Storie di produttori: a Torre Fornello, sui Colli Piacentini, l’entusiasmo di Enrico Sgorbati conquista al pari della sua Malvasia
Giovanni Bosi, Ziano Piacentino / Piacenza
Ogni luogo ha la sua storia, persino il suo fantasma. Ma ogni luogo per essere compreso, vissuto e per rimanere impresso negli occhi, nella mente e nel cuore deve essere raccontato dalla persona giusta. Così non può che essere Enrico Sgorbati, gran patron dell’Azienda agricola Torre Fornello, ad accompagnarti nella scoperta della cantina sorta all’ombra dell’antica torre, sui Colli di Piacenza. Un vero e proprio percorso enoturistico sulle tracce della tradizionale Malvasia e persino del fantasma di una giovane nobildonna, bruciata sul rogo con l’accusa di stregoneria…
(TurismoItaliaNews) Istrionico e con una competenza che è propria di chi prima di tutto ci mette la passione e la propria faccia, Enrico Sgorbati ti fa subito sentire a casa quando ti conduce alla scoperta della sua cantina. Siamo in Val Tidone, una delle quattro vallate che contraddistinguono le colline di Piacenza, all’estremo occidentale dell’Emilia Romagna, al confine con Lombardia, Piemonte e Liguria. E’ da questi vigneti di Torre Fornello, spalmati su una superficie di 61 ettari (oltre a boschi e seminativi) a 220 metri di quota, che nascono vini voluti per stupire e sedurre. La seduzione in effetti è la prima arma che sfodera il complesso appartenuto all’antica famiglia Sanseverino, Principi di Napoli, noti alchimisti e studiosi delle stelle.
Da secoli una bandiera segnavento in ferro battuto con simboli astrali (3 stelle a otto punte ed un pianeta elissoidale al centro) campeggia sulla torre di Fornello anche se l’origine dell’emblema resta misteriosa. Un po’ come la vicenda di una giovane nobildonna bruciata sul rogo con l’accusa di stregoneria, tramandata da una leggenda che da queste parti si sussurra facendoti venire la pelle d’oca, in base alla quale il suo fantasma saltuariamente ancora oggi passeggerebbe per le antiche stanze della villa padronale. “Gli ospiti la vedono soprattutto dopo una visita alle cantine della tenuta e dopo qualche buon bicchiere dei vini Torre Fornello” aggiunge serissimo Enrico Sgorbati spalancando le braccia davanti al meraviglioso panorama di colline vitate che si apre davanti a noi. Lui strizza l’occhiolino e la visita si apre così. Nel nome della storia, della bellezza, della tradizione e del gusto.
“Da sempre qui la natura ha creato terra e clima ideale per la coltivazione della vite, che già in epoca romana veniva praticata in questa zona, come testimoniano numerosi ritrovamenti e reperti archeologici” ci spiega Sgorbati. E prima ancora di entrare nel sancta sanctorum dell’azienda, ti rendi conto di quale sia la bellezza di questo complesso immobiliare costruito con mattoni a faccia vista e arricchito dall’Oratorio dedicato alla Visitazione della Beata Vergine Maria a Santa Elisabetta, in stile barocco. Oltre che dalle relative pertinenze (scuderie, fienile, vinsantaia, stalla) ormai recuperate grazie alla rispettosa ristrutturazione portata avanti dal momento in cui la famiglia Sgorbati, da sempre viticoltori nei colli circostanti, ha acquistato il complesso. E con Enrico che ha dato il via alla nuova era di Torre Fornello, continuando la coltivazione specializzata dei vigneti, praticata da generazioni, ponendosi come obiettivo la produzione di vini di altissima qualità, dando risalto al territorio di origine attraverso il connubio con passione e tenacia, tradizione e innovazione, arte e cultura. E’ dunque una storia secolare fatta di personaggi, dei loro sogni, dell’amore per il loro territorio, i suoi frutti e la cultura.
Conoscere il pensiero di un produttore è il valore aggiunto per l’apprezzamento dei suoi vini. Perché c’è indubbiamente anche la filosofia, anzi l’enosofia accanto a quelle best practices che consentono di stappare il meglio, anno dopo anno. “Nelle vigne di Torre Fornello pratichiamo l’inerbimento controllato, inducendo la vite ad una naturale competizione, con il risultato di rese più basse a favore di una migliore qualità. I trattamenti antiparassitari seguono un disciplinare di lotta biologica nel rispetto e nella salvaguardia dell’ambiante circostante e della salute” spiega il gran patron. Non a caso qui si conduce una produzione rispettosa e sostenibile a cui contribuisce anche l’adozione del fotovoltaico. La produzione è mediamente di circa 350mila bottiglie all’anno, di cui ben il 70% finisce all’estero e l’altra quota in ristoranti ed enoteche del territorio; la vendemmia tutta a mano si conduce da metà agosto a metà settembre.
“Le uve arrivano solo dai nostri vigneti, le vinifichiamo direttamente nella cantina di lavorazione di oltre 1.000 metri quadrati, con attrezzature tecnologiche e d’avanguardia, permettendo di ottenere vini che sono integri di aromi, profumi e sapori, dove la materia prima, l’uva, viene rispettata e lasciata esprimere naturalmente – spiega ancora Enrico Sgorbati - il connubio tra tecnologie e lavorazioni legate alla tradizione conferisce a Torre Fornello un’identità moderna, ma con antiche radici, riuscendo a trasferire anche nei vini l’espressione di un territorio con un tocco di contemporaneità. L’affinamento e la conservazione dei vini avviene nelle cantine storiche risalenti al 1400-1600 situate sotto alla villa padronale, perché qui la temperatura e l’umidità naturale sono costanti conferendo ai vini eleganza, personalità e longevità”. Tant’è. Anzi, tanto di cappello.
Da buon vignaiolo indipendente, Sgorbati tiene molto alla comunicazione. Nel senso che per lui l’enoturismo è il modo migliore per contribuire alla conoscenza dei Colli Piacentini e all’affermazione di un brand che forse è ancora troppo poco conosciuto. Ma con potenzialità enormi, a giudicare dalle produzioni vinicole delle aziende che operano con entusiasmo in questo territorio. Molto opportunamente il Gal del Ducato si è reso protagonista del progetto transnazionale che sta avendo il pregio di affermare la Malvasia come una testimonial antica e prestigiosa dei territori di Piacenza e di Parma. “L’enoturismo è un’esperienza personale di esplorazione e scoperta, oltre che di degustazione – ammette Enrico Sgorbati - il turista non richiede più soltanto di degustare il prodotto, ma desidera anche entrare in contatto con il luogo dove questo viene realizzato, per scoprire la sua storia e le sue origini più genuine”. Ma chi è allora il vostro enoturista? “Ha generalmente tra i 30 e i 50 anni e ama ‘evadere’ dalla città o dalla routine quotidiana per rifugiarsi in un tipo di esperienza differente ed unica che a Torre Fornello trova” chiosa Enrico.
Per scoprire i vini prodotti a Torre Fornello l’esperienza migliore è quella che si può vivere direttamente qui in cantina, con la guida del sapiente padrone di casa. Basta dare il giusto preavviso (occhio: il pagamento è giustamente anticipato a garanzia della serietà della richiesta) e si può essere in 2 oppure un gruppo fino a 30 persone. Una “verticale” di vini accompagnati dai salumi del territorio come la Coppa Piacentina o il Salame Felino, vi farà sentire in paradiso… E comunque visto che di Malvasia si parla, come non dire qualcosa sul “Donna Luigia”, Malvasia Doc dei Colli Piacentini, che nasce dal vitigno Malvasia di Candia aromatica? C’è dentro tanta passione e tanta storia nel produrlo, se non altro perché il nome in etichetta ricorda Luigia Scotti Douglas, vissuta nella prima metà dell’Ottocento, proprietaria dell’azienda e discendente di una nobile famiglia scozzese delle Lowlands.
“Creativa produttrice, è stata una donna dalla forte personalità alla quale abbiamo voluto dedicare questo vino – ci spiega Enrico Sgorbati - le uve vengono raccolte dai tre vigneti Solana, Lucenti e Vecchio Pozzo, differenti non per varietà ma per esposizione, pendenza e anni del vigneto. Le uve dei tre vigneti vengono lavorate separatamente e solo dopo 9 mesi unite. E’ un vino fermo, secco, affinato il20% in barriques per 6/9 mesi e per l’80% in acciaio. Il suo colore è giallo paglierino carico con riflessi ambrati, dona un profumo intenso e fresco in cui il caratteristico aroma della Malvasia si presenta con note di menta, anice stellato, frutto della passione e litchi. Il sapore è secco, fresco, aromatico, piacevolmente complesso, lungo e persistente. Insomma un vino rotondo e di struttura, anche da invecchiamento”. Davvero tanto da scoprire sui Colli Piacentini. Del resto, il termine PiaceNtino si potrebbe anche coniugare in PiaceVolezza. Senza alcun dubbio. Provare per credere.
Vignaioli Indipendenti, chi sono
La Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti è un’associazione nata nel 2008 che ha lo scopo di tutelare il mestiere del Vignaiolo, rappresentandolo di fronte alle istituzioni e promuovendone la specificità. Il Vignaiolo Indipendente coltiva le sue vigne, vinifica la sua uva, imbottiglia il suo vino e cura personalmente la vendita dello stesso, sotto la propria responsabilità, con il suo nome e la sua etichetta. Impegnati quotidianamente in un processo che segue tutta la filiera di produzione, i Vignaioli operano costantemente per custodire, tutelare e promuovere il territorio di appartenenza. La Fivi dialoga con il ministero dell’Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste e con le Regioni partecipando ai Tavoli di settore, nonché con le istituzioni comunitarie a Bruxelles tramite la Cevi – Confederazione Europea dei Vignaioli Indipendenti, in cui confluiscono le associazioni di tutti i principali paesi europei produttori di vino.