Ma che bel Castello! A Gropparello per scoprire storie, tradizioni, gusto e presenze imprevedibili nella terra del Ducato di Parma
Giovanni Bosi, Gropparello / Piacenza
Prendete uno sperone di roccia a strapiombo su un canyon scavato nei millenni da acque impetuose; pensate che quel massiccio indomito è composto nientemeno che dalla crosta oceanica sollevatasi dal fondo del mare durante la turbinosa formazione dei continenti; metteci sopra un castello che sembra uscito dal libro delle favole; prendete atto tranquillamente che lì dentro vivono antichi personaggi pronti a farsi vedere all’occorrenza e affidate il tutto ad un’intrepida famiglia che ha ridato vita e lustro al maniero. Tutto questo esiste ed è esattamente così. Dove siamo? Nel Castello di Gropparello, nel Piacentino, in una delle imperdibili tappe del circuito dei Castelli del Ducato. Noi ci siamo andati.
(TurismoItaliaNews) Beh, ragazzi: arrivare a Gropparello è veramente compiere un salto nel passato, un viaggio nei modi di vivere e di pensare di secoli e secoli fa: sarà il paesaggio punteggiato da ligustri bianchi, pini marittimi e aceri imperiali; sarà lo sperone di roccia che ti incute soggezione e al contempo ti dà l’idea della solidità; sarà l’antico altare devozionale dei Celti scavato nel massiccio ofiolitico; sarà il pensiero di trovarsi in terra templare; sarà la maestosità del maniero che ti avvolge appena oltrepassi il ponte levatoio. Saranno soprattutto loro: i padroni di casa. Una splendida famiglia che ad un certo punto ha deciso di lasciare la “Milano da bere” per arrivare qui innamorandosi del Castello che sembra averli attesi da sempre, in un incredibile incrocio di circostanze e situazioni. Loro sono Gianfranco Gibelli, il capofamiglia, la signora Maria Rita Trecci (originaria della Tuscia, non a caso una terra ricca di storia bimillenaria) e le loro figlie Chiara Maria e Francesca. Ovvero gli incredibili “castellani” di Gropparello.
Amore a prima vista
Diciamo subito che è amore a prima vista con questa fortezza costruita nell’omonimo paesino sulle colline del Piacentino, Gropparello appunto. Questo è uno dei castelli più antichi d’Italia, con il valore aggiunto di essere abitato e vissuto. E condiviso. Lo scenario è di incomparabile bellezza, circondato da un parco di 20 ettari di boschi e lo sguardo che si perde all’infinito salendo sulla torre che lo domina e gli assicura la caratteristica silohuette. Ma andiamo per ordine: siamo sulla strada dei castelli, delle rocche, delle fortezze, delle regge e dei manieri che si snoda nell’antico Ducato.
Tutti insieme hanno dato vita al circuito dei Castelli del Ducato di Parma, Piacenza e Pontremoli (e sconfinamento in Lombardia) per valorizzare e promuovere il patrimonio storico, architettonico, culturale ed artistico di una fetta d’Italia che solo a citarla fa venire l’acquolina in bocca. Non dimentichiamoci che qui nascono eccellenze del calibro del Parmigiano-Reggiano e del Grana Padano, il prosciutto di Parma, il culatello di Zibello, coppa, pancetta e salame piacentini, il sale speciale di Salsomaggiore Terme, i tanti vini bianchi e rossi Doc dei Colli piacentini e parmensi e perfino imprevedibili extravergini di oliva. In sostanza, un lifestyle unico di una incantevole terra che si dipana dall’Appennino al grande fiume Po.
Il baluardo di Gropparello
Così Gropparello è uno degli alfieri. Quando arriviamo a destinazione, ci accolgono con tutto il loro entusiasmo i signori Gibelli-Trecci. Sono così meravigliosi che rimarresti per ore ad ascoltarli e solo dopo, parlandoci, ti rendi conto di come sia complicato vivere in un antico castello. Tanto che quando ti raccontano la loro epopea, li consideri ancor più meravigliosi. Del resto qui siamo in un concentrato di storia, storie e… leggende. Il più antico documento finora ritrovato su Gropparello (conosciuto anche come castello di Cagnano) risale all’808, anno in cui il vescovo di Piacenza Giuliano II si recò a dorso di mulo fino ad Aquisgrana per chiedere all’imperatore Carlo Magno la concessione di un feudo con Cagnano, che risulta essere uno dei più antichi del territorio, e forse d’Italia.
Il primo nucleo in pietra era già ben esteso intorno al 1200: le sue buche pontaie, perfettamente conservate soprattutto nei lati sospesi sul vuoto dello strapiombo, possono ancora oggi indicare quale fosse l’altezza dei muratori che costruirono queste mura. La fortificazione di epoca carolingia si ritiene sia stata edificata su una preesistente costruzione romana, forse una semplice torre di guardia o un “castrum” addirittura del II secolo a.C. Insomma centinaia e centinaia di anni nel suo palmares, con numerosi passaggi di mano finché, dopo un breve periodo di abbandono durato una quindicina di anni, nel 1994 è stato acquistato dall’attuale famiglia proprietaria, che ne ha fatto subito la propria abitazione, promuovendo numerose iniziative affinché tutti coloro che amano la storia e l’arte possano godere del fatto che un edificio di questa importanza e bellezza torni a vivere. Con i bambini delle scuole protagonisti.
“In questa location così antica siamo approdati una trentina di anni fa – ci racconta Chiara Maria Gibelli - la nostra è una storia di famiglia. Una storia che ci ha portato non soltanto alla scoperta di questo castello, che andava salvato, anche se che era ben vivo e con un carattere suo, ma che ci ha portato soprattutto a sposare la nostra vita con il suo destino. Per venirci a vivere abbiamo cominciato a creare un progetto che si è sviluppato in tanti filoni collaterali pensati per vivere il più possibile, esplorare, sperimentare e mettere a valore tutte quelle che sono le sue caratteristiche: dalla storia alla parte naturalistica, alla parte enogastronomica legata non solo al territorio ma all’esperienza storica del castello – sottolinea Chiara Maria - perché i castelli sono straordinari organismi nei quali hanno abitato sempre tante persone, una popolazione variegata con mentalità, necessità, abitudini, compiti differenti, tutti accomunati dal vivere assieme. Quindi anche quello che è il fiore della cucina accanto alla storia, le tradizioni accanto alle leggende, e del pragmatismo del riuscire a mantenerlo, portarlo avanti e riportarlo anzi ai suoi fasti antichi, accanto alla necessità di viverci come uan famiglia comune. Tutto questo ci ha portato a creare un’attività turistica con eventi, apertura anche alle scuole. Per noi è molto importate l’educazione alla storia attraverso attività esperienziali”.
Così è nato anche il Parco delle Fiabe, primo parco emotivo in Italia, dove è possibile vivere una magica esperienza fuori dal tempo, immersi in uno scenario naturale di rocce millenarie e alberi secolari. Accompagnati da guide in costume lungo il percorso, i ragazzi vengono coinvolti nell’immaginario fiabesco del Medioevo del popolo minuto, le cui radici affondano in realtà remote che si perdono nella notte dei tempi. Cavalieri e dame sono stati i veri protagonisti che hanno fatto la storia di questo posto.
Già, ma la domanda inevitabile è: quali necessità di adattamento servono per vivere in un castello? “Ci vuole una grande passione di base, una grande apertura, il compromesso come in ogni ‘matrimonio’, perché questo è uno matrimonio – ammette sorridendo Chiara Maria - e ci vuole uno spirito di avventura che ti permetta di aprire le braccia a tutto quello che arriva, anche se qualcosa potrebbe spaventare, a partire dalle condizioni di vita nel castello che in inverno diventano difficili a causa del freddo, al fatto comunque di vivere in un luogo che è attraversato da persone e quindi la tua intimità, la tua privacy la devi assolutamente rivedere, reinterpretare in modo più creativo”.
La visita al Castello ti fa scoprire ogni angolo recondito, apprezzare i dettagli della costruzione ingegneristica ed architettonica, le decorazioni artistiche e soprattutto i tanti aneddoti legati a Gropparello. Perché il maniero altomedievale nel tempo si è adeguato a residenza signorile, pur riuscendo a mantenere intatta la sua essenza. Come per incanto, tutti i pensieri fantastici che si affacciano alla mente durante la visita al castello o nei camminamenti di ronda si materializzano… Leggende, dicevamo. Come quella di Rosania Fulgosio, giovane vissuta alla fine del 1200: una storia d’amore e di dolore, di tragedia e di suggestioni. E di… fantasmi.
Ma davvero è solo una leggenda? Chi vive oltre a voi in questo castello? chiediamo al signor Gianfranco Gibelli “Una famiglia molto numerosa – ci risponde sorridendo - costituita prima di tutto da un fantasma titolare: la leggenda di Rosania Fulgosio è molto popolare, racconta la tragica fine qui al castello di una giovane di Piacenza costretta dai suoi genitori a sposare l’allora signore di Gropparello, Pietro da Cagnano, che la vicenda riporta come Pietrone, il quale un giorno si convince di essere stato tradito dalla giovane moglie durante la sua assenza e quindi sceglie per lei una morte orribile: la fa murare viva dai suoi sgherri in una segreta del castello. Rosania così muore in questo modo orribile. La leggenda, nella versione che conosciamo, dice che da allora chi abita nel castello giura che nelle notti di tempesta sente lamenti e gemiti che salgono dalle rocce e che sono dello spirito infelice di Rosania. Ora io abito con la mia famiglia a Gropparello da quasi trenta anni e posso assicurarvi che la leggenda è assolutamente vera, perché Rosania non gira solo nelle notti di tempesta, non si lamenta ma è silenzionissima. Però ad esempio mio suocero che faceva abbastanza lo scettico, ha avuto un incontro ravvicinato abbastanza coinvolgente e sconvolgente, per cui si è trovato di fronte alle 2 di notte a questa figura di giovane donna che ha attraversato la camera ed è sparita nel muro; dopodiché era lui che diceva agli altri ‘non scherzate su queste cose’”.
Solo suggestioni?
Le testimonianze sono numerose e concordi, anche da parte di chi non ha nulla a che fare con il Castello. In alcune camere del corpo principale si è manifestata varie volte una figura di giovane donna piuttosto minuta, con i capelli raccolti da un velo ed una veste lunga in genere bianca; l’apparizione, che è stata vista non solo dai proprietari ma anche da altri, visitatori compresi, se ne va, silenziosamente com’è arrivata, entrando in una parete, o svanisce appena si cerca di fissarla più attentamente. Non solo: le presenze inspiegabili testimoniate riguardano anche Pietrone, individuato come una figura maschile con elmo di cuoio, cotta di maglia di ferro, mantello ed elsa di una grossa spada. E poi un monaco incappucciato.
Racconti coincidenti di persone diverse, venute a contatto in momenti diversi e circostanze diverse, ma anche testimonianze scientifiche come le scansioni termografiche effettuate da esperti che hanno rilevato masse di energia/calore in ambiente bui in chiara forma di corpi umani e che l’occhio umano non può percepire. Ognuno può farsi l’idea che ritiene. Ma al di là di questo, storie peraltro sulle quali i padroni di casa non insistono particolarmente e se ne parlano perché sono esortati a farlo (e noi siamo tanto curiosi!), il Castello ti ammalia. “Per noi è stato un colpo di fulmine – ammette Gianfranco Gibelli - un posto talmente particolare, peraltro disabitato da molti anni quando lo abbiamo visto per la prima volta per cui sembrava davvero il castello della Bella Addormentata nel bosco. Un posto magico che chiedeva aiuto per tornare a vivere. E poi la vita al castello giorno per giorno si è rivelata ancora più affascinante, ancora più attraente, con vari misteri peraltro tanto che rendevano e hanno reso ancora più suggestiva la vita al castello”.
L’enogastronomia è sempre in agguato
Quando di tradizioni si parla, l’enogastronomia è sempre in agguato. Nata dalla passione per la cucina della signora Maria Rita Trecci, la Taverna Medievale oggi è condotta da chef Paola Capra, con Francesca nel ruolo di sous chef. Il menu è fusione fra tradizione e innovazione ed ha una sezione storica che Rita porta avanti personalmente. Il menu è a la carte ma ha anche delle proposte di menu degustazione. La lentezza è un lusso e il cibo è un piacere da pregustare nell'attesa. Il ritmo del convivio è dettato dal tempo di preparazione delle pietanze. Sapersi godere l'attesa aiuta la degustazione del piatto scelto, magari i famosi Pisarei e fasò…
La leggenda di Rosania
Siamo alla fine del 1200; mentre Pietrone è lontano dal castello per partecipare con le sue truppe a qualche azione militare, il castello viene attaccato da milizie avversarie condotte dal giovane Lancillotto Anguissola, antico amore di Rosania, contrastato dalla famiglia di lei. Il castello cade dopo una strenua difesa, ed il vincitore minaccia severe rappresaglie. La giovane castellana si getta ai suoi piedi intercedendo per la vita dei vinti; i due si riconoscono e l’antico amore si ridesta; così quella notte Rosania viene meno ai suoi doveri di sposa. Successivamente però Lancillotto, richiamato da altre imprese militari, lascia il castello con i suoi soldati. Ritorna Pietrone che, informato da una sua fedele fantesca di nome Verzuvia del tradimento della moglie, progetta la terribile punizione che abbiamo detto: con il pretesto di costruirsi un nascondiglio sicuro in caso di pericolo, fa scavare un antro nella viva roccia sotto le fondamenta del castello; poi, una notte, allontanati tutti i possibili testimoni, addormenta con un vino drogato la giovane moglie e ve la rinchiude; l’entrata della “camera maledetta” viene murata e nascosta accuratamente. La fanciulla muore in questo modo orribile, ed il suo spirito rimane legato al luogo della sua infelice esistenza, manifestandosi in certe notti con lamenti e gemiti che da allora sarebbero stati sentiti spesso da chi ha abitato il castello; sarebbe anche stata vista talvolta la diafana figura di una giovane donna vestita di bianco che si aggirava nel parco o in certe camere del castello”.
Per saperne di più
castellodigropparello.net
galdelducato.it
castellidelducato.it