Le Tavole Eugubine, il cuore antico di Gubbio che batte ancora: le parole incise raccontano la quotidianità della Città dei Ceri
Giovanni Bosi, Gubbio / Umbria
Custodito tra le mura imponenti del Palazzo dei Consoli a Gubbio è conservato un tesoro unico al mondo, una sorte di manoscritto di bronzo: le Tavole Eugubine. Sette lastre di bronzo, incise tra il III e il I secolo avanti Cristo, raccontano — in un misto di lingua umbra e latina — riti, leggi e liturgie di un popolo ormai scomparso, ma la cui eredità continua a pulsare nelle vene della città. Ed è incredibile constatare come la quotidianità della Città dei Ceri sia legatissima a quelle parole incise.
(TurismoItaliaNews) Le Tavole rappresentano il documento più importante mai rinvenuto in lingua umbra, una delle lingue italiche pre-romane, e sono considerate uno dei più rilevanti testi epigrafici dell’antichità. Più che semplici iscrizioni, sono la testimonianza diretta di un’organizzazione religiosa e civile estremamente strutturata, incentrata su pratiche rituali che coinvolgevano sacerdoti, animali sacrificali e precisi luoghi topografici. “Gli studiosi hanno identificato in queste Tavole un calendario sacro e una guida per cerimonie religiose che reggevano l’ordine della comunità” ci spiega l’assessore alla cultura e al turismo Paola Salciarini nell’introdurci al tema. Perché in effetti, quando ci si trova al cospetto di queste autentiche opere d’arte è impossibile restare indifferenti: è come attraversare una star-gate, ritrovandosi connessi con il passato di ben oltre duemila anni fa. Il loro valore non è solo linguistico o filologico: è la finestra più autentica su un mondo che si pensava perduto, e che invece sopravvive, silenziosamente, nei gesti e nelle tradizioni degli eugubini di oggi.
L’eredità nei Ceri
A Gubbio, storia e tradizione non si limitano alle teche museali. Ogni 15 maggio, con la Festa dei Ceri, l’anima delle Tavole Eugubine ritorna viva e vibrante. I Ceri - le tre grandi strutture lignee dedicate a Sant’Ubaldo, San Giorgio e Sant’Antonio – come noto vengono portati in corsa dai ceraioli lungo le strade della città e fino alla cima del Monte Ingino. Una festa devozionale, sì, ma anche profondamente rituale, scandita da simbolismi che sembrano affondare le radici proprio nei dettami delle antiche Tavole. Le analogie non mancano: la divisione dei partecipanti in corporazioni, il senso comunitario della celebrazione, l'importanza del percorso e della ripetizione rituale. È come se Gubbio, pur cristianizzando le sue tradizioni, avesse conservato l’anima di quei riti arcaici descritti sulle lastre di bronzo. E in questo, le Tavole non sono solo reperti archeologici: sono codici viventi, ancora decifrabili nei rituali collettivi della città.
Un patrimonio universale
Oggi, grazie al lavoro di conservazione e studio portato avanti dal Museo Civico di Gubbio, le Tavole Eugubine rappresentano una delle più affascinanti testimonianze della cultura italica preromana. La loro unicità risiede nella continuità culturale: poche città possono vantare una connessione così diretta tra il loro passato più remoto e la loro quotidianità contemporanea. Gubbio non celebra solo la sua storia: la vive. E lo fa attraverso il bronzo delle Tavole, il sudore dei ceraioli, la devozione che si tramanda di generazione in generazione. In un mondo in cui la memoria si dissolve spesso nel virtuale, Gubbio insegna che le radici più profonde possono ancora nutrire il presente. E renderlo sacro.
Una storia che parte da lontano
I riferimenti storici rimandano a Federico di Montefeltro. Se queste lastre arrivano da lontanissimo, si deve al Duca e alla sua persispicia se Gubbio oggi può sfoderare, con tutto il vanto del caso, un patrimonio come le Tavole Iguvine. “Il 1444 è la data canonica in cui alcune fonti collocano il rinvenimento delle Tavole – ci spiegano durante la visita al Palazzo dei Consoli - ma il primo documento in ordine di tempo che ne attesta l’esistenza è l’atto di vendita al Comune di Gubbio, del 1456. Il documento rappresenta anche la prima prova dell’interesse mostrato dall’autorità pubblica locale per una testimonianza materiale delle civiltà antiche. E può essere quindi interpretato come atto fondante delle Collezioni Comunali di antichità ed arte, e di conseguenza, del Museo Civico”.
Dopo la loro acquisizione le Tavole sono conservate nel Palazzo dei Consoli, per essere mostrate agli studiosi e a quanti interessati alle antichità italiche. Anche perché questo gigantesco complesso architettonico che domina la silhoutte di Gubbio, costituisce insieme a Piazza Grande e al prospiciente Palazzo del Podestà una tra le più maestose e ardite realizzazioni urbanistiche medievali. Basti pensare che la storia della sua edificazione ha un lungo sviluppo che corre per circa cinque secoli, dalla prima metà del Trecento fino all’Ottocento.
Nato come nuovo centro politico e simbolico della città e del territorio, secondo quanto prescritto nelle deliberazioni dell’epoca, il Palazzo è stato collocato al centro del tessuto urbano, in modo tale che i quattro quartieri cittadini (San Martino, Sant’Andrea, San Pietro e San Giuliano) risultassero tutti direttamente collegati al nuovo “luogo del potere”. E per attuare il progetto è stato addirittura necessario modificare lo stato naturale del terreno: al fine di collegare i due palazzi sono state costruite le grandi volte che sorreggono ancora oggi la piazza centrale. Un capolavoro di architettura ed ingegneria.






