Come facevano le donne etrusche a specchiarsi? Nel Museo archeologico di Orbetello la bellezza dei reperti diventa la vetrina dei vezzi del passato
Giovanni Bosi, Orbetello / Toscana
Prima di tutto è museo di se stesso, ma al di là del grande pregio architettonico la Polveriera Guzman che si specchia sulla laguna di Orbetello è uno scrigno prezioso di storia, reperti e vicende umane. Siamo in provincia di Grosseto, nella Maremma Toscana, dove mare e cielo si fondono donando una terra unica e straordinaria. Come il patrimonio che custodisce. Come i gioielli dell’aristocrazia etrusca del IV secolo a.C. Sapete ad esempio come facevano le donne etrusche a specchiarsi? Ecco tanti buoni motivi per venirci e sorprendersi.
(TurismoItaliaNews) La civiltà etrusca è a dir poco affascinante. Qualità che non basta a identificarla, se si considera che molto di questa cultura è ancora per certi versi misteriosa, anche se ciò che ci hanno lasciato basta e avanza per capire che erano raffinati e amanti del bello. E pure geniali. La conferma arriva dal Museo archeologico di Orbetello, allestito al primo piano della Polveriera Guzman, costruita nel 1692 in epoca spagnola dall’architetto fiammingo Ferdinand De Grunembergh. Il nome deriva dal vicino bastione, dedicato al viceré di Spagna Enrique de Guzmàn. La prima sorpresa la suscita proprio il contenitore massiccio, perché non te l’aspetteresti lì dov’è. Pensato a dominio del lungomare, è stato utilizzato come grande polveriera con tonnellate di esplosivo depositato. Obiettivo sensibile in riva al mare, si direbbe oggi. Tanto che pure Giuseppe Garibaldi nel 1860 la raggiunse essere sbarcato a Talamone per rifornirsi di munizioni per la spedizione dei Mille. Nell’occasione undici orbetellani si offrirono poi di seguirlo nell’impresa di unificare l’Italia.
Di “esplosivo” adesso c’è soltanto il pregio dei reperti che vi sono conservati, in particolare quelli che sono arrivati dalla necropoli etrusca dell’istmo di Orbetello con oggetti di età orientalizzante-arcaica e classica-ellenistica, quelli rinvenuti nell’area di Talamone ed un gruppo di acquisti dalle zone di Pescia Romana, Chiarone, San Donato e Monte Argentario. “Tra i manufatti di rilievo ci sono pure i materiali dalla necropoli di Orbetello appartenuti alla ricca aristocrazia etrusca del IV secolo a.C. – ci spiegano durante la visita - ornamenti in oro decorati con tecnica a sbalzo, i materiali in bronzo e la ceramica legati al banchetto, specchi in bronzo con soggetti unici come ‘Cathesan’, personaggio identificato su uno di essi da una iscrizione etrusca incisa”. La grande bellezza è dovuta anche alla perizia certosina con cui gli artigiani li hanno creati per accentuare il fascino delle donne aristocratiche, magari da indossare durante un convivium.
Non ci sono comunque solo reperti etruschi: quanto esposto copre un periodo molto più lungo e cioè dalla preistoria al periodo romano, recuperato nel territorio a partire dai primi anni dell’Ottocento fino agli acquisti avvenuti nel corso della seconda metà del Novecento. “Da Talamone, e precisamente dal colle di Talamonaccio, oltre agli elementi decorativi delle porte del tempio di età ellenistica, si possono osservare oggetti in bronzo ritrovati verso la fine dell’Ottocento e provenienti da due ripostigli o stipi votive contenenti punte di lancia, coltelli, oggetti miniaturistici raffiguranti armi di offesa e difesa, attrezzi agricoli miniaturistici e due elmi di cui uno con iscrizione etrusca – aggiunge la nostra guida - entrambi i ripostigli sembrano essere legati probabilmente ad un culto di carattere agricolo-guerriero o comunque la dimostrazione dell'esistenza in età classica o ellenistica di un ceto aristocratico legato alla terra e alla guerra”.
Accuratamente organizzati in ottica didattica si trovano paramenti militari, strumenti di lavoro per la tessitura e la filatura, ceramiche e corredi funebri, oltre a capi d’abbigliamento e accessori etruschi. Tra questi ultimi spiccano monili, bracciali, oggetti da toeletta e ampolle destinate agli unguenti. E alcuni rispondono anche a curiosità che possono apparire banali. Ad esempio: come facevano gli Etruschi a specchiarsi? La risposta la fornisce un prezioso specchio in bronzo conservato in museo. “I nostri antenati di Orbetello utilizzavano un disco in bronzo, che presentava una superficie convessa levigata per risultare il più riflettente possibile ed un lato concavo con una decorazione figurata con scene mitologiche – ci spiega ancora la nostra guida - lo specchio che conserviamo mostra sul lato figurato la rara scena della contesa tra Apollo ed Ermes (Ermes con il caratteristico copricapo a sinistra mentre Apollo tiene in mano una zampa bovina). Nel mito Ermes rubò i buoi ad Apollo e per non lasciare tracce degli zoccoli, tirò i buoi per la coda, facendoli camminare a ritroso; il bestiame fu poi nascosto in una grotta. Apollo, dopo aver scoperto e chiesto ad Ermes di restituirgli il maltolto, chiese al padre Zeus di intervenire. Il padre degli Dei ordinò ad Ermes di restituire la mandria al fratello e, per scusarsi, donò anche ad Apollo la cetra, strumento musicale che lo accompagnerà nelle sue raffigurazioni di divinità della musica”. E’ meraviglioso quanto può raccontarci un reperto.
C’è anche un altro oggetto curioso: lo strigile. A cosa serviva? “Era uno strumento particolare che era utilizzato nelle palestre e nelle terme, sia dagli uomini che dalle donne, per rimuovere dal corpo olii, sudore e polvere. Erano usati fin dalla seconda metà del VI secolo a.C. per la pulizia del corpo, ma diffusi in Etruria soprattutto fra il IV e il III secolo a.C, età a cui risale anche questo di Orbetello. Una curiosità interessante: questo strigile, come molti altri, presenta un vero e proprio marchio di fabbrica che ci permette di individuarne la produzione: due rosette e una lotta fra animali”.
Non meno attraente è il vaso bionico da Terrarossa: in Etruria, a partire dal Bronzo finale e poi nella successiva età del Ferro, si diffonde il rito funerario dell’incinerazione. “Così i corpi dei defunti venivano bruciati e le ceneri raccolte in un vaso dalla caratteristica forma biconica, con una ciotola o la riproduzione in ceramica di un elmo con funzione di coperchio. Alla Polveriera Guzman Museo Archeologico Orbetello custodiamo ben tre esemplari di questi vasi. Il più antico è quello che proviene dalla località Terrarossa, rinvenuto intorno agli anni Sessanta del Novecento e che accoglieva i resti di una ragazza adolescente. Il corpo del vaso è decorato dai caratteristici motivi del periodo, fasci di linee incise e singole impressioni ovali, disposti sotto il collo del vaso. L’assenza di un’ansa (manico) è una caratteristica diffusa in questi manufatti, dovuta alla prassi di spezzare le anse dopo aver collocato l’urna nel pozzetto funerario” è la spiegazione.
Ma a questo punto ci chiediamo: qual è uno dei reperti più affascinanti del museo? La nostra guida non ha esitazioni: “E’ questo bellissimo rivestimento di scudo, provenienti con tutta probabilità dal territorio di Pescia Romana o di Pescia Fiorentina, due territori al confine con il Lazio. La meravigliosa decorazione a sbalzo presenta al centro una testa di Gorgone, il noto mostro femminile della mitologia classica dai capelli di serpente e dotato di sguardo pietrificante, contornata da scene di caccia in cui si scontrano leoni, cervi e perfino grifi! Risale probabilmente al V secolo a.C. e doveva essere applicato ad uno scudo forse di cuoio, utilizzato durante le parate o per usi funerari o votivi.
C’è insomma tanto da ammirare nel Museo archeologico di Orbetello, con una raccomandazione: spendete qualche secondo in più per leggere le didascalie dei reperti esposti e soprattutto chiedete la visita guidata. L’esplorazione delle teche diventerà così realmente viva, catapultandovi nel passato delle civiltà di ieri. Sarà come interloquire con loro…












