Quella spada nella roccia nella campagna senese: San Galgano, la splendida Abbazia cistercense e il mito che fa concorrenza a Re Artù
Giovanni Bosi, Chiusdino / Siena
Il bello della storia è che è vera e con un protagonista esistito in carne ed ossa: quella spada nella roccia si trova al suo posto da ben prima che si diffondesse la saga del leggendario condottiero britannico Re Artù, figura centrale nelle vicende raccontate nel XII secolo da Goffredo di Monmouth e dallo scrittore francese Chrétien de Troyes e poi ancora nel poema medievale “Parzival” di Wolfram von Eschenbach datato 1210. Questa è la spada nella roccia di San Galgano, nato a Chiusdino nel 1148. Siamo in Toscana, a due passi dalle rovine della magnifica Abbazia cistercense.
(TurismoItaliaNews) Non bastano gli aggettivi per descrivere le sensazioni che si provano quando ci si trova davanti a quel che resta dell’abbazia immersa nella campagna toscana, a una ventina di chilometri da Siena: la sua silhouette spicca già a distanza e lascia subito presupporre lo splendore che doveva caratterizzarla prima che iniziasse il suo declino nel 1364, con tutte le spoliazioni possibili e immaginabili. E quando si varca l’accesso della struttura in mattoni, c’è la conferma della bellezza, anche solo per quel che rimane: tre navate di 16 campate di pilastri cruciformi delineano una pianta a croce latina di dimensioni considerevoli - 69 metri di lunghezza per 21 di larghezza – con un ampio transetto. E poi l’altezza. Il tutto nel pieno rispetto di quei canoni architettonici fissate dalla regola di San Bernardo di Chiaravalle, l’abate e teologo francese dell’Ordine cistercense, fondatore della celebre abbazia di Clairvaux.
Ma la spada nella roccia? L’abbazia è stata costruita fra il 1220 e il 1268, proprio accanto alla Rotonda, ovvero l’Eremo di Montesiepi, a sua volta eretto sopra alla capanna sulla collina dove San Galgano visse il suo ultimo anno di vita, proprio dove aveva infisso la sua spada nella roccia per confermare la conversione dopo una vita dissoluta. L’episodio accade ben prima del 1181, anno di morte del santo, e documentato negli atti del processo di beatificazione del 1185, quando inizia pure la costruzione della Rotonda.
Ma andiamo per ordine, cominciando proprio dal protagonista della storia, Galgano Guidotti. Sul cognome per la verità c'è qualche incertezza, mentre non c'è alcun dubbio sul fatto che sia realmente esistito come attestano documenti dell'epoca, che lo collocano come anno di nascita nel 1148. Con una storia che è comune a molti santi dell'epoca, a partire da San Francesco d'Assisi: una famiglia nobile alle spalle e una vita di dissolutezze, divertimento e capricci. Finché Galgano, a 32 anni, una notte sogna l'Arcangelo Gabriele e tanto basta per indurlo a convincersi al Cristianesimo. Giro di boa e scelta di vita che trova il suggello in un gesto eclatante, quello che ancora oggi fa parlare di lui: con la spada trafigge una roccia, facendola diventare con l'elsa una croce, quella di Cristo sul Calvario ma anche l'emblema della sua rinuncia agli agi e alle ricchezze della vita terrena.
Nuova vita che lo trasforma in un messaggero di fede, con predicazioni a Siena e dintorni, facendo diventare luogo-simbolo quello che oggi è appunto identificato dalla Rotonda, sorta come detto intorno a quella spada infissa nella roccia, per la quale nel tempo si è dovuto ricorrere a sistemi di protezione perché non è mancato chi ha tentato di cimentarsi nella sua estrazione.
Alla morte di Galgano si apre il percorso che lo condurrà a diventare santo, sulla scorta del miracolo della spada, l'unico – a quanto pare – a lui riconducibile. Così tra il 1220 e il 1268 viene costruita l’Abbazia “come segno della popolazione di grande devozione per San Galgano”, diventata a sua volta testimonial dello stile romanico-gotico. La domanda tuttavia, è scontata: come ha fatto a ridursi così come la vediamo? Consacrata ufficialmente dal Vescovo di Volterra, Alberto Solari, nel 1268, vive una fase di grande splendore fino al 1364, per poi vivere una fase di lunga decadenza e di degrado, persino umano, tanto che nel 1550 il commendatario Girolamo Vitelli arriva a vendere non solo i beni preziosi ma pure il tetto in piombo. Nei secoli si tenta di ridare vita alla costruzione e al convento, ma senza esito, con la conclusione di portare la struttura alla completa rovina. Dal 2017 la proprietà del complesso di San Galgano è stata trasferita dal Mibact al Comune di Chiusdino.
“E' una terra di favole e leggende questa di Chiusdino – spiegano dal Comune - storia reale e immaginazione si incontrano in questo spicchio di Toscana in un modo molto speciale. La tracce partono dall'antichità, ma la realtà sembra perdersi nei segni di fatti straordinari. Persino i monumenti storici sembrano magici. L'Abbazia di San Galgano è una costruzione unica, ferma in un tempo che non sembra appartenere al nostro pianeta. È un tempo dell'anima, e della fantasia. Chiunque vi entri non può evitare di provare un brivido, come essere trasportato in un'altra dimensione, in un tempo allargato, o al di fuori del tempo stesso. Non per caso San Galgano è diventata set di film immaginifici, e palco per grandi opere liriche e musicali”.
In ogni caso di spade infisse nella roccia, in giro ce ne sono diverse, soprattutto in Gran Bretagna: l'abbazia di Melrose, l'abbazia di Kelso e l'abbazia di Jedburg in Scozia, l'abbazia di Tintern in Galles, l'abbazia di Cashel in Irlanda, quelle di Eldena in Germania, di Beauport a Paimpol (Bretagna) e il Convento do Carmo a Lisbona.
Per saperne di più
www.comune.chiusdino.siena.it
www.visittuscany.com