 accendendo i riflettori su una rara testimonianza di insediamento di tipo fenicio-punico pervenutoci quasi integro, senza successive sovrapposizioni.
E’ in questa cornice che Sabrina Sciabica ambienta il suo romanzo, pubblicato nella collana “L’Erudita” pubblicata da Giulio Perrone Editore.
IV secolo avanti Cristo. A Mozia, al largo della costa occidentale della Sicilia, si combatte una lotta spietata per il controllo del Mediterraneo. Fenici e Cartaginesi lottano una battaglia senza esclusione di colpi per difendere la loro isola dall’invasione dei Siracusani. Imbarcadero per Mozia, oggi. Dalla banchina Antonio osserva il mare plumbeo accarezzare il profilo antico dell’isola e, stagliata sull’orizzonte, la bellezza eterea di Gisella. Inizia un lungo corteggiamento, fatto di brevi ma intensi incontri, finché i due intrecciano una vera e propria relazione. Tutto è felice, perfetto e insieme all’amore anche la vena poetica di Antonio sembra vivere una nuova stagione. Ma un’ombra si affaccia all’orizzonte, minacciosa come la prima vela siracusana nei placidi mari moziesi.
"E poi erano degli artisti, e questo lo testimonia la bellezza della statua in marmo del Giovinetto o Auriga, esposta nel Museo Archeologico di Mozia – si legge - con la punta del punteruolo di ferro, l'anonimo scalpellino creò un corpo impeccabile, coperto da un drappeggio, tanto semplice quanto ricco di una elegantissima armonia di linee, in postura così risoluta da potere essere identificato con un individuo di potere. La prestanza è tipica di un fisico ben curato e ben allenato. Ma è lo sguardo la parte che più amo. Mi pare che quegli occhi non si accontentino di un ambito limitatamente terreno. Sembra che reclamino spazi sconosciuti, misure proiettate oltre il visibile. È certo uno sguardo forte, nobile, austero. Volitivo. È un uomo o un superuomo? Oppure, l'umile artigiano individuò nella sua stupenda creatura il seme di perfezione che è in ciascuno di noi, e che non dobbiamo mai dimenticare di far crescere? E non è forse questa l'ambizione ossessiva dell'autentico artista? L'Auriga di Mozia è l'esemplare di bellezza che sfida e vince la macina del tempo. Era l'VIII secolo avanti Cristo".
L’autrice. Sabrina Sciabica nasce a Palermo nel 1978 e vive a Roma da circa dieci anni. Laureata in Lingue e Letterature Straniere è appassionata di arte e ne scrive per diverse testate.