Dolci che hanno fatto la storia: un viaggio nell’Italia che profuma di zucchero, memoria e rivoluzione
Ci sono luoghi in cui il tempo sembra sedimentarsi tra i profumi delle creme, il fruscio della carta velina e il suono discreto dei cucchiaini d’argento. Luoghi in cui Stendhal annotò impressioni febbrili, Verdi schizzò melodie, D’Annunzio cesellò frasi, Pasolini osservò umanità, Maria Callas e Oscar Wilde si confidarono passioni e inquietudini. Luoghi che non sono solo pasticcerie, ma templi civili in cui la dolcezza italiana ha costruito parte della propria identità. A raccogliere questo patrimonio diffuso, fragile e prezioso arriva “40 Pasticcerie Storiche da provare una volta nella vita”, un libro che è viaggio, dichiarazione d’amore e opera d’arte firmato dall’illustratore Lorenzo Petrantoni e pubblicato da 24ORE Cultura, in libreria.
(TurismoItaliaNews) Il volume attraversa l’Italia come una mappa sentimentale, da Torino a Modica, da Firenze a Palermo, da Milano a Napoli, svelando quaranta indirizzi che custodiscono secoli di artigianato e cultura. Dietro ogni bancone di legno lucidato dal tempo c’è una storia che supera il confine del gusto: Baratti & Milano, Pfatisch, il Caffè al Bicerin, Marchesi 1824, Cova, La Bomboniera, il Caffè Florian, Pedrocchi, Atti & Figli, Gilli, Rivoire, l’Antico Caffè Greco, il Gambrinus, Gay-Odin, Pansa, l’Antica Dolceria Bonajuto e molte altre icone che hanno accolto regine, rivoluzionari, poeti e musicisti. Sono luoghi-simbolo del costume italiano, scenografie in cui la creatività dolciaria si è intrecciata alla storia nazionale, alla letteratura, alla musica e persino alla politica.
Il libro è un viaggio gastronomico, ma anche un pellegrinaggio culturale. Ogni tappa custodisce una specialità che ne incarna l’eredità: il cremino vellutato di Baratti & Milano, il panettone di Marchesi 1824 che profuma di grandi inverni cittadini, la sfogliatella Santa Rosa di Pansa che porta con sé un’antica ricetta conventuale, il cioccolato azteco di Bonajuto che affonda le radici nella tradizione modicana, il pasticciotto di Ascalone che racconta il Salento più autentico, la schiacciata alla fiorentina di Gilli, il trionfo di gola creato dalle monache palermitane, fino all’immortale Bicerin, bevanda stratificata di cioccolato, caffè e fior di latte amata da generazioni. È un catalogo del patrimonio dolciario italiano e, insieme, la prova che la memoria passa anche dal palato.
A rendere il volume ancora più prezioso sono le illustrazioni originali di Petrantoni, che rielabora incisioni antiche e materiali d’archivio con il suo tratto inconfondibile: una grafica sofisticata, tra collage e tipografia d’epoca, capace di trasformare ogni pagina in un piccolo teatro visivo. L’artista, celebre per le sue copertine su testate come New York Times, NewsWeek, Vogue, GQ e Vanity Fair, e premiato dai maggiori riconoscimenti internazionali, firma qui un lavoro che unisce rigore storico e immaginazione. Le sue tavole non illustrano soltanto, ma reinterpretano, elevano, suggeriscono atmosfere: lampadari di Murano che diffondono una luce soffusa, boiseries intagliate, divanetti di velluto scarlatto, alzate di cristallo colme di dolci che sembrano usciti da una natura morta fiamminga.
Il risultato è un libro che vale come guida, come oggetto d’arte e come dichiarazione di orgoglio italiano. Un omaggio all’eccellenza artigianale che ha saputo trasformare piccole botteghe in marchi internazionali senza mai perdere il legame con la propria terra. Molto spesso, ricorda Petrantoni, queste storie nascono dalla determinazione di imprenditrici che, in epoche diverse, hanno custodito e tramandato saperi antichissimi, contribuendo a mantenere viva un’identità gastronomica unica al mondo. Le loro creazioni – scolpite nel burro, dipinte con la glassa, profumate di agrumi, mandorle, cacao e spezie – non sono solo dolci, ma frammenti di vita italiana.
Chi sfoglia il volume ha la sensazione di entrare in un tempo sospeso, in cui sorbire una cioccolata calda era ritenuto un rito, un gesto di eleganza che meritava divanetti di velluto e silenzi ovattati. È un invito a riscoprire questi luoghi non come reliquie, ma come spazi vivi, ancora oggi capaci di raccontare chi siamo. Perché dietro ogni vetrina illuminata c’è un pezzo della nostra storia: un’Italia che sa essere lieve e profonda, tradizionale e visionaria, dolcissima e sorprendente.