Quando il legno si fa musica: experience fra le tradizioni, l’arte e la musica del Piceno

images/stories/marche_Montemonaco/MontemonacoViolino2Dim1134x756.jpg

Giovanni Bosi, Montemonaco / Ascoli Piceno

Quando il legno si fa musica. Ben più di un modo di dire e per rendersene conto basta andare per boschi e siti culturali nell’Ascolano. Come a Montemonaco, il piccolo comune nel cuore del Parco nazionale dei Monti Sibillini, che dall’antico nucleo medievale non solo offre uno straordinario panorama verso quel monte che fu scelto dalla mitica Sibilla, ma si rivela testimonial di una tradizione che mette insieme cultura, folclore ed espressione artistica a tutto tondo. Musica compresa.

 

(TurismoItaliaNews) Per capire l’essenza di un originale progetto che ha scelto come leit motiv proprio “Il legno si fa musica”, non si deve rinunciare al trekking che attraverso i boschi conduce dalla chiesa di San Lorenzo di Vallegrascia (la cui fondazione risale alla secondà meta del XII secolo) all’abitato di Altino a quota 1045 metri, per poi giungere a Montemonaco attraverso una sosta nella chiesa di Santa Maria in Casalicchio (che fin dal Quattrocento è famosa per essere il luogo della riappacificazione). Un trekking in piena regola che dona al visitatore l’essenza più pura del territorio e del paesaggio e soprattutto consente di immergersi nelle peculiarietà di questo lembo di Marche, facendo conoscenza con alcune “presenze” che spiegano molte cose. Come gli aceri, alberi il cui legno è ideale per costruire strumenti musicali. E qui si apre un mondo intero, che porta direttamente alla vicina Ascoli Piceno, la città della Quintana che è anche patria di grandi liutai. Una tradizione quella ascolana che è continuativa dal Settecento e se Cremona e Brescia sono la patria dei liutai con centinaia di maestri in attività, in Ascoli l’arte del costruire dal legno strumenti a corde trova nell’habitat naturale il principale alleato, oltre che – ovviamente – nel gusto per il bello (come la musica), nell’abilità manuale (quella dei maestri) e nella passione per l’arte in genere.


Così territorio, musica ed altre eccellenze come l’enogastronomia si ritrovano nel progetto “Aspettando il Festival dell’Appennino” realizzato nel quadro del più vasto programma “ Piceno Sense of Place” finanziato dal Gal Piceno attraverso il Bando per la promozione territoriale delle aree interne, nei segmenti del turismo culturale, storico, ambientale ed enogastronomico, e a sua volta elaborato da tre importanti realtà culturali: il Consorzio Elabora, l’associazione Appennino Up e il Consorzio Sorgenti Comuni. L’obiettivo prioritario è quello di dare voce al territorio attraverso la valorizzazione delle sue peculiarità, secondo un percorso il cui punto fermo è l’experience secondo la quale il turista - che oggi non cerca più solo “destinazioni” bensì “esperienze” - è interessato ad una condivisione di emozioni e fa della vacanza l’occasione per lo sviluppo di una identità di tipo valoriale per il soddisfacimento di specifici interessi, di specifiche passioni o per la costruzione di nuove relazioni sociali.


Liuteria, dunque. Ovvero l’ingegno dell’uomo che costruisce strumenti come i violini: succede ad Ascoli Piceno, dove gli strumenti prendono forma e voce con il legno d’acero che arriva anche dai boschi di Montemonaco. Un qualcosa che ha del miracoloso, scoprendo come si costruiscono e come arrivano ad avere quel suono melodioso che tutti conosciamo. L’experience parte dunque proprio da Montemonaco – con Carlo Lanciotti, direttore artistico di “Aspettando il Festival dell’Appennino”, quale deus ex machina della proposta – e con il locale Museo Sistino (che accoglie le più belle antiche testimonianze artistiche del territorio) scelto come location ideale per portare esperti a sviscerarne ogni aspetto: Piero Castelli, liutaio con grande tradizione nella città di Ascoli; l’architetto Pierfilippo Melchiorre grande esperto della tradizione musicale popolare delle Marche, il fisico Emidio Dellabarba; Piergiorgio Del Nunzio pianista, compositore, direttore di coro e d’orchestra, esperto di voci e vocalità; e dulcis in fundo il Quartetto Castelli composto da Matteo Maria Mariani al violino, Stefano Corradetti alla viola, Manuela Tarantelli al violoncello, Flavia Civico al violino. Per dirla in breve: i boschi dove nascono gli alberi che servono a produrre strumenti musicali nei laboratori artigiani del territorio che forniscono strumenti da sogno a valenti musicisti. L’experience si sostanzia e diventa una straordinaria esperienza, dove ogni tessera compone un mosaico di grande impatto.


E’ l’ennesimo aspetto di una regione, le Marche, che ha tanto da offrire, in una poliedricità inimmaginabile. Tutti amano la musica, ma quando si scopre dove, come e perché nasce uno strumento musicale c’è un prezioso valore aggiunto.

Piero Castelli, classe 1956, fin dall’età di 16 anni ha cominciato a lavorare nella bottega del padre Cesare, in via Lungo Tronto, e oggi che il genitore-maestro non c’è più, è lui a portare avanti l’arte della liuteria che si tramanda in famiglia. Le sue mani forgiano il legno seguendo modelli personalizzati per i quali utilizza esclusivamente legni delle montagne marchigiane e laziali. I violini – solo tre all’anno – che escono dal laboratorio sono una meraviglia.

“La stagionatura del legno dura diversi anni – ci spiega Piero - il ciocco di legno viene diviso a spicchi come un’arancia, poi viene tagliato e aperto a libretto”. Sono i primi passi per costruire un violino, con ogni operazione compiuta rigorosamente a mano. Vederlo al lavoro è uno spettacolo: con il legno di abete rosso si realizza il piano armonico, mentre con l’acero le fasce, il fondo e il riccio che contraddistingue il violino alla fine del manico. Solo per preparare la cassa armonica servono una ventina di giorni. “Con questo mestiere non ci si arricchisce…” chiosa Piero Castelli. Un’altra parte importante è la verniciatura e la levigatura con resine naturali, mentre il segreto è “l’anima”, un cilindretto in abete che viene posizionato a contrasto all’interno della cassa armonica per dare equilibrio alla “sonorità” dello strumento, inserito attraverso una delle due F tagliate nella parte superiore.


Vedere come si costruisce un violino piuttosto che una viola o un violoncello, scoprire quanta passione e quanta sapienza servono, fa diventare un sogno la musica soave che si sprigiona dagli strumenti ultimati, come fa il Quartello Castelli che dà voce agli strumenti realizzati proprio dalla famiglia Castelli. E se l’esibizione avviene nel Museo Sistino di Montemonaco, ecco che Mozart, Bach o Paganini diventano sublimi più che mai… “Il violino è diventato il re degli strumenti nel periodo barocco, l’orchestra ad archi è una delle formazioni fondamentali" annota il maestro Piergiorgio Del Nunzio.

Violino strumento nobilissimo che si ritrova peraltro nella tradizione musicale popolare delle Marche: “La musica di tradizione del Piceno, in quanto terra di confine, ha delle caratteristiche ben specifiche che la distinguono dalla musica popolare del resto delle Marche sia per quanto riguarda il repertorio sia per lo strumentario musicale utilizzato per l'esecuzione – sottolinea Pierfilippo Melchiorre - la presenza di molti liutai ‘colti’ di estrazione contadina e di liutai popolari, ha favorito l’uso di cordofoni tra cui un bassetto a tre corde chiamato ‘rebbecò’ (da ribeca) che ha funzioni di basso quasi sempre presente nelle orchestrine popolari locali”. Finché l’introduzione dell’organetto soppianta la necessità dello strumentario musicale popolare che viene utilizzato sia per accompagnare il ballo che per accompagnare il vasto repertorio cantato.

E’ la storia che si intreccia alla quotidianità e che fa scoprire il turista curioso una sorta di novello “Guerin Meschino”, il cavaliere errante che soggiornò nell’antro della Sibilla per un anno intero, ma che a differenza del protagonista dell’opera di Andrea da Barberino (il trovatore italiano che la scrisse intorno al 1410), è pronto a cedere a tutte le tentazioni di questo ameno angolo di Marche.


Un panorama a tutto tondo dai Sibillini all’Adriatico

A 1080 metri di quota, davanti alle cime più elevate dei Sibillini, Montemonaco offre un panorama che spazia dai monti all’Adriatico. Il centro storico conserva ancora la caratteristica struttura di borgo medievale circondato dalle mura castellane, con imponenti edifici in pietra arenaria. Possiede tutte le peculiarità del centro montano: ambiente naturale incontaminato, giardini, boschi di faggio e di castagno vicini al paese, acque leggere e salutari, aria pura e fresca d'estate. Numerose e accoglienti strutture ricettive offrono diverse possibilità di soggiorno, nonché l’occasione di assaggiare le specialità gastronomiche della tradizione montanara. Il nome "Monte del Monaco" deriva dai monaci benedettini primi colonizzatori di queste zone alla fine dell'800 mentre la proclamazione del libero comune avvenne intorno al 1250. Montemonaco da sempre annoverato tra le città del Presidiato Farfense, a seguito dell'elezione di papa Sisto V fu aggregata al Presidiato di Montalto passando dalla Diocesi di Fermo a quella di Montalto.

Per saperne di più
www.picenosenseofplace.it
www.montemonaco.com
Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
www.sibillini.net

 

 

Chi siamo

TurismoItaliaNews, il web magazine che vi racconta il mondo.

Nasce nel 2010 con l'obiettivo di fornire un'informazione efficace, seria ed obiettiva su tutto ciò che ruota intorno al turismo...

Leggi tutto

Questo sito utilizza cookie, di prima e di terza parte, per inviarti pubblicità in linea con le tue preferenze. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, clicca qui. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie. Leggi la Cookie Privacy...