Sardegna, nella pancia del promontorio di Capo Caccia tra gallerie, cunicoli, maestose stalagmiti e stalattiti: la bellezza della Grotta di Nettuno
Giovanni Bosi, Alghero / Sardegna
Due chilometri e mezzo nella pancia del promontorio di Capo Caccia tra gallerie, cunicoli, sale, maestose stalagmiti e stalattiti che si riflettono sulle limpide acque di un lago inimmaginabile. E’ lo spettacolo che ti attende nella Grotta di Nettuno, soprattutto quando si arriva via mare, con una vera e propria marcia di avvicinamento nel blu del Mediterraneo più bello. Siamo a due passi da Alghero, nel Parco Naturale Regionale di Porto Conte e nell’Area Marina Protetta di Capo Caccia. L’ingresso alle grotte è suggestivo e annuncia la bellezza della Natura. La creatività senza limiti.
(TurismoItaliaNews) Richiama qualcosa come oltre 150.000 visitatori ogni anno. Persone che arrivano da tutto il mondo desiderose di conoscere e vivere la Sardegna più entusiasmante. Anche perché il mito che la circonda è un motivo ulteriore di attrazione oltre alla bellezza: “Per tutti questa grotta è l’Antro, la grotta dove da sempre si rifugia Nettuno o Poseidon, dio del mare” ci spiegano durante l’escursione. Si può arrivare all’ingresso sul mare con gli agili battelli che le collegano dal porto di Alghero, ma gli amanti del trekking non rinunciano all’idea di una bella escursione che dona scorci mozzafiato attraverso la “escala del Cabirol”. Del resto qui hanno voluto esserci davvero tutti: principi e principesse, re, personalità di spicco, studiosi italiani e stranieri, anche Carlo Alberto principe di Carignano, diventato in seguito Re di Sardegna, ha visitato ben tre volte la grotta, una volta accompagnato dal grande studioso della Sardegna Alberto La Marmora, la seconda insieme al figlio primogenito Vittorio Emanuele, futuro Re d’Italia.
“Siamo tra le falesie a picco sul mare del promontorio di Capo Caccia, dove esiste uno dei gioielli della Natura più affascinanti del Mediterraneo, un luogo da visitare almeno una volta nella vita per ammirarne dal vivo bellezza e fascino” sottolinea ancora la nostra guida mentre in fila indiana cominciamo ad avventurarci (in tutta sicurezza, ovviamente) nel percorso che valorizza ogni scorcio della Grotta di Nettuno. Dall’ingresso, davanti al quale attraccano le barche con i visitatori, si giunge nella grande sala che ospita il Lago La Marmora (dal nome del naturalista e cartografo del XIX secolo): un lago salato dalle acque trasparenti considerato, per le sue misure, uno dei più grandi laghi salati d’Europa. In questo primo tratto di grotta le pareti, parzialmente illuminate dall’esterno, appaiono lucide, a riflessi di marmo di un singolare verde-azzurro; di qua e di là della volta irregolare pendono rare stalattiti in forma di coni rovesciati o piccoli drappi ripiegati in diversi sensi. E’ qui che si erge un’imponente concrezione stalagmitica, alta circa due metri, chiamata Acquasantiera.
E’ solo l’inizio di una serie di meravigliose creazioni, rese ancor più suggestive dall’illuminazione che accentua i colori e le profondità. La Sala delle Rovine (così chiamata per via dei danneggiamenti messi in atto da incauti visitatori nel corso dell’800 e ornata di grandi stalattiti), la Sala della Reggia, “la vera Rotonda nel palazzo della Natura” grazie ad intarsi, mosaici, lavori a traforo combinati in un insieme armonico, che sembra aver seguito le più scrupolose regole dell’architettura; la sala in cui spicca il Grande Organo, la più grande, enorme e imponente colonna della grotta, con colate simili alle canne di un organo. E ancora la Cupola, una formazione stalagmitica dalle pareti perfettamente lisce, unita al soffitto con una sovrastante colonna che stuzzica la fantasia del visitatore ricordando la cupola di una cattedrale; la Sala delle Trine e Merletti; la Tribuna della Musica, ovvero una balconata dalla quale c’è una vista panoramica della grotta dall’alto. I nomi sono evidentemente evocativi, attributi sulla base dei capricci della Natura e delle forme incredibili formatesi nel corso di milioni di anni.
“Il fenomeno carsico che caratterizza la metamorfosi delle candide rocce calcaree della falesie rocciose di Capo Caccia e Punta Giglio, ma anche degli stessi complessi collinari di Monte Doglia ha dato luogo alla formazione, durante le varie ere geologiche, ad un complesso mosaico di grotte emerse e sommerse di notevole valore naturalistico e di interesse internazionale” ci spiegano. E comunque le grotte dell’Area marina protetta di Capo Caccia - Isola Piana fruibili in immersione autorizzata sono ben 14, ma sono oltre un centinaio quelle che costellano i fondali delle riserva protetta.
Ma chi ha scoperto la Grotta di Nettuno? Difficile a dirsi. “Probabilmente un pescatore algherese di nome Ferrandino, intorno alla fine del Settecento. Altre fonti sostengono invece che sia impossibile che i Romani presenti nel Portus Nymphaeus vicino, Porto Conte, intorno al I secolo d.C. non si siano avventurati dentro questa meraviglia. D’altronde, anche nella vicina Grotta Verde, sono stati trovati resti di civiltà risalenti ad epoche antiche e questo sembra confermare tale ipotesi. Il promontorio di Capo Caccia, alto 168 metri, costituisce il lembo più meridionale della cosiddetta piattaforma carbonatica della Nurra ed è un complesso calcareo emerso dal mare ben 70 milioni di anni fa durante il Cretaceo superiore.
Per saperne di più
grottadinettuno.it
www.algheroparks.it










