Campania, gli gnocchi al tegamino di Statigliano: sulla Via Francigena il segreto di un’antica tradizione (all’ombra della Torre Normanna)

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Giovanni Bosi, Roccaromana / Campania

E’ una piccola frazione che custodisce una delle più antiche e golose tradizioni culinarie della regione: gli gnocchi al tegamino. Siamo a Statigliano, sulle colline che abbracciano Roccaromana, nel verde più intonso della Campania. Con un valora aggiunto: da queste parti passa la Via Francigena del Sud. E tanto gusto si accompagna a tanta storia: la Torre Normanna è ancora oggi un baluardo del territorio.

 

(TurismoItaliaNews) La vedi da lontano e subito ti chiedi quale sia la sua storia, il suo ruolo, ieri come oggi. A Roccaromana, il capoluogo di questo Comune, sono orgogliosi di questa antichissima testimonianza perfettamente recuperata. Costruita sul punto più alto del Monte Castello, a 450 metri di quota, ha riconquistato il suo ruolo di punto privilegiato di osservazione, con un magnifico colpo d’occhio a 360 gradi sul territorio, fino ai monti del Matese, cerniera tra Campania e Molise nel parco nazionale. Ma prima di affrontare tutti i gradini che portano in cima, c’è un adempimento ineludibile: l’assaggio degli gnocchi al tegamino, vera star gastronomica di Statigliano, dove annualmente in luglio si svolge un’affollatissima sagra in cui tutto il paese dà il meglio di sé.

Campania, gli gnocchi al tegamino di Statigliano: sulla Via Francigena il segreto di un’antica tradizione (all’ombra della Torre Normanna)

Campania, gli gnocchi al tegamino di Statigliano: sulla Via Francigena il segreto di un’antica tradizione (all’ombra della Torre Normanna)

Campania, gli gnocchi al tegamino di Statigliano: sulla Via Francigena il segreto di un’antica tradizione (all’ombra della Torre Normanna)

La tradizione a tavola, all’ombra della Torre

Non si tratta dei classici gnocchi al sugo che si preparano in tutta Italia, ma di una ricetta unica, nata dall’ingegno delle massaie del posto e tramandata di generazione in generazione, che ha trasformato un piatto povero in un simbolo di identità e convivialità. La loro particolarità risiede non solo nella preparazione dell’impasto, che mescola semplicemente farina, acqua e sale, ma soprattutto nella seconda cottura: gli gnocchi, una volta conditi con un ricco ragù di pomodoro e spolverati con abbondante caciocavallo grattugiato, vengono sistemati in piccoli tegamini di terracotta e infornati lentamente. È lì che avviene la magia: il sugo si restringe, il formaggio si scioglie formando una crosticina dorata e profumata, mentre gli gnocchi assorbono tutti i sapori, diventando incredibilmente morbidi all’interno e leggermente gratinati all’esterno.

Questa tradizione, raccontano gli abitanti, nasce come piatto delle grandi occasioni. Anticamente, i tegamini venivano preparati in casa e portati ai forni comuni del paese, che li accoglievano tutti insieme in un unico, enorme abbraccio di calore. Era un momento di condivisione e festa: le famiglie si riunivano, i profumi invadevano le strade strette di Statigliano, e la comunità celebrava non solo il cibo, ma il senso stesso di appartenenza. Oggi gli gnocchi al tegamino sono diventati un vero biglietto da visita gastronomico del borgo. Così ogni anno, Statigliano celebra la sua storica Sagra degli Gnocchi al Tegamino, attirando visitatori da tutta la Campania e oltre. L’atmosfera è quella di un tuffo nel passato: lunghe tavolate, musica popolare, vino locale e soprattutto quell’inconfondibile profumo di pomodoro, basilico e caciocavallo che accompagna la serata fino a notte fonda. Più che un piatto, dunque, gli gnocchi al tegamino rappresentano un rito: un incontro tra la memoria e il presente, tra il calore della comunità e il piacere della buona cucina. Assaggiarli significa scoprire un frammento autentico di Campania, un viaggio tra i sapori semplici e decisi di una terra che ha fatto della tradizione gastronomica la sua bandiera. Se capitate a Statigliano, non limitatevi a visitarne i vicoli: fermatevi a tavola, lasciate che la terracotta sprigioni i suoi profumi e fatevi conquistare da un piatto che racconta storia, passione e territorio in ogni boccone.

Campania, gli gnocchi al tegamino di Statigliano: sulla Via Francigena il segreto di un’antica tradizione (all’ombra della Torre Normanna)

Campania, gli gnocchi al tegamino di Statigliano: sulla Via Francigena il segreto di un’antica tradizione (all’ombra della Torre Normanna)

Campania, gli gnocchi al tegamino di Statigliano: sulla Via Francigena il segreto di un’antica tradizione (all’ombra della Torre Normanna)

…E poi alla scoperta della Torre Normanna

Tra le pieghe della storia medievale, questa Torre Normanna custodisce vicende di potere, strategia e ingegno architettonico. Non è solo un’imponente costruzione in pietra, ma un vero e proprio libro di storia inciso nella muratura, che racconta secoli di dominazioni e trasformazioni. Costruita dai Normanni su dei resti di una torre preesistente intorno al 1100 con fini strategici e difensivi, si snoda su tre livelli svelando subito la sua funzione polivalente. Il piano terra, privo in origine di porta di accesso, ospitava una cisterna per la raccolta dell’acqua e depositi di derrate alimentari, indispensabili per resistere a lunghi assedi. Salire ai livelli superiori non era cosa semplice: ponti levatoi e scale retrattili in legno garantivano la sicurezza, rendendo l’ingresso un’impresa per chiunque non fosse autorizzato. L’apertura del primo livello era difesa da un sofisticato sistema di chiusure: stipiti in pietra calcarea con scanalature che permettevano lo scorrimento di saracinesche, porte lignee o grate di ferro. Un condotto quadrangolare, ricavato nello spessore delle mura, collegava il piano terra al livello superiore e serviva per il caricamento dell’acqua. Non mancavano elementi che richiamano la vita quotidiana: un camino, un forno, un bagno primordiale e una scala elicoidale che conduceva al terrazzo. Di quest’ultima resta solo il primo gradino in pietra, quasi un frammento di memoria che resiste al tempo.

Il secondo livello, infatti, era interamente dedicato al controllo del territorio. Dalla terrazza lo sguardo poteva spaziare sulle direttrici viarie verso Pietramelara, Pietravairano e il varco per la frazione Latina. Una posizione strategica che rivela la funzione di avamposto e di sorveglianza della torre, nata proprio in epoca normanna, come confermano le mura quadrate originarie inglobate in seguito nella possente torre circolare.

Il sindaco di Roccaromana, Nicola Pelosi

Dal 1016, anno in cui i Normanni si insediarono a Capua, fino al periodo Svevo-Angioino, la torre ha subito modifiche e ampliamenti, assumendo sempre più l’aspetto di una roccaforte inespugnabile. Nel periodo aragonese il piano terra fu rinforzato con una scarpata circolare, dando alla struttura l’imponenza che ancora oggi affascina i visitatori. Intorno al perimetro correva un camminamento di ronda, realizzato in parte sullo spessore delle mura e in parte su una passerella lignea sorretta da beccatelli in tufo, elementi oggi scomparsi ma che un tempo garantivano controllo e difesa. Parzialmente distrutta dalla Seconda Guerra Mondiale prima, e da una violenta tempesta di fulmini poi, è stata restaurata nel 2016.

“Oggi la Torre Normanna – ci dice il sindaco di Roccaromana, Nicola Pelosi, che incontriamo insieme all’assessore Nicolina Cunti - non è soltanto un vestigio architettonico: è una testimonianza viva di come il nostro territorio fosse organizzato per la difesa e il controllo. Ogni pietra, ogni gradino e ogni dettaglio raccontano la sapienza costruttiva e la visione strategica dei suoi costruttori, lasciando al viaggiatore moderno la sensazione di trovarsi davanti a una sentinella del tempo, ancora fiera e silenziosa”.

Campania, gli gnocchi al tegamino di Statigliano: sulla Via Francigena il segreto di un’antica tradizione (all’ombra della Torre Normanna)

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La devozione per la chiesina della Madonna del Castello

A pochi passi dal mastio la suggestiva chiesina di Santa Maria del Castello, scrigno di arte e memoria, completa il sito storico. La facciata sobria sfoggia un portale in pietra calcarea che introduce a un interno sorprendente: il pavimento dell’abside, realizzato in opus sectile, rivela una raffinatezza antica. Marmi bianchi e grigi si alternano a tessere romboidali, triangolari e quadrangolari, in un mosaico di colori che spaziano dal pavonazzetto al giallo antico, dall’africano al rosa. Materiali di pregio, probabilmente recuperati da una villa romana, che parlano di continuità e riuso tra epoche diverse. Edificata nel 1190, è una semplice cappella gentilizia con pianta rettangolare: l’ultimo restauro del 2016 ha riportato in luce dietro all’altare maggiore, nel catino absidale, due affreschi risalenti al ‘400 – ‘500 con la Vergine delle Grazie e San Giovanni Battista, probabilmente entrambi facenti parte di un trittico.

La pavimentazione originaria della cappella, ancora visibile sempre nell’abside, prevedeva l’utilizzo di sectilia marmorei databili addirittura all’età romano-imperiale, seguendo due modelli di intarsio: alternanza triangoli-quadrati e la classica spina di pesce. La storia del luogo è intrecciata anche a figure umili: fino agli anni Sessanta un eremita ha abitato in un piccolo locale attiguo con camino, vegliando sull’edificio e sui fedeli. I resti di altre strutture come parte di una torre circolare collegata da un muro a un'altra quadrata, lasciano ipotizzare l’esistenza di un piccolo borgo medievale. Ancora oggi, sotto quella stessa stanza, una cisterna antica raccoglie acqua come un tempo, segno tangibile di un passato che continua a vivere. Il sito storico, di proprietà del Comune di Roccaromana, oggi è mantenuto e tutelato grazie all’associazione “Torre Normanna”.

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