Vardzia, la città scolpita nella roccia: in Georgia il capolavoro rupestre che racconta storie di donne straordinarie, in viaggio con Paolo Pretelli
Giovanni Bosi
Ben più di semplici grotte scavate dall'uomo nella roccia: questi veri e propri capolavori dell'ingegno umano si integrano perfettamente nel paesaggio, dimostrando peraltro un tipo di pianificazione di grande livello che addirittura non si riscontra nell'architettura costruita. Siamo a Vardzia, la città rupestre nel fianco del monte Erusheli, nel sud della Georgia, linea di demarcazione tra Europa e Asia. Un luogo che tra l'altro tramanda storie di donne straordinarie. Ce lo racconta Paolo Pretelli, gran patron di Apatam Viaggi.
(TurismoItaliaNews) Vardzia è una delle tappe obbligate in un viaggio in Georgia, molto spesso abbinata all'Armenia. Di certo la Georgia - sulle rive del mar Nero, considerata dal punto di vista storico-culturale come appartenente all'Europa orientale – si rivela un Paese di grande fascino, con luoghi spettacolari e storie appassionanti, come quella della città scolpita nella roccia che l'Unesco ha voluto includere tra i Patrimoni dell'Umanità per il suo fascino e il suo grado di conservazione: autentici campioni di architettura vernacolare, celle di monaci, strutture sussidiarie e pubbliche, costruite tra l'ottavo e il nono secolo, fino al 15-16° secolo. Un periodo amplissimo di tempo.
“La città rupestre di Vardzia ricorda molto i nostri sassi di Matera – ci spiega Paolo Pretelli - è un sito spettacolare vicino alla città di Aspindza. La posizione, al centro di un'enorme gola, offre panorami indimenticabili. Si rimane colpiti dalla natura circostante: le scogliere, i canyon e le gole rendono il sito una gioia per gli occhi. Inoltre, sulla strada per Vardzia si incontrano molti piccoli villaggi pittoreschi che si adattano perfettamente al paesaggio”. Come nacque Vardzia? “La prima fase di costruzione fu durante il regno di re Giorgio III (1156-1184) che progettò il sito e fece scavare le prime abitazioni rupestri. La seconda fase iniziò tra la sua morte e il matrimonio del suo successore la regina Tamara, nel 1186, quando ordinò la costruzione di un santuario sotterraneo, che si dice poteva ospitare 2.000 monaci”.
Tamara è un personaggio emblematico: regina di Georgia dal 1184 fino alla sua morte, per 28 anni. A lei si deve un governo durante quella che è generalmente considerata l'"età dell'oro" della Georgia, guadagnandosi la reputazione di eccellente sovrana, tanto che è stata ribattezzata "re dei re e regina delle regine". Considerata una tra i più grandi monarchi georgiani, il suo regno ha visto la conquista di quasi tutti gli stati confinanti di religione musulmana. Con un'ulteriore particolarità: Tamara e sua figlia Rusudan (1223-1245) sono state le uniche donne regnanti georgiane.
“Sappiamo che in circostanze disperate le persone possono compiere imprese di proporzioni mitiche – spiega Paolo Pretelli - alla fine del 1100, infatti, il regno medievale della Georgia resisteva all'assalto delle orde mongole, la forza più devastante che l'Europa avesse mai visto. Per questo, nel 1203 circa, iniziò la terza fase di costruzione, durante la quale furono costruite molte più abitazioni, nonché le difese, l'approvvigionamento idrico e la rete di irrigazione. Tra tutti i siti della Georgia, il complesso di Vardzia è quello più prezioso. Ospitava circa 300 locali suddivisi in 13 livelli: c’era una sala del trono e una grande chiesa con un campanile esterno, ma anche alloggi, negozi e biblioteche. E non si restava nemmeno a corto di vino, perché la città della grotta aveva circa 25 cantine”.
Al centro del complesso rupestre si trova la chiesa della Dormizione, conosciuta anche come chiesa dell'Assunta, con il suo portico a due arcate a campana: “La facciata della chiesa è sparita, ma l'interno è bellissimo – ci racconta il numero uno di Apatam Pretelli - gli affreschi dipinti al momento della sua costruzione, ritraggono molte scene del Nuovo Testamento e, sulla parete nord, Giorgio III e Tamara prima di sposarsi. Si presume che l'unico accesso alla fortezza fosse attraverso un tunnel nascosto il cui ingresso era vicino alle rive del fiume Mtkvari. Il pendio esterno della montagna era coperto da fertili terrazze, adatte alla coltivazione, per le quali fu progettato un intricato sistema di irrigazione. Con tali difese, naturali e artificiali, il posto doveva essere quasi inespugnabile”.
Di grande interesse sono anche i murales conservati nel sito, che non sono numerosi ma hanno un significato cruciale nello sviluppo della pittura murale georgiana medievale: vanno dal decimo secolo (quando una tradizione di decorazione religiosa completa non era ancora stata completamente stabilita in Georgia) fino al tardo medioevo, nel XVI secolo. Di particolare significato sono i murales con i ritratti della famiglia reale: questa epoca segna un periodo di massimo splendore della pittura murale georgiana medievale, che si riflette nel più alto sviluppo delle tradizioni artistiche nazionali e nella netta originalità dei suoi campioni più luminosi, che differiscono notevolmente dai monumenti bizantini contemporanei.
Purtroppo, i giorni gloriosi di Vardzia non durarono a lungo. Il suo ruolo difensivo funzionò, ma fu un altro evento a sconvolgere il sito. Nel 1283, solo un secolo dopo la sua costruzione, un devastante terremoto lo ha letteralmente fatto a pezzi. Ciò nonostante, una comunità monastica restò qui fino al 1551, quando il sito fu saccheggiato e distrutto dai persiani. “Il complesso è stato costruito in circa 48 anni, quel che rimane oggi di Vardzia rappresenta meno di un terzo delle sue dimensioni originali. È stato un lavoro gigantesco, ma le persone hanno lavorato duramente e con determinazione per far sì che la loro cultura e il loro stile di vita non venissero distrutti dagli invasori” commenta Pretelli. E la città non è proprio “fantasma”: “Un gruppetto di monaci vive ancora qui, circa 300 stanze sono visitabili e in alcuni dei tunnel gli antichi condotti per l’irrigazione portano ancora l’acqua potabile. Per finire la storia di Vardzia, ecco il mito dal quale ha preso il nome: si dice che un giorno Tamara uscì a caccia e si perse nelle grotte. Quando la chiamarono, lei rispose 'Ac var dzia', che tradotto dal georgiano significa 'Sono qui zio'” chiosa Paolo Pretelli.
Vardzia è una delle tappe dell'itinerario che Apatam Viaggi in Georgia e Armenia, altra destinazione assolutamente da conoscere.