Nella grotta santa di Ayia Napa: a Cipro fra storie di fede e leggende legate ai Veneziani
Giovanni Bosi, Ayia Napa / Cipro
Da piccolo villaggio di pescatori si è trasformata in una delle destinazioni turistiche più amate del Mediterraneo, per le sue lunghe spiagge, il mare cristillino e una voglia di accoglienza che appartiene da sempre al dna dei ciprioti: Ayia Napa sull’Isola di Afrodite è una meta irrinunciabile. E da scoprire qui c’è anche un luogo carico di storia, dove tradizione, multireligiosità e persino qualche imperscrutabile mistero lo rendono irresistibile. Soprattutto per gli italiani. Siamo andati a vedere…
(TurismoItaliaNews) Il Monastero di Ayia Napa, nel sud-est di Cipro, è davvero “tanto”: per la sua storia, la sua evoluzione, la sua bellezza architettonica, i suoi misteri, la sua capacità di attrazione e anche per essere un luogo inter-religioso. La sua fama è notevole, a cominciare dall’enorme sicomoro che sembra vigilare sull’ingresso di questa sorta di “fortezza della fede”: il Dipartimento Forestale cipriota lo ha annovera tra gli alberi più longevi dell’isola, ben 600 anni di età.
Un testimone incredibile di tutto quello che è accaduto intorno alle mura del monastero, la cui origine è da ricondurre ad una icona della Madonna trovata, secondo la leggenda, dal cane di un cacciatore in una grotta nascosta, quella che oggi è il cuore del complesso, probabilmente di origine naturale, poi ingrandita durante il periodo Komneno (tra il 1081 e il 1191) per ricavarne una chiesa. In passato questa zona era una valle boscosa e il ritrovamento dell’immagine sacra chiamata poi “Icona di Ayia Napa", cioè Nostra Signora delle Foreste, finì con il trasformare la grotta in un luogo di culto e di pellegrinaggio per i cristiani ortodossi della regione. Il santuario fu chiamato “Ayia Napa” e conseguentemente anche quella straordinaria zona di vacanza che oggi anima la costa, si chiama allo stesso modo.
Con l’arrivo dei Franchi, nel XII secolo, alla chiesa rupestre è stato affiancato un maniero con la sua torre, ma il monastero, come lo vediamo oggi, è di fatto una costruzione del XV secolo, periodo del dominio veneziano a Cipro. Il richiamo “italiano” è forte perché nella sue architetture Ayia Napa metre in mostra – come nel caso della torre ampliata e abbellita, forse ad uso dell’abate – la moda del Rinascimento. Fatto sta, che quando si varca il portone del monastero è come piombare indietro nel tempo di almeno cinquecento anni. “La tradizione – ci spiegano durante la nostra visita – tramanda che in questo posto si rifugiò per dispetto la figlia di una nobile famiglia veneziana poiché i suoi genitori non approvavano il matrimonio con un ragazzo che non apparteneva all’aristocrazia. Nel 1500 circa la ricca veneziana costruì a spese proprie la chiesa, le celle e il mulino mentre all’ingresso sud del monumento, accanto alla cisterna, piantò un sicomoro. E costruì anche, nel centro del cortile, un pietroso monumento a cupola dentro il quale voleva essere sepolta”.
Dicevamo di alcuni misteri, Beh, il primo è quello legato all’icona alla quale vengono legati poteri miracolosi e questo spiega perché una moltitudine di confessioni cristiane ha visitato il monastero per renderle omaggio. Le suggestioni si avvertono per intero quando scendendo alcuni gradini si entra nella chiesa, che si rivela essere in realtà un insieme di più chiese dovute al susseguirsi di ampliamenti successivi. La prima navata è un semplice locale quadrato con alcune icone contemporanee; la navata destra è più stretta ed è lo spazio utilizzato nel XVI secolo come cappella romana, con frammenti di affreschi del XV secolo che raffigurano tre sante figure femminili il cui stile presenta una forte influenza italiana. E’ sul fondo della prima navata che alcuni gradini conducono nel “sancta sanctorum”, cioè la chiesa scavata probabilmente nel periodo bizantino, laddove secondo la tradizione è trovata l’icona della Madonna: sulla parete a destra c’è la grande icona della Vergine Maria donata nel 1962 come ex voto di una famiglia di Famagosta. E’ intorno e sotto a questa icona che i i fedeli, dopo aver invocato l’aiuto della Madonna, lasciano le loro offerte votive.
In effetti della primordiale icona sacra non c’è più traccia, rubata o forse distrutta da un incendio nell’Ottocento, ma questo non ha fatto venire meno la devozione popolare. All’interno della grotta c’è un anche pozzo che, secondo la tradizione, è stato scavato inizialmente per fornire acqua alle persone che cercavano rifugio lì durante le incursioni dei pirati, ma poi considerata acqua consacrata e miracolosa, tanto che molte persone sarebbero guarite dai loro problemi di salute.
Nel cortile del monastero merita di essere osservata attentamente la cisterna che si trova nel mezzo: un monumento ottagonale di pietra calcarea squadrata, circondato da una bassa muratura che forma dei sedili di pietra. La cisterna è coperta da una cupola semisferica appoggiata su quattro pilastri che a loro volta fanno da supporto ad archi a sesto acuto. Nel centro ci sono una cavità di marmo e una colonnina dal capitello ionico che funzionava da fontanella; i lati esterni della cisterna mostrano decorazioni floreali a rilievo e tre volti umani: secondo la tradizione, sono i visi dei genitori e della giovane veneziana. L’acqua che alimenta sia la cisterna che la fontana a forma di cinghiale (di epoca romana, situata davanti all’edificio a due piani) è garantita dall’acquedotto medievale lungo due chilometri.
Ma c’è anche un’altra attrazione: la santa cintura Panayia di Ayia Napa, che dal XV secolo si dice aiuti le donne in difficoltà durante la gravidanza e il parto; l’originale è stato rubato all’inizio del XX secolo, ma la tradizione rimane per intero e la devozione continua sulla copia che l’ha sostituita, nella grande chiesa a sud-ovest del monastero.
Di certo, i cambiamenti d’assetto che ha subìto nel tempo l’antico complesso dimostrano comunque un rispetto per il motivo alla base della sua nascita, dai Franchi ai Veneziani, allo stesso periodo ottomano: durante questo periodo furono costruite le arcate orientali e la caratteristica più importante è sicuramente la casa della fontana nel cortile costruito intorno alla fontana veneziana. Un luogo quindi da visitare, cercando di immergersi nelle sue tante suggestioni.
Giovanni Bosi, giornalista, ha effettuato reportages da numerosi Paesi del mondo. Da Libia e Siria, a Cina e India, dai diversi Paesi del Sud America agli Stati Uniti, fino alle diverse nazioni europee e all’Africa nelle sue mille sfaccettature. Ama particolarmente il tema dell’archeologia e dei beni culturali. Dai suoi articoli emerge una lettura appassionata dei luoghi che visita, di cui racconta le esperienze lì vissute. Come testimone che non si limita a guardare e riferire: i moti del cuore sono sempre in prima linea. E’ autore di libri e pubblicazioni.
(A.F.)