Altos de Chavón: questo villaggio non è mai esistito, ma racconta molte storie vere: dalla creatività umana alla memoria delle civiltà perdute

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Giovanni Bosi, Altos de Chavón / Repubblica Dominicana

E sì, questo villaggio non è mai esistito, è stato inventato di sana pianta e praticamente non ha storia. La sua in ogni caso, perché visitandolo – oltre ad ammirarne la perizia costruttiva - si scopre che racconta molte storie vere: dalla creatività umana alla memoria delle civiltà perdute, a partire dai Taíno. Siamo nella Repubblica Dominicana, dove affacciato sul fiume Chavón c’è un luogo che sembra uscito da un racconto fantasy: Altos de Chavón è un’incredibile replica di un villaggio mediterraneo del XVI secolo, in cui si fondono storia, arte e archeologia in un contesto tropicale unico al mondo.

 

(TurismoItaliaNews) Costruito negli anni Settanta su iniziativa dell’architetto italiano Roberto Copa e del magnate Charles Bluhdorn, Altos de Chavón è un ambizioso progetto artistico e culturale realizzato con materiali e tecniche tradizionali, come pietra corallina, ferro battuto e legno intagliato. Ogni edificio, ogni vicolo e ogni piazza evocano l’atmosfera di un borgo rinascimentale europeo, con una cura dei dettagli che sorprende anche i visitatori più esigenti. In effetti sono innegabili la perizia costruttiva e la qualità dei dettagli, tanto che se si arrivasse sul posto senza conoscerne la storia, si potrebbe tranquillamente affermare che Altos de Chavón esiste dal Seicento o addirittura anche da prima. Al centro del villaggio c’è la chiesa di San Stanislao di Cracovia, spesso scelta come location di matrimoni spettacolari e cornice di eventi religiosi che si intrecciano con la vita culturale del luogo.

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Poco distante l’anfiteatro in stile greco-romano da 5.000 posti ha ospitato concerti leggendari con artisti del calibro di Frank Sinatra, Sting e Elton John, diventando uno dei poli culturali più importanti dei Caraibi. Il borgo è piacevole e si fa scoprire con piacere, in una visita slow che non fa disdegnare una capatina nei tanti negozi di artigianato ed atelier artistici che invitano a portarsi a casa un cadeau per gli amici rimasti a casa. Oppure un ricordo dell’escusione nell’insolito “borgo antico”.

Di certo, tra le attrazioni più affascinanti di Altos de Chavón spicca il Museo Archeologico Regionale, una gemma poco conosciuta che custodisce oltre 3.000 reperti della storia precolombiana dell’isola. Con la sua raccolta offre un affascinante viaggio nel tempo attraverso le culture indigene dei Taíno, i primi abitanti della Hispaniola, proponendo esposizioni permanenti e temporanee, oltre a programmi educativi per scuole e studiosi. Le collezioni del museo includono ceramiche, utensili, ornamenti e idoli rituali, disposti secondo criteri cronologici e tematici che aiutano a comprendere l’evoluzione delle società precolombiane e il loro rapporto con l’ambiente. Il percorso espositivo, arricchito da pannelli esplicativi in più lingue e da installazioni multimediali, rende l’esperienza accessibile anche ai più giovani.

Altos de Chavón: questo villaggio non è mai esistito, ma racconta molte storie vere: dalla creatività umana alla memoria delle civiltà perdute

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Altos de Chavón: questo villaggio non è mai esistito, ma racconta molte storie vere: dalla creatività umana alla memoria delle civiltà perduteAltos de Chavón: questo villaggio non è mai esistito, ma racconta molte storie vere: dalla creatività umana alla memoria delle civiltà perdute

I Taíno, popolo sorprendente. Quando il 5 dicembre 1492 Cristoforo Colombo è arrivato sulla costa ovest dell’isola di Santo Domingo, notando che era molto grande e piena di alberi simili a quelli della Spagna, ha deciso di chiamarla La Española. La bellezza del paesaggio e la diversità biologica che il Genovese ha scoperto su quest’isola, unita alla possibilità di trovare oro nelle sue terre e nei suoi fiumi, hanno fatto sì che questo incontro cambiasse per sempre il modo di vivere dei gruppi indigeni. Ovvero i Taíno: l’incontro avrebbe stabilito una nuova forma di relazione in cui gli indigeni avrebbero però avuto la peggio, essendo costretti a cedere il meglio della loro cultura e delle loro ricchezze naturali all’Europa.

Nella lingua arahuaca la parola “taíno” significa “uomo buono”. I Taíno abitavano sull’isola di Santo Domingo e nei territori attuali di Porto Rico, nel nord di Cuba e in Giamaica. Questi gruppi si possono considerare l’esito di un processo di evoluzione locale a partire dall’emergere delle popolazioni ostionoidi. Dopo l’anno 1.000 d.C., i Taíno arrivarono a costituirsi in cacicati (piccoli regni), che avevano come principali caratteristiche una produzione agricola ad alto rendimento e uno sviluppo artigianale rivolto alla creazione di oggetti cerimoniali e ornamenti usati dai capi e dagli sciamani come distintivo del loro rango. Altri tratti culturali dei Taíno erano la costruzione di luoghi per uso cerimoniale, cimiteri e opere infrastrutturali come i canali di irrigazione, e la pratica dello scambio di prodotti alimentari e oggetti tra le isole che abitavano.

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Al momento del loro incontro con gli Spagnoli, i Taíno erano un popolo che combatteva solo per i confini territoriali dei loro cacicchi o per le incursioni dei caribi provenienti dalle Piccole Antille. Per la guerra disponevano solo di macane (mazze) e archi e frecce come unico armamento; contro i Conquistadores, questi si rivelarono inutili, trovandosi costretti ad una battaglia impari. La resistenza armata e i suicidi collettivi furono alcuni dei meccanismi utilizzati dagli indigeni per fermare la conquista spagnola. L’instaurazione della schiavitù indigena, le malattie e la distruzione delle loro forme di organizzazione sociale portarono rapidamente alla diminuzione e alla morte dei Taíno e degli altri gruppi indigeni nelle Antille.

I colori dell’ambra dominicana
Sapevate che l’ambra dominicana tende a presentarsi in numerosi colori molto brillanti, con una grande varietà di tonalità molto belle? Nel Paese caraibico ci sono più tonalità di colore che in qualsiasi altro al mondo: per la sua trasparenza e per questa ricchezza cromatica, l’ambra dominicana è senza dubbio la più apprezzata e utilizzata nel commercio. L’universo dei colori è incredibile: dal chiaro quasi trasparente al giallo chiaro e rossiccio, dal giallo-verde e viola al giallo-blu in tutte le sue sfumature, dal verde-giallo molto chiaro al verde smeraldo, dal rosso chiaro al rosso rubino e scuro che sembra quasi nero, dal tono marrone molto chiaro ai diversi toni di nero (rossiccio, verde, viola e nero puro), alle tonalità di ambra fluorescente blu (dal più chiaro all’intenso blu marino), alle ambre d’acqua – dal giallo leggermente torbido al lattiginoso in toni gialli – fino alle ambre color avorio, madreperlacee e venate con striature di diversi colori. Una fantastica tavolozza di colori esalta così la bellezza e l’incanto dell'ambra dominicana.

Altos de Chavón: questo villaggio non è mai esistito, ma racconta molte storie vere: dalla creatività umana alla memoria delle civiltà perdute

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Oggi Altos de Chavón è un esempio riuscito di come l’arte possa farsi ponte tra continenti, epoche e culture.

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Giovanni Bosi, giornalista, ha effettuato reportages da numerosi Paesi del mondo. Da Libia e Siria, a Cina e India, dai diversi Paesi del Sud America agli Stati Uniti, fino alle diverse nazioni europee e all’Africa nelle sue mille sfaccettature. Ama particolarmente il tema dell’archeologia e dei beni culturali. Dai suoi articoli emerge una lettura appassionata dei luoghi che visita, di cui racconta le esperienze lì vissute. Come testimone che non si limita a guardare e riferire: i moti del cuore sono sempre in prima linea. E’ autore di libri e pubblicazioni.
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