Le miniere di Wieliczka, l’oro bianco della Polonia è un Patrimonio dell'Umanità

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Giovanni Bosi, Wieliczka / Polonia

Se non fosse per la fama che le cir­conda, tutto ti aspetteresti meno di trovare un vero e proprio museo di arte barocca nella pancia della Terra. Anzi, nel bel mezzo di uno dei più grandi giacimenti di salgemma del mondo. Non è un caso che i Polac­chi siano così orgogliosi delle miniere di Wieliczka, monumento della storia della nazione a pochi chilome­tri da Cracovia, iscritte nel 1978 nel­la prima lista del patrimonio mon­diale culturale e naturale dell'Unesco. Siamo andati a vedere.

 

(TurismoItaliaNews) In funzio­ne da nove secoli, oggi le miniere rappresentano una delle più famose mete turistiche in Polonia, sia per l'eccezionalità della natura, sia per la perizia umana alla base del loro sfruttamento. La creazione naturale risale a ben quindici milioni di anni fa, quando è cominciata l'evaporazione delle acque del mare miocenico fa­vorendo il deposito di sale, mentre per effetto del successivo innalza­mento dei Carpazi la costituzione geologica del giacimento è molto particolare: a blocchi nella parte su­periore, a strati in quella inferiore.

Una ricchezza al pari dell’oro

Creava scambi, provocava guerre. Il sale è stato l'oro bianco dell'antichità, ritenuto una vera e propria ricchezza al pari dell'oro giallo e della seta. Nel mondo classico il sale, elemento essenziale per la conservazione dei cibi, oltre che per il loro condimento, era un vero e proprio genere di lusso per chi abitava lontano dalle coste. Col passa¬re del tempo, la sua importanza si è accresciuta: il sale crea¬va scambi, produceva tasse, sorreggeva monete e provocava persino guerre. Nel Medioevo parte della ricchezza accumulata grazie al sale veniva usata dal principe per il bene collettivo, in particolare per difendere la comunità.

“Le miniere di salgemma sono stupefacenti come le piramidi egizie, ma ben più utili. Sono il ricordo glo­rioso della laboriosità dei Polacchi”, ha detto Jean Le Laboureur nel 1647 visitando il dedalo di gallerie che per una profondità di centinaia di metri si snodano nel sottosuolo.

In tutto questo tempo (ancora si continua, ma con tecniche ben diverse) a Wieliczka sono stati estratti ben 7,5 milioni di metri cubi di sale, creando dal nulla 250 km di gallerie e 2.040 grotte, arrivando a 327 metri sotto la superficie. Il rischio per i minatori era altissimo, crolli ed esplosioni erano sempre all'ordine del giorno. Una condizione che ha finito per svilup­pare negli uomini una religiosità al di fuori del comune, tanto da costruire cappelle sotterranee con sostegni in legno dove celebrare riti sacri.

Quan­do nel 1697 andò in fiamme una del­le cappelle, venne proibito di arredar­le con elementi infiammabili. Fu a quel punto che i minatori cominciarono a scolpire il salgemma realizzando le statue, i bassorilievi e i lampadari di sale che ancora si ammirano L'attrazione principale è la splendida cap­pella di Santa Kinga, realizzata a partire dal 1896 a 101 metri di profon­dità e dedicata alla figlia del re ungherese Bela IV, alla quale viene attribuita la scoperta del giacimento di salgemma.

Si possono visitare anche le sale che conservano le tracce dell’opera di esplorazione e accolgono macchinari e attrezzature minerarie; così come le cappelle adorne di bellissime sculture e bassorîlievi in sale, o i laghetti salini. Dopo la vista i turisti possono riposare in un microclima curativo a 125 metri sotto il livello del suolo, in un complesso di sale che ospitano negozietti di souvenir, un ufficio postale e un ristorante. Ma non si scende solo per curiosità: la miniera viene utilizzata anche per le cure delle malattie del sistema respiratorio; le visite curative sono organizzate nel Centro sotterraneo di riabilitazione e cure situato a 135 metri nel sottosuolo.

Da non perdere anche l'esposizione nel castello medioevale minerario Zamek Zupny, sede dell'amministrazione salina dalla fine del XIII secolo al 1945, unico edificio in Polonia con un bastione gotico del XIV secolo e con la più antica galleria mineraria risalente alla metà del XIII secolo. In esposizione la collezione unica al mondo di gioghi (meccanismi per cavalli per estrazione) che presenta tre diversi tipi: polacco (XVII secolo), sassone (XVIII secolo) e ungherese (XVIII secolo). In questa collezione è particolarmente importante il giogo polacco, l’unico conservato fino ad oggi, il macchinario più antico e più grande di tutte quelle che si trovano nella miniera di Wieliczka. Da vedere pure il corno della Con­fraternita Estrattori (1534). Simbolo di ricchezza della miniera, considerato tra le più preziose testimonianze del Museo di Wieliczka e dell'arte altorinascimentale in Polo­nia, è stato eseguito con il corno di un uro, incastonato in argento, probabilmente da A. Durer.

Nel castello si può ammirare la più grande collezione polacca di saliere; la più antica – barocca, eseguita con l'argento - proviene da Asburgo ed è del XVII secolo. Tra le più interessanti ci sono le saliere di porcellana con le figu­re di africane che portano le ceste (1741) fatte a Msnia, la più antica manifattura europea.

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Giovanni Bosi, giornalista, ha effettuato reportages da numerosi Paesi del mondo. Da Libia e Siria, a Cina e India, dai diversi Paesi del Sud America agli Stati Uniti, fino alle diverse nazioni europee e all’Africa nelle sue mille sfaccettature. Ama particolarmente il tema dell’archeologia e dei beni culturali. Dai suoi articoli emerge una lettura appassionata dei luoghi che visita, di cui racconta le esperienze lì vissute. Come testimone che non si limita a guardare e riferire: i moti del cuore sono sempre in prima linea. E’ autore di libri e pubblicazioni.
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