Cosa ci fa un Museo di Arte e Cultura Orientale nella Rocca di un antico borgo medievale? La sorpresa ad Arcidosso, in Toscana

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Giovanni Bosi, Arcidosso / Toscana

Cosa ci fa un museo di arte e cultura orientale nella Rocca di un antico borgo medievale che sorge alle pendici del Monte Amiata, in Toscana? Indubbiamente è una vera sorpresa, soprattutto se si considera che ad accoglierlo è uno dei castelli medievali meglio conservati e più antichi in d’Europa. Siamo ad Arcidosso, dove la Rocca Aldobrandesca svetta in cima al borgo. Il Moca è il frutto di oltre 35 anni di collaborazione tra il Comune e l’Associazione Culturale Comunità Dzogchen di Merigar. L’occasione propizia per vedere da vicino l’imponente costruzione e i tesori che conserva.

 

(TurismoItaliaNews) Alle pendici dell’Amiata, in una cornice paesaggistica di straordinario valore oltre che affascinante per natura, Arcidosso è una meta imprescindibile quando si arriva in questa porzione di Toscana, che tecnicamente fa parte della Maremma grossetana. Imponente e caratteristica, la parte più antica del paese è caratterizzata dalla presenza della Rocca Aldobrandesca: la sua storia, dalle origini nel decimo secolo fino al Rinascimento, è illustrata da un percorso archeologico-artistico che guida il visitatore alla scoperta dei molti edifici medievali che vi si trovano e dei personaggi storici che li hanno commissionati: dal marchese Ugo di Toscana ai conti Aldobrandeschi, fino a Guido Riccio da Fogliano.

Cosa ci fa un Museo di Arte e Cultura Orientale nella Rocca di un antico borgo medievale? La sorpresa ad Arcidosso, in Toscana

Cosa ci fa un Museo di Arte e Cultura Orientale nella Rocca di un antico borgo medievale? La sorpresa ad Arcidosso, in Toscana

Una fortezza che oggi, a ben guardare, conserva le sue peculiarità: non a caso al secondo piano c’è la galleria dedicata al paesaggio medievale dell’Amiata e della Maremma, in cui sono esposti reperti archeologici provenienti dal sito di Castel Vaiolo, che includono il più importante nucleo di castagne antiche recuperate in scavo in Toscana. Altre sezioni illustrano architettura e urbanistica dei centri storici medievali amiatini e della Valle del Fiora e la formazione della contea Aldobrandesca. Le sale medievali ospitano il Museo di David Lazzaretti, che ripercorre la vicenda umana e religiosa dell’uomo vissuto tra il 1834 e il 1878), il “profeta dell’Amiata” e del suo movimento, tramite pannelli, oggetti e documenti. Al primo piano, percorrendo il ballatoio troviamo la collezione Emo Mecheroni, una raccolta di armi antiche, dal Medioevo al ‘900, con circa 175 pezzi appartenenti a varie epoche e a varie culture ed elmi di diversa foggia e provenienza. Insomma un percorso che è un racconto da vivere, diventando il luogo di una narrazione storico-archeologica sul Medioevo.

Ma la vera sorpresa è trovarvi, nel Palazzo della Cancelleria, il Moca, ovvero il Museo di Arte e Cultura Orientale di Arcidosso, nato dalla volontà del Comune di Arcidosso e dell’Associazione Culturale Comunità Dzogchen di Merigar di trovare una sede per la ricca collezione di oltre 5.000 oggetti d’arte orientale e reperti etnografici contenuti nella Collezione Namkhai.

Cosa ci fa un Museo di Arte e Cultura Orientale nella Rocca di un antico borgo medievale? La sorpresa ad Arcidosso, in Toscana

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Chogyal Namkhai Norbu, che ha fatto di Arcidosso la sua casa, è riconosciuto a livello internazionale come uno dei più importanti maestri del Buddhismo al mondo, nonché colui che per primo ha introdotto lo Dzogchen in Occidente. Il suo contributo come studioso, docente e ricercatore ha coperto tutti gli ambiti della civiltà e cultura tibetane e la sua vasta produzione (ben 250 tra libri e altre pubblicazioni) è la prova tangibile del suo straordinario eclettismo. In ambito accademico il professor Namkhai è stato uno dei primi tibetani a ricoprire un ruolo universitario in occidente, occupando la cattedra di lingua e letteratura tibetana e mongola all’Università Orientale di Napoli, dal 1962 al 1992. Negli anni ‘80 ha fondato la sede spirituale alle pendici del Monte Amiata, in località Merigar. Un percorso per conoscere un aspetto insolito, ossia l’aspetto spirituale del Monte Amiata, appellato dai popoli antichi proprio “Montagna Sacra”. “Per portare avanti questo obiettivo – ci spiegano durante la visita al Museo, che fa parte della rete museale della Maremma - si è ritenuto che fosse importante creare un’esperienza di ‘museo vivente’ per i visitatori. Per questo motivo il progetto è culminato nella selezione del mandala come tema unificante centrale, questo tema è stato utilizzato sia sul piano concettuale museologico che nella progettazione architettonica. Il mandala rimane il principio guida che è stato interpretato in vari modi nell’intero progetto”.

Ma cos’è esattamente un mandala? E’ uno dei simboli più diffusi nel buddhismo himalayano. Una parte rilevante del suo simbolismo è legata al numero 5, che si trova nell’orientamento spaziale delle cinque direzioni (i punti cardinali + il centro), dei cinque elementi, dei cinque colori e dei 5 aggregati, nelle 5 saggezze e nei 5 Buddha divini. Il Mandala è un diagramma simbolico racchiuso in una forma circolare che rappresenta la dimensione illuminata di una divinità e ha una funzione meditativa e rituale. I Mandala possono essere disegnati con polveri colorate (temporanei), su seta e carta o assumere una forma architettonica. All’interno del museo è stato installato un teatro virtuale immersivo composto da tre schermi. Le riprese, effettuate durante una spedizione nel Tibet orientale nel 2016, mostrano i paesaggi, le montagne, le valli, i monasteri e l’incredibile popolo che abita quei luoghi così lontani. La nostra missione è creare un museo vivo, sempre in aggiornamento alle tecnologie del nostro tempo per dare al visitatore un’esperienza unica nel suo genere.

Cosa ci fa un Museo di Arte e Cultura Orientale nella Rocca di un antico borgo medievale? La sorpresa ad Arcidosso, in Toscana

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Dunque un pretesto in più per visitare la Rocca Aldobrandesca di Arcidosso, dalla cui torre alta 28 metri si può vivere l’ebbrezza di scoprire il territorio circostante a 360 gradi grazie alla sua posizione strategica. Lo rivela implicitamente anche il nome del borgo: deriva probabilmente dal nome latino Arx e Dossum, cioè fortezza sul dosso. Questo nome viene ritrovato per la prima volta in un documento dell’860 ed era relativo ad alcune case e poderi di proprietà dell’Abbazia di San Salvatore.

Le origini della Rocca

La storia della Rocca inizia in tempi lontanissimi. Venne costruita probabilmente intorno all'anno 950 in piena epoca medievale, forse dalla famiglia Aldobrandeschi su preesistenti costruzioni di epoca longobarda; passando successivamente nella Contea di Santa Fiora a seguito della spartizione dei beni tra i due rami della famiglia. Recenti studi archeologici hanno stabilito che, quando intorno al 1100 gli Aldobrandeschi decisero di costruire la torre maestra, la rocca possedeva di già un palazzo in pietra di due piani fatto edificare molto probabilmente dal Merchese Ugo di Toscana tra il 970 e il 995. Quello di Arcidosso è il più antico palazzo extraurbano di governo statale in Italia e uno dei più antichi d'Europa.

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Arcidosso

Per saperne di più
macomuseum.org
museidimaremma.it

 

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