Un “palazzotto” dalla storia controversa e persino improbabile: Rocca Sanvitale di Sala Baganza, devota a San Napoleone Martire
Giovanni Bosi, Sala Baganza / Parma
La vera sorpresa è dentro. Questo elegante “palazzotto” dalla storia controversa e persino improbabile, calato in una scenografia inimmaginabile da chi arriva da fuori, è come se fosse desideroso di farsi conoscere sino in fondo. Perché anche una Rocca può essere considerata alla stregua di un essere vivente, che attraverso pietre, mattoni, colori e ricostruzioni di vicende racconta tutto di sé. O quasi tutto, essendo stata, ad un certo punto, smontata e venduta mattone per mattone, con il piccone devastatore fermato giusto in tempo. Ma anche per essere diventata persino il luogo di culto di un fantasioso San Napoleone Martire. Si scopre tutto in Emilia, a Sala Baganza, nella Rocca Sanvitale, tra vigneti di Malvasia. Siamo andati a vedere…
(TurismoItaliaNews) Il primo approccio è stato di notte, quando le luci rendono tutto più misterioso e coinvolgente. Quando il sole comincia a sollevarsi all’orizzonte, però, è il momento magico per dare un’occhiata dal di fuori alla Rocca Sanvitale di Sala Baganza, ad una manciata di chilometri da Parma. Momento magico perché i colori caldi e dorati donano a questa testimonianza del passato la caratura che merita. La sua storia del resto parte da lontano ed oggi è una delle attrazioni del circuito dei Castelli del Ducato, ponendosi come cerniera tra il passato e la vocazione vinicola e gastronomica di un territorio ricco di eccellenze.
Ma andiamo per ordine. Perché vederla? Perché le circostanze che l’hanno modellata nei secoli sono intriganti e le sue sale decorate sono davvero belle grazie ai restauri condotti negli ultimi tempi per far fronte ai danni causati dai terremoti che anche qui non solo mancati. Le prime notizie risalgono al 1254, ma è nella seconda metà del Cinquecento che assume i connotati di un possente quadrilatero, difeso da un ampio fossato tutt’intorno. Tra il 1564 e il 1578 Giberto IV, marito della celeberrima Barbara Sanseverino, arricchisce il piano nobile con affreschi che raccontano le storie di Enea e il trionfo della Croce, mostrano i ritratti dei Cesari, grottesche e le fatiche di Ercole (attribuite quest’ultime a Bernardino Campi da alcuni e ad Orazio Samacchini da altri). Finché, scelta nel 1723 come dimora da Antonio Farnese, la Rocca si arricchisce ulteriormente di opere d’arte qualche anno dopo (1724-1727), con Sebastiano Galeotti impegnato nell’affrescatura con soggetti mitologico-allegorici, del soffitto di tutte le stanze della zona orientale del piano nobile e di quella che viene chiamata Sala dell’Apoteosi. Ovvero i tesori artistici che fanno da attrazione in una Rocca che è tuttavia diversa da quel che era in quei secoli. Perché purtroppo quel possente quadrilatero di un tempo, adesso non c’è più. E questo è il capitolo più incredibile della storia di questo luogo.
Passeggiando per le sale della Rocca, complice la spiegazione dettagliata della nostra guida (assolutamente raccomandata per capirne di più sulle vicende del palazzotto) si ha il conto di quanti sono passati da qui nel tempo: da Giberto III Sanvitale ai Farnese, passando per i Carrega, i Magnani, i Romani ed infine il Comune di Sala Baganza. La parentesi che con l’avvento dei francesi napoleonici, vede assegnare Rocca e terreni al pinerolese Michele Varron, è però un momento peggiore del terremoto. Perché lui - senza se e senza ma - trovatosi catapultato a gestireun complesso immobiliare costoso ed imponente, non ha trovato soluzione migliore che smontarlo letteralmente a pezzi vendendo il relativo materiale da costruzione, cancellando così nel 1823 le ali sud, est ed ovest, e lasciando in pieno solo il prospetto principale, l’Oratorio di chiara impronta neoclassica e qualche blocco sul retro, tra cui (per fortuna) anche la Sala dell’Apoteosi.
Il dettaglio curioso della storia di Michele Varron è che, considerandosi evidentemente fortunato per la pur ingombrante concessione napoleonica, decise di dedicare l’Oratorio (consacrato all’Assunta) nientemeno che all’improbabile San Napoleone, con tanto di leggenda di un martire, prima torturato e poi agonizzante in prigione, fino alla morte. Nell’oratorio fece così la sua comparsa un quadro persino pregevole raffigurante il santo, poi sparito ed oggi conservato in una collezione privata a Genova; al suo posto è tornata una statua della Madonna. Tant’è.
La visita alla Rocca consente di scoprire tutto questo, attraverso un racconto dai continui colpi di scena nelle diverse stanze del complesso. Dal Gabinetto del Busti, dove – come ci fa notare la nostra guida - si affacciano dalla volta decorata su sfondo rosato, ricercate grottesche che arricchiscono il grande decoro ovale centrale contornato da fiori e frutti e sottolineato da misteriose figure alate”, alla Sala dell’Eneide, dove ha inizio il ciclo pittorico voluto da Giberto IV Sanvitale, e la rappresentazione dell’Eneide; l’opera è attribuita a Ercole Procaccini, raffinato studioso, nelle cui opere si trovano elementi di cultura raffaellesca e michelangiolesca. Nel Camerino del Baglione, che prende il nome dell’autore Cesare Baglione, sono rappresentate allegorie delle stagioni, scene di caccia ed episodi di battaglia in paesaggi fantastici. La Sala d’Ercole, una sorta di anticamera degli appartamenti privati, commissionata sempre da Giberto IV in occasione delle sue nozze a Orazio Samacchini, ritrae nell’ovale centrale Giove con colonne e paesaggi ellenistici. Le sale della Fama e il Gabinetto dei Cesari sono divenute insieme la Cappella Palatina attraverso un intervento settecentesco che ha “ridisegnato” le pitture per renderle più consone ad una destinazione sacra: un sublime intreccio floreale con putti e fiori che circondano un angelo con la tromba simbolo della Fama, e Roma Aeterna con i nove imperatori. Questo itinerario d’arte attraverso i secoli basta da solo ad appagare il visitatore curioso. Anche sepoi c’è dell’altro…
Le otto sale dell’appartamento ducale opera di Sebastiano Galeotti, in un rococò di colori limpidi, si susseguono con varie composizioni allegoriche che culminano nella Sala dell’Apoteosi che rappresenta la casata farnesiana tra gli dei dell’Olimpo. E qui si può vivere un’esperienza indimenticabile coniugando arte, bellezza ed eccellenze del territorio. Come, è presto detto. Intanto questo ciclo pittorico, a soggetto profano, costituisce una delle più vaste e più importanti imprese realizzate dall’artista di fama internazionale tra il 1726 e il 1727. Un’opera che non ha nulla da invidiare alle grandi apoteosi delle famiglie romane e fiorentine, tra mitologia, allegoria e simbolismo. “Questa è una visita guidata esclusiva alla parte privata della Rocca Sanvitale di Sala Baganza – ci spiega Silvia Lanzi di Parma Point - che dal 2006 è di proprietà della famiglia Merusi, la quale, dopo un attento restauro, ha riportato la Sala dell’Apoteosi al suo antico splendore, scegliendo di aprirl al pubblico attraverso la rete d'arte e cultura dei Castelli del Ducato per far conoscere a visitatori e turisti, con visite guidate, iniziative didattiche ed eventi, questo gioiello”. E coniugando art & food. Il progetto attuale, che vede coinvolta la settima generazione Merusi - Alessandro Alice e Anna - è quello di unificare le eccellenze dei prodotti locali e la valorizzazione del complesso storico della Rocca. Non solo, perché la stessa famiglia Merusi ha voluto realizzare nelle Cantine Farnesiane dell’antica Cortaccia Sanvitale la mostra “Le prime pagine della storia”, con 36 pagine significative dei quotidiani locali e nazionali con i fatti più salienti dal 1935 alla proclamazione della Repubblica Italiana del 1948.
Abbiamo però detto anche di una scenografia inimmaginabile: la Rocca domina infatti il Giardino Farnesiano, voluto da Antonio Farnese, che si estende per ben tre ettari. Nel corso dei secoli ha subito numerosi cambiamenti da pertinenza della Rocca a orto per il complesso residenziale della Cortaccia, antica corte rustica residenziale annessa alla Rocca. Esempio di “orto/giardino” in cui le piante da frutto, le verdure e gli ortaggi, disposti secondo un preciso disegno decorativo, venivano coltivati sia per abbellire lo spazio, sia per l’utilizzo in cucina, oggi grazie ad un attento restauro rivive i suoi antichi splendori.
Dunque, tanti buoni motivi per arrivare a Sala Baganza, non dimenticando peraltro che la Rocca è pure la sede del Museo del Vino, inserito nel circuito dei Musei del Cibo della provincia di Parma, dove si raccontano i segreti del vino tra archeologia lavorazione e produzione, tra storia, tradizioni, tecnologia, cultura e gastronomia.
Per saperne di più
galdelducato.it
castellidelducato.it