Crocifissi miracolosi e pietre che celano immagini sacre: le opere d’arte a cui si affida da secoli la devozione popolare
Angelo Benedetti, Cividale del Friuli
Crocifissi miracolosi, immagini sacre dipinte da una forza superiore, pietre che celano l’immagine della Madonna. L’Italia conserva in moltissimi luoghi opere d’arte alle quali la devozione popolare affida da secoli la propria sorte. Eccone alcune, da nord a sud del Belpaese.
(TurismoItaliaNews) A Cividale del Friuli, dove il Tempietto longobardo patrimonio dell’Umanità rappresenta una fortissima attrazione per il suo valore culturale ed artistico, c’è un’altra opere d’arte dal significato mistico. Nel Duomo di Santa Maria Assunta si conserva il Cristo Miracoloso risalente alla fine del XII secolo - primo decennio del XIII secolo. E’ un’imponente scultura lignea, alta due metri e mezzo, alla quale vengono riconosciuti poteri taumaturgici da centinaia e centinaia di anni; basti considerare che già nel 1858 veniva descritto come “Cristo miracoloso”.
“Quel che è certo – ci spiegano a Cividale - è che il prezioso simulacro rimase indenne ai diversi terremoti che colpirono la città nel 1222, 1348 e 1448 danneggiando il Duomo. Dalle macerie il Crocifisso veniva risollevato e nuovamente e con più spirito venerato”.
Leggenda popolare racconta che i cividalesi decisero di sotterrarlo nel tentativo di prioteggerlo da scorrerie e altre sventure per ritrovarlo solo dopo alcuni decenni. Ancora più particolare è la singolare soluzione figurativa di cui è interprete quest’opera, emblematica del ruolo strategico del Patriarcato di Aquileia nell’Alto Adriatico tra il XII e XIII secolo.
A Gradara, nelle Marche, nella rocca cornice della storia d’amore di Paolo e Francesca, la chiesa di San Giovanni Battista accoglie “il miracoloso ed artistico Crocifisso in legno” scolpito da fra’ Innocenzo da Petralia (nel XVI secolo?), già nella cappella privata della Rocca dei Malatesta e donato dal marchese Carlo Mosca Barzi nel 1788. La particolarità sta nel fatto che a seconda del punto da cui si guarda, secondo la tradizione il volto di Cristo assume tre diverse espressioni: Cristo sofferente (a destra), Cristo agonizzante (di fronte) e Cristo morto (a sinistra).
Sul pavimento sono indicati i tre punti sui quali bisogna posizionarsi. La chiesa risulta già esistente nel 1290: le Signorie, dei Malatesta prima e degli Sforza poi, restaurarono e abbellirono l’edificio; poi il Marchese Carlo Mosca Barzi la restaurò tra il 1770 e il 1790.
Nella piccola frazione La Bruna del comune di Castel Ritaldi, in Umbria, domina la scena il santuario della Madonna della Bruna, un pregevole esempio di architettura rinascimentale ispirata alle opere del Bramante. La sua realizzazione sulla riva del torrente Tatarena, secondo quanto racconta la storia popolare, è legata ad un miracolo. Mentre alcuni pellegrini si stavano recando a visitare le spoglie della beata Chiara da Montefalco, nel giugno del 1706, si riposarono brevemente all’ombra delle querce che crescevano lungo il torrente; lo stendardo che portavano in processione, però, ad un certo punto non si riusciva a risollevarlo, tanto che i pellegrini poterono proseguire solo dopo aver fatto dipingere tale stendardo a fresco sulle mura interne della chiesa del luogo.
In aggiunta a questo, il pittore incaricato dell'esecuzione, si vide l’opera inspiegabilmente portata a termine da sola, dopo che l'aveva avviata il giorno prima. Si chiama Madonna Bruna proprio per il colore del suo incarnato. Il dipinto è posizionato sull’altare maggiore della chiesa cinquecentesca a navata unica e a croce greca, con tre absidi circolari eguali.
Nel Lazio, a Nemi, conosciutisissima per il suo lago, c’è la Chiesa di Santa Maria di Versacarro, dove si venera tuttora un dipinto della Madonna col Bambino, che faceva parte di un “trittico” portato dall’Oriente. Dalla seconda metà del Seicento è però nota come Santuario del Crocifisso a seguito di un evento miracoloso: “nel 1669, un umile frate francescano, Fra' Vincenzo da Bassiano, di ritorno da un pellegrinaggio al Santo Sepolcro – raccontano a Nemi - portò con sé un legno proveniente dal monte Calvario. Tornato alle sue mansioni nel convento di Nemi, fra' Vincenzo iniziò a scolpire un Crocifisso a grandezza naturale, riservandosi di modellare per ultimo il volto.
Finito il corpo, diede un primo abbozzo al viso, ma le sue mani sembravano aver perduto l'antica abilità. Quella sera si sentì smarrito e sfinito fisicamente, si prostrò davanti al quel suo ‘Crocifisso monco’ e pregò con fervore perché il Signore gli concedesse di condurre a termine l'opera, poi cadde esausto sul giaciglio. All'alba la campanella del convento lo svegliò per cantare il Mattutino. Cercò spontaneamente il Crocifisso. Un'emozione indicibile assalì il fraticello: un viso bellissimo, divinamente espressivo, completava la sua opera”. Da quel momento la sacra immagine è stata oggetto di venerazione anche da parte dei Pontefici, fino a Paolo VI e a Giovanni Paolo II.
A Cerchiara di Calabria, in provincia di Cosenza, il Santuario di Santa Maria delle Armi (XV-XVI secolo) è una testimonianza significativa di arte rinascimentale. Il complesso architettonico, scavato in parte nella roccia del monte Sellaro, noto anche come Monte Santo, ingloba al suo interno la grotta che custodisce la miracolosa immagine nera della Madonna, conservata in una teca d’argento. La leggenda narra che nel 1450 nel corso di una battuta di caccia, alcune persone di Rossano avevano notato una cerva mentre si nascondeva in un piccolo antro del monte. Incuriositi, avevano seguito l’animale dentro la grotta trovandovi due icone di legno raffiguranti i Santi evangelisti. I cacciatori presero le tavolette e le portano a Rossano, dove sparirono e successivamente ritrovate in quello stesso antro dove erano state rinvenute.
A seguito di questo evento, gli abitanti decisero di realizzare lì una piccola cappella per custodirle. Nel corso dei lavori un fabbro, che per caso aveva tra le mani una pietra ovale, la ruppe in due scoprendo che custodiva da una parte l’immagine della Madonna con il Bambinello e dall’altra la sagoma di San Giovanni Battista. La prima faccia della pietra è custodita nella chiesa, in una cappella composta di marmi policromi, mentre l’altra - come sostiene la tradizione locale - è finita a Malta.