Puglia, sette buoni motivi per visitare Altamura: dallo spettacolare Duomo al pane di tradizione

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Giovanni Bosi, Altamura / Puglia

Il profumo del pane fragrante, la bellezza di un centro storico che ha tanto da mostrare e da raccontare, le tradizioni che si tramandano di generazione in generazione, il piacere della scoperta di un luogo che si fa amare subito per i suoi ritmi slow. E’ Altamura, la Leonessa delle Puglie, che promette un viaggio tra eccellenze storiche ed artistiche, oltre che sapori inconfondibili. Ecco allora sette buoni motivi per visitarla.


(TurismoItaliaNews) Le porte, i palazzi, i claustri, le piazze, le chiese. Altamura mostra tutto il suo orgoglio di città dal passato nobile e con un presente carico di entusiasmo, quando ci si perde nel suo cuore antico. Con rimandi a personaggi che hanno scritto pagine importanti in Puglia, come Federico II, cui si deve nel 1232 la costruzione della Cattedrale dedicata all’Assunta, secondo l’arte e l’architettura romanica del tempo, per essere poi rimaneggiata nei secoli. Si arriva in questa città nell’area metropolitana di Bari, già con tante aspettative, puntualmente confermate. Del resto, se dici Altamura ti richiami inevitabilmente al suo Pane Dop, simbolo della cultura agropastorale dell’Alta Murgia. Che è diventato inevitabilmente il miglior testimonial, anche se è qui che si produce pure la lenticchia Igp e spaziando al di fuori del campo gastronomico, è qui che è avvenuto il ritrovamento dell’Homo Neanderthalensis, è qui che si trova la cava dei dinosauri ed è qui che la cattedrale di Santa Maria Assunta sfoggia uno dei migliori esempi dell’architettura pugliese.

Altamura, la Cattedrale

Altamura, la Cattedrale

1. La Cattedrale dal meraviglioso portale.
Entrando da Porta Bari e percorrendo corso Federico II di Svevia, costeggiata da palazzi di grande interesse e da tanti simboli che richiamano la storia della città, si arriva in piazza Duomo, dove si apre lo spettacolo della Cattedrale, maestosa e scenografica. Anche se la sua fondazione si deve all’Imperatore, tanto da essere una delle quattro basiliche palatine di Puglia, cioè alle dirette dipendenze imperiali, quella che si vede è “il frutto della ricostruzione avvenuta sotto il regno di Roberto d'Angiò dopo il terremoto del 1316, e ancora della sostanziale modifica del 1534, quando si decise di invertirne l’orientamento, mettendo la facciata lì dove c'era l’abside, e sulla parte opposta il presbiterio e il coro attraverso un prolungamento”, mi spiega Gianfranco Maiullari. Lui è un vero conoscitore di Altamura, è guida turistica e accompagnatore di Tour Couture, ma girare per la città in sua compagnia ha un valore aggiunto: non è infatti il classico giro turistico quello che si sperimenta, ma un viaggio nel cuore della stessa Altamura. Conoscendo scorci imprevedibili, persone che lavorano con entusiasmo per tramandare le tradizioni, dettagli che altrimenti da soli non si avrebbe modo di apprezzare.

Certo, la sosta prolungata davanti alla cattedrale, sia dentro che fuori, è inevitabile e imperdibile, proprio perché è talmente bella che non potrebbe essere diversamente. Il Portale, gotico e forse dei primi anni del Quattrocento, ti lascia a bocca aperta con il suo trionfo di decorazioni e sculture, all’interno di un protiro sporgente, appoggiato su due fieri leoni (rifatti nel 1533) quasi a guardia della porta del Duomo. Così come la ricchezza delle sue navate, con due importanti tele della pittura dell’Ottocento italiano: la Conversione di San Paolo dipinta da Domenico Morelli nel 1876, e la Maddalena di Francesco Netti.

Altamura, la Cattedrale

Altamura, la Cattedrale

2. L’Uomo di Altamura.
Nel 1993 sono stati ritrovati nella grotta di Lamalunga, incastonati nelle formazioni carsiche, i resti fossili dello scheletro di un ominide, vissuto tra i 180.000 ed i 130.000 anni fa. L’Uomo di Altamura è una delle più straordinarie scoperte paleontologiche effettuate in Italia. Si tratta degli unici resti di scheletro umano intero del Paleolitico, appartenuti a un Homo neanderthalensis, un caso eccezionale sia dal punto di vista geologico sia da quello archeologico, integro nella struttura scheletrica e in ottimo stato di conservazione. L’Uomo di Altamura era probabilmente un maschio adulto di 160-165 centimetri di altezza che, durante una battuta di caccia, cadde in uno dei tanti pozzi carsici presenti nella zona.

"Le fratture e le ferite riportate gli impedirono di uscire dalla grotta, che da quel momento divenne la sua tomba per sempre, a 8 metri di profondità. Con il passare dei millenni, le sue ossa vennero letteralmente inglobate nelle concrezioni calcaree fino alla scoperta, avvenuta nel 1993 da parte di un gruppo di speleologi” spiegano. Lo straordinario reperto archeologico fu individuato dal Cars - Centro altamurano ricerche speleologiche all’interno della Grotta di Lamalunga, a circa 3 Km da Altamura,  caratterizzata da un sistema di cavità carsiche e stretti cunicoli. Vi si accede attraverso un inghiottitoio profondo circa dieci metri superato il quale, dopo un percorso di circa sessanta metri, ci si imbatte nello splendido scheletro fossile.
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Altamura, il forno della famiglia Di Gesù

Altamura, il forno della famiglia Di Gesù

3. Le orme dei dinosauri.
Nella cava Pontrelli in via Santeramo, sono state scoperte, su un’area di 12mila metri quadrati, circa 30mila orme di dinosauri che risalgono al Cretacico Superiore, tra i 70 e gli 80 milioni di anni fa. La grande importanza di questo ritrovamento, tra i più ricchi e importanti d’Europa, sta nell’elevatissima biodiversità che caratterizzava gli individui presenti contemporaneamente nello stesso luogo, ovvero oltre 200 animali, appartenenti almeno a cinque gruppi diversi di dinosauri, erbivori e carnivori.

4. Il Pane di Altamura Dop.
Forse, a ben guardare, si dovrebbe partire proprio dal pane nella visita di Altamura. Per capirne da subito l’essenza e non solo il sapere, per comprendere poi tutto quello che si avrà modo di vedere e di assaggiare. Del resto, sottolineano dal Consorzio di tutela, “la produzione del pane è sempre stato un atto corale, sul piano sociale e culturale, nel quale la sfera familiare e privata si incrociava con quella pubblica”. La principale caratteristica del pane, mantenuta nel tempo, era (ed è) la durevolezza, indispensabile un tempo per assicurare il sostentamento di contadini e pastori nelle settimane che trascorrevano lontano da casa, al lavoro nei campi o nei pascoli, sulle colline murgiane.

Altamura, Beppe Di Gesù

Altamura

“Il pranzo di questi lavoratori consisteva infatti essenzialmente in una zuppa di pane insaporita con olio di oliva e sale” raccontano dal Consorzio di tutela. Con Gianfranco andiamo a visitare il forno della famiglia Di Gesù. Che sono una istituzione: attivo dal 1842, ha visto susseguirsi ben cinque generazioni, tutte impegnate a impastare e cuocere pane nella sua forma caratteristica, la “u sckuanète”, ieri come oggi, con una produzione che arriva alle 2 tonnellate al giorno. “La bontà del pane di Altamura Dop deriva da diversi fattori – ci dice Beppe Di Gesù - l’utilizzo del legno di quercia come combustibile, l’impiego di un forno a legna a combustione diretta, il lievito naturale e di farine derivate da 4 varietà autoctone di grano. La bontà del pane di Altamura non deriva dalla bravura del fornaio ma da un insieme di cose che messe insieme lo rendono unico!” ammicca Beppe mentre ci mostra con orgoglio quei pani che solo a guardarli ti viene voglia di addentarli.
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www.digesu.it
www.panealtamuradop.it

5. Le Tette delle Monache
Non pensate ad una irriverenza. Tutt’altro. Qui è un famoso dolcetto a base di pan di spagna farcito con crema pasticcera, ma con una storia del tutto particolare. La sua ideazione si deve infatti alle Clarisse del monastero fondato nel 1682 e la cui ricetta originale è oggi riproposta dalla Pasticceria Monastero di Santa Chiara, proprio di fronte all’antica struttura religiosa. Una vera bontà assolutamente da provare. A proposito: il nome ufficiale è Sospiri, ma qui li chiamano tutti “Tette delle Monache” in virtù della forma che hanno…
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Altamura, la Pasticceria Monastero di Santa Chiara

Altamura, le Tette delle Monache

Altamura, il Molino Dibenedetto

Altamura, il Molino Dibenedetto

6. Le farine artigianali, come si facevano una volta
Rimanendo in tema di gusto, giusto per capire come si lavorava una volta e come ancora oggi sia possibile mantenere gli stessi standard in tema di qualità, con Gianfranco Maiullari sono andato a vedere il Molino Dibenedetto, sempre nel cuore di Altamura. Le origini di questo molino artigianale risalgono ai primi anni ’50 e a differenza delle altre aziende del settore, trasferite in periferia e divenute grossi complessi industriali, la famiglia Dibenedetto – con papà Mario, mamma Pina e i figli Paola e Angela – ha voluto rimanere nel centro, salvaguardando la sua storia e i metodi tradizionali. E sono sempre ben felici di mostrare le loro attrezzature, i loro prodotti e di raccontarne le origini e il funzionamento. Un “viaggio” istruttivo nel loro mondo.
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7. Il gusto di tradizione
Arrivato il momento di mangiare, l’Antica Osteria Pein Assutt si rivela essere un tutt’uno con la storia di Altamura. Se il filo conduttore è la tradizione e quanto di buono proponevano i nonni, i gusti ed i piatti delle tradizioni pugliesi, in particolar modo altamurane, vanno assaporati per farsi trasportare dai sapori che dona questa terra. “Nei nostri piatti c’è sempre la tradizione della nostra terra”, ci spiegano. Pein Assut, ovvero “Pane Asciutto” nasce nel 1963 grazie all’iniziativa di Giovanni Dambrosio e sua madre Seppina, da quel giorno il loro obiettivo è sempre stato quello di portare gioia e felicità alla gente che varcava le porte del loro locale, grazie alle sue pietanze e la sua calorosa accoglienza. Così ancora adesso il piatto che fa da padrone nel locale è ancora quella “mistica” e ormai leggendaria “Brasciola di Giuan”.
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Altamura: le orecchiette dell’Antica Osteria Pein Assutt

Altamura, i responsabili della Pro Loco insieme a Gianfranco Maiullari

Un utile punto di riferimento per andare alla scoperta di Altamura attraverso itinerari tematici, è sicuramente l’associazione turistica Pro Loco, in piazza Repubblica, dove si può avere anche la piccola guida per non perdersi proprio nulla.

 

Giovanni Bosi, giornalista, ha effettuato reportages da numerosi Paesi del mondo. Da Libia e Siria, a Cina e India, dai diversi Paesi del Sud America agli Stati Uniti, fino alle diverse nazioni europee e all’Africa nelle sue mille sfaccettature. Ama particolarmente il tema dell’archeologia e dei beni culturali. Dai suoi articoli emerge una lettura appassionata dei luoghi che visita, di cui racconta le esperienze lì vissute. Come testimone che non si limita a guardare e riferire: i moti del cuore sono sempre in prima linea. E’ autore di libri e pubblicazioni.
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