Ancona, viaggio nel tempo e nella storia davanti a capolavori che donano emozioni: il Museo Diocesano scrigno d’arte
Giovanni Bosi, Ancona / Marche
Un viaggio nel tempo e nella storia davanti a capolavori che donano emozioni. E’ questo quanto assicura la visita al Museo Diocesano “Cesare Recanatini” di Ancona: non si può cogliere a pieno l’evoluzione del centro dorico senza lasciarsi guidare nelle sale di questo straordinario contenitore culturale che – sala dopo sala – mette in vetrina opere d’arte addirittura imprevedibili, come gli eccezionali giganteschi arazzi che portano la firma di Rubens.
(TurismoItaliaNews) Già arrivare in una giornata di sole sulla sommità del colle Guasco, dove campeggia la cattedrale romanica di San Ciriaco, è di per sé gratificante. Da quassù si domina con un colpo d’occhio che si tramuta quasi in un volo d’uccello, la città di Ancona e il suo porto, da sempre fortuna del capoluogo marchigiano, anche per quel che hanno rappresentato nei millenni i collegamenti via mare. L’Adriatico in questo tratto di costa caratterizzato dal massiccio del Conero è oltremodo bello e suggestivo. E il duomo è una di quelle costruzioni che fungono da presidio: “Questo è un luogo ricco di stratificazioni storico-artistiche, da sempre riferimento religioso – ci spiega Diego Masala, lo storico dell’arte che ci accompagna - al suo posto anticamente sorgeva un tempio pagano dedicato a Venere, sulle fondamenta del quale, nel VI secolo, è stata edificata una basilica paleocristiana dedicata a San Lorenzo”. Il focus della nostra visita è il Museo Diocesano, ma per comprenderne meglio l’essenza una visita alla cattedrale è da suggerire sia prima che dopo. Non è esagerato: prima serve ad inquadrare il contesto, dopo serve a capire meglio una serie di vicende che ci verranno raccontate durante l’esplorazione del museo. E infatti così facciamo.
Al Diocesano di Ancona, la cui origine risale al 1834, si arriva sull’onda della sua fama internazionale per essere in più occasioni “fornitore” per esposizioni di grande valore storico e culturale, proprio per la preziosità di quanto annovera fra le oltre 460 opere in dotazione: sculture, frammenti lapidei, iscrizioni, pergamene, tessuti, arazzi, una raccolta numismatica, oreficerie, terrecotte, tavole e tele dipinte… Tra cui alcuni sono delle autentiche celebrità, che già da soli (ma in realtà tutto è pregevole) giustificano la visita al Museo.
Come il monumentale sarcofago di Flavio Gorgonio, raffinata scultura romana del IV secolo: “Tra i manufatti di epoca paleocristiana c’è questo sarcofago – ci spiega Diego Masala - databile al IV secolo e scolpito con episodi legati ai temi della traditio legis e alla vita di Cristo, a partire dalla Natività con una delle sue prime raffigurazioni. E’ molto interessante anche l’urna funeraria di San Dasio, legionario romano e cristiano martire nel 303 a Dorostoro nella Mesia, l’attuale Bulgaria”. Sono 18 le sale da visitare secondo un percorso che segue criteri cronologico-tematici e attraverso le quali si ripercorrono i momenti salienti dell’arte e della storia del territorio anconetano: tutto quello che è esposto deriva da scavi o ricollocamenti, molti dei quali resisi necessari all’indomani dei devastanti bombardamenti angloamericani durante la seconda guerra mondiale.
Nelle collezioni esposte, sono davvero pregevoli anche l’Evangeliario di San Marcellino del VI secolo, il drappo di San Ciriaco del X secolo, il reliquiario di Santo Stefano del XV secolo, il calice con coralli realizzato da artigiani trapanesi nel XVII secolo, il reliquiario in tartaruga del XVIII secolo, il Tesoro della Cattedrale… “Il Museo – sottolinea lo storico dell’arte Diego Masala - è un insieme di testimonianze della storia della comunità cristiana anconetana; i livelli di lettura degli oggetti conservati e cioè quelli estetico-artistico, iconologico, storico, liturgico, sono utili per una loro completa comprensione. Ad esempio la sala interamente dedicata a San Ciriaco racconta la storia del vescovo e patrono della città, ma anche di colui che contribuì al ritrovamento della Vera Croce per volere di Elena, madre dell’Imperatore Costantino, e sepolto nella cripta del Duomo. Il cosiddetto Telo serico di San Ciriaco in mostra è una manifattura mediorientale del X secolo, utilizzata per avvolgere il corpo del santo e rinvenuta durante la ricognizione del 1755; c’è pure il Paliotto di San Ciriaco, originariamente un piviale ornato da un ricco stolone con formelle ricamate i cui disegni sono stati attribuiti ai camerinesi Giovanni Boccati e Girolamo di Giovanni e più recentemente ad Antonio di Domenico da Firenze.
La visita al Museo è fluida e piacevole lungo lo snodarsi delle sale articolate sui due livelli del Palazzo del Vecchio Episcopio, adiacente la cattedrale romanica. Va detto che un operatore museale accompagna sempre il visitatore lungo il percorso: un valore aggiunto che consente una migliore fruizione del patrimonio. Soprattutto quando a spiegare è anche un appassionato oltre che un intenditore, come Diego Masala: “A partire dal Mille il culto di San Ciriaco si afferma sempre più ad Ancona e a lui viene intitolata la cattedrale, diventando il patrono della città. Il santo fu martirizzato a Gerusalemme nel 363, costretto ad ingerire piombo fuso”.
La nostra esplorazione prosegue in un crescendo di interesse, perché a parte il sarcofago di Flavio Gorgonio, lo stupore è tutto alla fine. Intanto i magnifici cinque stendardi processionali double-face recentemente restaurati e considerati tra le migliori realizzazioni pittoriche dell’anconetano Nicola Bertucci (1710-1777) a lungo attivo a Bologna per cui la mutazione del nome in Bertuzzi. “Questi grandi dipinti, concepiti nell’impostazione grafica come scene teatrali – evidenzia Diego Masala - sono stati realizzati ad olio su tele centinate alla base nel 1753 per la Confraternita dei Mercanti e degli Artisti a corredo del cosiddetto Teatro Sacro, luogo di preghiera e di riunione della committente Congregazione Maggiore. Una volta all’anno, il Venerdì Santo, venivano portati in processione per le vie della città, poiché raffigurano alcuni momenti della Passione: l’orazione di Gesù nell'Orto, la flagellazione, l’Ecce Homo, l’incontro con la Veronica, la Crocifissione.
L’ultima sala è decisamente spettacolare: è qui che sono collocati i 4 imponenti arazzi, eseguiti su cartoni preparatori di Pieter Paul Rubens, realizzati fra il 1632 e il 1650 dalla manifattura Raùes di Bruxelles per la Confraternita del Santissimo Sacramento e conservati originariamente nella loro chiesa. Dire che sono bellissimi è addirittura riduttivo: quel che colpisce è la vividezza dei colori e il livello di conservazione; le dimensioni sono importanti: 5,05 metri di altezza e ben 3,50 di lunghezza. I temi sono quelli della Natività, l’istituzione dell’Eucaristia, la resurrezione di Cristo e l’Assunzione di Maria.
Tessuti antichissimi: fili di lana e di seta dai colori sgargianti, che mani sapienti in mesi e mesi di lavoro hanno saputo intrecciare donando anche l’effetto del chiaro-scuro. Poterli ammirare da vicino permette di capire qual è stato il “trucco” per dare queste sensazioni all’osservatore. Pensare che hanno oltre quattrocento anni fa venire la pelle d’oca tanto sono freschi e curati. Addirittura guardandoli a qualche metro di distanza sembrano dei dipinti, che di fatto sarebbero stati più “semplici” (per modo di dire, ovviamente).
Insomma il Museo Diocesano di Ancona ci conquista e ci entusiasma, perché la full immersion nelle opere d’arte è totale e ben comprensibile. Il visitatore nel percorso si sente a suo agio e può apprezzare ogni dettaglio.
Per saperne di più
Museo Diocesano di Ancona “Cesare Recanatini”
www.museodiocesanoancona.it
Orari di apertura
ottobre-aprile: sabato e domenica 10-12.30 | 15–18
maggio-settembre: sabato e domenica 10-12.30 | 16-19
prenotazioni visite guidate anche al di fuori dell’orario di apertura tel. 320-8773610
Giovanni Bosi, giornalista, ha effettuato reportages da numerosi Paesi del mondo. Da Libia e Siria, a Cina e India, dai diversi Paesi del Sud America agli Stati Uniti, fino alle diverse nazioni europee e all’Africa nelle sue mille sfaccettature. Ama particolarmente il tema dell’archeologia e dei beni culturali. Dai suoi articoli emerge una lettura appassionata dei luoghi che visita, di cui racconta le esperienze lì vissute. Come testimone che non si limita a guardare e riferire: i moti del cuore sono sempre in prima linea. E’ autore di libri e pubblicazioni.
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