Egitto, a Dendera nel tempio di Athor: storia, arte e astronomia tra Egizi e Romani (Cleopatra inclusa)
Giovanni Bosi, Dendera / Egitto
Se le Piramidi di Giza sono il simbolo indiscusso dell’Egitto, c’è un altro luogo che può essere considerato la dimostrazione tangibile della straordinaria bellezza dei templi degli antichi Egizi, ancora con i loro colori e iscrizioni rituali di grande suggestione. E’ Dendera, la Iunet del passato, quattro ettari di superficie con santuari e un lago sacro. E che riporta alla storia di Cleopatra.
(TurismoItaliaNews) Quelli che nell’antichità sono arrivati in Egitto, Romani compresi, sono inevitabilmente passati per Dendera lasciando la loro impronta. Ma sempre rispettosa, quasi ossequiosa nei confronti di quanto lasciato da chi li aveva preceduti. Nella lingua egizia si chiamava Iunet, ubicata a una sessantina di chilometri da Luxor, sulla sponda occidentale del Nilo, di fronte a Qena, il moderno capoluogo di provincia.
Un passato fastoso, il suo, se si considera che questa città è stata il capoluogo del sesto distretto dell’Alto Egitto, nota ai greci come Tentirys, depositaria di questo meraviglioso sito archeologico di origine antichissima, con il tempio principale che è risultato essere stato allineato ben prima del 5000 a.C. nientemeno che a Gamma Draconis, la stella distante 148 anni luce dalla Terra. Un luogo che insomma è stato sempre significativo per gli antichi Egizi: le attuali strutture risalgono al periodo tolemaico-romano, ma i primi testi riferiscono di un tempio pre-dinastico ricostruito durante l’Antico Regno e ingrandito ulteriormente dai faraoni del Nuovo Regno, tra cui Thutmose III, Amenhotep III e Ramses II e III.
Le più antiche strutture potrebbero risalire al regno di Pepi I (intorno al 2250 a.C.) mentre sono evidenti i resti di un tempio eretto durante la XVIII dinastia. L’inizio della costruzione del tempio attuale risale al regno di Nectanebo II (360 a.C. - 343 a.C.), faraone della XXX dinastia egizia e ultimo sovrano ad aver regnato sulle Due Terre, mentre il suo completamento avvenne durante la dominazione di Roma anche se, con ogni probabilità, le strutture erette vennero del tutto modificate durante il regno di Tolomeo XII. Il santuario e le sue cappelle circostanti sono opera dei Ptolemiti nel I secolo a.C. e la grande sala ipostila si deve ai Romani nel I secolo d.C. Se davanti alle Piramidi di Giza si resta esterrefatti dalla loro imponenza, quando si entra nel Tempio di Athor a Dendera si resta addirittura abbagliati dalla bellezza e dall’unicità del luogo, altro non fosse per la sua antichità e per la sua storia.
Dendera era il luogo principale per il culto di Hathor, che nella mitologia egizia era dea del cielo e regina del paradiso, patrona dell’amore terreno, dea della guarigione e grande fonte femminile del nutrimento umano; figlia del dio sole Ra e sposa del dio cielo Horus, era la dea della fertilità e proteggeva le donne e il matrimonio. Ma era anche dea dell’amore e della bellezza, tanto da essere spesso identificata con la greca Afrodite. Grandi suggestioni dunque: dall’enorme portale di Domiziano e Traiano, circondato da una massiccia muraglia di mattoni di fango, si accede nella sala ipostila di Tiberio (i capitelli delle colonne sono scolpiti per assomigliare ad un sistrum, lo strumento preferito di Hathor, formato dal volto della dea stessa) e ci si rende conto che questo è il tempio in migliore stato di conservazione dell’Egitto, nel quale vedere le rappresentazioni dell’imperatore romano Traiano che rende omaggio ad Hathor e altri rilievi a carattere mitologico che decorano questo splendido tempio greco-romano che ha però saputo tramandare nel futuro la tradizione e l’osservanza degli Egizi.
Le pareti sono decorate con scene dei faraoni che partecipano ai rituali della fondazione per la costruzione del tempio stesso. L’area templare, oltre alla struttura dedicata ad Athor, comprende il portale nord e un mammisi (entrambi di epoca romana), una chiesa cristiana (perché nel corso dei secoli gli usi sono stati diversi, tanto che quando gli studiosi di Napoleone visitarono per la prima volta Dendera trovarono un villaggio arabo ricavato nel grande tempio), il mammisi attribuito a Nectanebo II (in copto significa “luogo del parto”, qui si immaginava che la dea titolare del tempio avrebbe dato alla luce il dio figlio), un sanitarium, un pozzo, il lago sacro e il tempio di Iside. La visita si svolge praticamente con il naso sempre all’insù per non perdere neppure un dettaglio dei fantastici calendari astrologici scolpiti e dipinti sui soffitti in pietra e arrivati intatti sino ai nostri giorni.
In particolare nel tempio di Athor, sul soffitto del pronao di una cappella dedicata a Osiride, c’è il famoso Zodiaco, un bassorilievo con rappresentazioni astronomiche come la costellazione del Toro o della Bilancia. In realtà questo che troviamo a Dendera è solo una copia: l’originale si trova infatti al Museo del Louvre, a Parigi. Il dettaglio interessante è che Sylvie Cauville del Centre for Computer-aided Egyptological Research dell’Università di Utrecht ed Éric Aubourg hanno datato lo Zodiaco di Dendera al 50 a.C. attraverso l’analisi della posizione dei cinque pianeti che vi sono raffigurati e che erano noti agli Egizi (Sebeg, Netjerduai, Hordesher, Horuepeshtaui e Horkapet), posizione che si verifica una volta ogni millennio, oltre che per l’identificazione di due eclissi ugualmente raffigurate. Quella solare rappresentata si è verificata il 25 marzo del 51 a.C. ed è simboleggiata da un cerchio contenente la dea Iside che trattiene un babbuino (il dio Thot) per la coda; l’eclissi lunare è quella del 25 settembre del 52 a.C. ed è simboleggiata da un Occhio di Horo chiuso in un cerchio.
Come si può intuire, a Dendera gli studi non si fermano mai, tanto che recentemente alcuni ricercatori hanno aggiunto ulteriori tasselli nella sua storia individuando usi diversi per il tempio: dal luogo di pellegrinaggio per le cure miracolose assicurate dalla dea, al luogo di cura dove si praticavano terapie fisiologiche, psicologiche e magiche; fino al luogo deputato allo svolgimento di processioni e feste nel corso del ciclo astrologico. Gli scavi archeologici negli anni hanno permesso di ritrovare numerose cripte, alcune chiuse all’interno con doppie pareti, in cui si conservavano la statua di Athor ed oggetti rituali. Le ricerche condotte sulle strutture esistenti del tempio di Athor hanno indotto gli studiosi a considerare che si tratti della costruzione effettuata da Tolomeo XII e Cleopatra VII (Netjeret-merites) e delle successive aggiunte di Traiano; una serie di sculture sulle pareti raffigurano proprio Cleopatra VII, ultima regina del Regno tolemaico d’Egitto e ultima sovrana dell’età ellenistica, insieme a suo figlio Ptolemy XV (Cesarione), figlio di Giulio Cesare.
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