Nell’Ecomuseo del Vernaccia di Oristano la tradizione sarda del buono, a Tramatza viaggio con la famiglia di Davide Orro

Giovanni Bosi, Tramatza / Sardegna
Da sempre questo borgo a una manciata di chilometri da Oristano è determinante nella storia e nell’economia agropastorale del territorio. Ed oggi Tramatza è anche l’alfiere di un’eccellenza della Sardegna. Parliamo di vini in una regione che ha davvero molto da raccontare, ma dove non ci sono soltanto Cannonau e Vermentino. Anzi, per dirla tutta, molti ritengono che proprio questo sia il “vino sardo” per eccellenza, con uno stretto legame con il paesaggio che lo circonda ed elevato a simbolo dall’intera comunità isolana e in quanto tale considerato patrimonio da proteggere e valorizzare. E’ la Vernaccia di Oristano: la sua storia è raccontata nell’Ecomuseo di Tramatza grazie all’inventiva di Davide Orro.
(TurismoItaliaNews) Tramatza è un piccolo centro di origine medievale del Campidano di Oristano, dove non mancano diverse testimonianze nuragiche, in particolare sette nuraghi, tra cui l’Attus e il Mannu. Ma ci sono anche i resti di un ponte romano, di età compresa fra tarda Repubblica e primo impero. Un territorio dunque che ha molto da raccontare, a partire proprio dalle tradizioni agricole. Nel cuore del paese si trovano ancora oggi case costruite con “su ladrini”, mattoni di terra e paglia essiccati al sole, con i caratteristici portoni e loggiati tipici delle case contadine. Casa Enna, grazie alla disponibilità dell’amministrazione comunale, è diventata l’Ecomuseo del Vernaccia di Oristano grazie all’impegno di Davide Orro, da tempo impegnato sul fronte della valorizzazione di questa eccellenza vitivinicola. Con la sua famiglia, Davide gestisce l’omonima azienda agricola: lui è un coraggioso e testardo agronomo che ha capito l’importanza di difendere, valorizzare e sviluppare le potenzialità del territorio in cui è nato, da più di tremila anni cornice di uno dei vitigni più antichi e importanti nella storia dell’enologia.
Una storia avvincente.
L’Ecomuseo multimediale lo conferma, accendendo i riflettori sulle 7 aziende e i 300 ettari coltivati a Vernaccia di Oristano, la prima Doc della Sardegna, riconosciuta già dal 1971. A Casa Enna si può compiere un viaggio nel mondo della Vernaccia grazie ad oggetti e reperti, una biblioteca a tema, visite immersive per cogliere la bellezza dei paesaggi e le fasi della raccolta e lavorazione delle uve. La zona di produzione ricade nella parte centro occidentale della regione e comprende i territori dei comuni di Cabras, Baratili S.Pietro, Milis, Narbolia, Ollastra, Nurachi, Oristano, Palmas Arborea, Riola Sardo, S.Vero Milis, Santa Giusta, Siamaggiore, Simaxis, Solarussa, Tramatza, Zeddiani e Zerfaliu, laddove è consolidata la coltivazione del vitigno.
Di fondamentale rilievo sono proprio i fattori umani legati al territorio di produzione, che per consolidata tradizione hanno contribuito ad ottenere questo vino. E infatti la presenza della viticoltura nell’area delimitata può esser fatta risalire sino all’epoca nuragica (1200 a.C. circa) a Cabras, dove in località Sa Osa, sono stati ritrovati vinaccioli di vitis vinifera; in epoca successiva i Romani giunti nel territorio trovandosi di fronte ad una vite a loro sconosciuta la definirono “Vernaculum”, cioè vite locale, come era d’uso per le viti autoctone.
L’identikit della Vernaccia di Oristano Doc.
Dal punto di vista analitico ed organolettico, si presenta di colore giallo dorato ambrato, profumo delicato, alcolico con sfumature di fior di mandorlo, sapore fine, sottile, caldo, con leggero e gradevole retrogusto di mandorle amare. Le migliori annate di questo vino acquistano un bouquet complesso e singolare, particolarmente intenso, che in sardo è definito col termine univoco di “Murruai”. Per un vino Vernaccia che esprime il caratteristico sapore di “Murruai” significa che quel prodotto ha raggiunto il massimo del sua maturazione e del suo equilibrio gusto-olfattivo. Quel particolare gusto amarognolo ma equilibrato ed armonico, legato agli aromi di fiori di pesco e di mandorlo, accentuati dalla sua alcolicità, legati al colore ambrato e ramato luminoso, costituiscono quell’insieme altrimenti indescrivibile proprio di “Murruai”.
Come si ottiene.
La vendemmia, effettuata di solito dalla seconda metà di settembre fino alla prima decade di ottobre, viene eseguita rigorosamente a mano. Dopo una spremitura soffice ed una fermentazione naturale, il vino è trasferito in botti di media capacità, di castagno o di rovere, riempite al 75-80% del loro volume. In queste condizioni (vasi vinari scolmi e presenza d’ossigeno) sulla superficie del vino si forma un velo costituito da lieviti denominato “flor”. Questi lieviti si stratificano sulla superficie del vino formando prima delle isole, che poi confluiscono fino a formare un velo continuo che poi gradualmente ispessisce. Questi lieviti utilizzano per il loro metabolismo alcool etilico e acido acetico formando aldeide acetica precursore dei profumi caratteristici di questo vino. La formazione di questo velo è fondamentale per la qualità finale del vino: più la sua formazione sarà veloce, più sarà spesso e compatto, maggiore sarà la qualità del prodotto. Quando il velo è completo e le cellule dei lieviti assumono la caratteristica forma esagonale, si realizza la massima protezione dall’aria e l’isolamento delle componenti olfattive e gustative del vino. Raggiunto un determinato spessore, il velo scende in profondità, depositandosi sul fondo della botte, funzionando così da filtro mobile, rendendo il vino limpido e diminuendo l’intensità cromatica.
Un entusiasta che sa il fatto suo.
L’azienda agricola e fattoria didattica “Famiglia Orro”, tutto a conduzione familiare, è il risultato del progetto di Davide Orro, promotore di quella tutela territoriale iniziata con l’acquisto di una decina di ettari di terra limitrofi azienda esistente con l’intento di impiantare nuovamente in maniera significativa il vitigno Vernaccia di Oristano, nel contesto di un programma a molteplice valenza didattica e produttiva. “I nostri sforzi hanno generato risultati che ci hanno spinto a proseguire nella difesa e valorizzazione non solo del vitigno, ma di tutto un modo di fare impresa in maniera sostenibile – ci racconta Davide - arricchendo lo stesso territorio che ci nutre, e riportando la cultura rurale all’importanza che essa in verità ricopre.
L’azienda è infatti anche fattoria didattica, dove riceviamo costantemente classi scolastiche e gruppi di turisti a cui cercare di trasmettere la stretta relazione tra cibo e qualità di vita”. Non solo: in cantina qui nasce pure il Nieddera, vitigno a bacca rossa tradizionalmente vinificato in bianco, che da alcuni decenni si vinifica anche in rosso.