[REPORTAGE ] Sotto le ceneri del vulcano c’è un Patrimonio mondiale: Joya de Cerén racconta la vita quotidiana dei Maya di 1.600 anni fa
Giovanni Bosi, Joya de Cerén / El Salvador
Non mi stupirei di vedere davanti a me alcuni Maya che si aggirano tra le loro case impegnati nelle incombenze quotidiane o lo sciamano intento in attività divinatorie. Se non fosse però che tutto questo accadrebbe nel 600 d.C., pochi minuti prima dell’eruzione del vulcano Loma Caldera. Quello che con le sue ceneri ha sommerso il villaggio facendolo sprofondare per secoli nell’oblio totale. Finché tutto è tornato alla luce raccontando una storia che oggi è Patrimonio dell’Umanità. Siamo a Joya de Cerén, in El Salvador, Paese centroamericano con una grande cultura tra passato e presente.
(TurismoItaliaNews) Crea un’infinità di suggestioni la visita al sito archeologico di Joya de Cerén, villaggio agricolo Maya precolombiano che si è incredibilmente conservato dopo essere stato distrutto dalle ceneri vulcaniche intorno al 600 d.C. Ti aggiri lungo il percorso di visita senza togliere mai gli occhi dalle costruzioni di terra che documentano l’esistenza di una civiltà oggi scomparsa. E per questo eccellente testimonianza della vita quotidiana della gente comune, che ha lasciato dietro di sé utensili, ceramiche, mobili e persino cibo mangiato a metà nella fretta di sfuggire alla potenza devastante dell’eruzione del vulcano Loma Caldera. I vulcani hanno una concentrazione impensabile in El Salvador: sono oltre 170, un patrimonio naturale temibile e affascinante, al pari degli oltre 300 km di costa oceanica, dei tanti siti archeologici ricchi di testimonianze della civiltà Maya e della florida produzione di caffè e cacao, che rendono il Paese una destinazione d’eccellenza dove praticare surf, intraprendere escursioni avventurose e rilassarsi.
Se la vicenda di Pompei ed Ercolano (in particolare per noi italiani) rappresenta un unicum, è pur vero che in giro per il mondo storie analoghe si trovano e questa che El Salvador preserva con grande attaccamento ed entusiasmo, è importante da conoscere e vedere: Joya de Cerén era una comunità agricola preispanica e quanto riportato alla luce, grazie all’eccezionale stato di conservazione, permette di capire la vita quotidiana delle popolazioni centroamericane che in quel periodo erano dedite all’agricoltura.
Finché il vulcano Loma Caldera non ha spazzato via tutto, cristallizzando un momento preciso di quanti vivevano nel villaggio. “L’eccezionalità del sito sta nel fornire una prova unica della continuità dei modi di vita, facilitando la comprensione del rapporto tra le persone di oggi e le attività e credenze passate – ci spiega la nostra giovane guida mentre visitiam il sito archeologico - Joya de Cerén costituisce per questo un simbolo culturale in El Salvador, dove il passato è legato al presente e gioca un ruolo importante nello sviluppo umano della regione. La conservazione e la presentazione del suo significato e dei suoi valori contribuisce all’identità culturale e al senso di appartenenza generati da questo patrimonio culturale che risale almeno 1.400 anni fa”.
Tutto è stato scoperto durante la costruzione di silos per lo stoccaggio del grano nel 1976, quando una struttura in argilla è stata intercettata da un bulldozer; ripresi nel 1989, gli scavi da allora vanno avanti rivelando un patrimonio immenso spalmato su un’estensione di 3.200 ettari. Le circostanze della sepoltura del villaggio hanno garantito l’assoluta autenticità dei resti, come sottolinea l’Unesco; grazie all’ottima conservazione dovuta alla cenere, sono visibili strutture e modalità di costruzione in terra battuta e la planimetria del villaggio è facilmente definibile. Una delle caratteristiche principali di Joya de Cerén è infatti la sua architettura in terra battuta: nell’El Salvador preispanico (a differenza di altre regioni della Mesoamerica) le materie prime come la pietra calcarea utilizzata per l’edilizia Maya non erano disponibili nel raggio di chilometri dalla valle zapotitana, così il progetto architettonico di Joya de Cerén è stato adattato alle risorse e alla geografia locale, in particolare all’uso del terreno come materia prima per costruire edifici e abitazioni, utilizzando diverse tecniche.
I resti sono raggruppati in complessi che comprendono edifici civili, religiosi e domestici. Ad oggi sono state identificate complessivamente 18 strutture e 10 sono state completamente o parzialmente scavate. Tutte le strutture sono fatte di terra e sono stati recuperati elementi importanti come i tetti di paglia e manufatti trovati direttamente sul posto. Ci sono un grande edificio pubblico sul lato di quella che era una piazza, due abitazioni in canniccio e fango (mix altamente resistente ai terremoti), tre magazzini (uno era in fase di ristrutturazione), una cucina e addirittura una sauna Sul lato nord-est della piazza è stato individuato un edificio religioso dedicato alle festività comunitarie e uno dove praticava uno sciamano. La “casa” dello sciamano era evidentemente legata ad attività divinatorie: gli archeologi hanno rinvenuto oggetti curiosi come lumache di mare utilizzate per collane, minerali, ornamenti di cervi, figurine, oltre a vasi ed argani. “Questi erano di un tipo speciale e suggeriscono che la persona che occupava questa struttura fosse una donna – ci spiega la nostra guida - si tratta di un edificio particolare per la sua ubicazione, poiché nella parte più alta del sito e vicina al fiume. La sua architettura ha caratteristiche particolari come pareti sottili, interni stretti e irregolarità nella costruzione, elementi decorativi come grate alle finestre, nicchie e pareti dipinte in rosso e bianco, ed è anche l'unico che ha un murale situato all'ingresso principale”.
L’improvviso abbandono da parte degli abitanti del villaggio ha lasciato utensili e manufatti quotidiani nel luogo di uso originario. Materiali organici, attrezzi da giardino, vasi pieni di fagioli, resti di animali ed oggetti religiosi che normalmente si deteriorano in condizioni tropicali e che qui sono stati invece ritrovati in ottimo stato di conservazione, fornendo informazioni importantissime sulla sussistenza e sulla vita quotidiana degli abitanti. Sono stati scoperti anche diversi campi coltivati con piantine di mais, giardini con una varietà di erbe e di agave, vari alberi da frutto, tra cui guava e cacao. Ecco la straordinarietà di di Joya de Cerén: nelle numerose indagini archeologiche in Mesoamerica, la maggior parte dei ricercatori si è concentrata sulla comprensione della vita dei governanti e delle élite di questi insediamenti. Lo studio scientifico di Joya de Cerén ha fornito invece informazioni dettagliate sulle attività degli antichi agricoltori mesoamericani, sulla loro funzione e sui loro significati, diventando un esempio unico che illustra la vita quotidiana dei Maya che abitavano la zona.
Nel Parco Archeologico Joya de Cerén (siamo nel comune di San Juan Opico, nel dipartimento della Libertad, dove questo posto lo chiamano anche la Pompei d'America) non manca il museo, che espone materiali e utensili domestici rinvenuti negli scavi. E dunque un tour in questo luogo ricco di storia è un'esperienza da provare. Anche perché il contemporaneo paese di Joya de Cerén, a meno di un chilometro dalle strutture scoperte, è composto per lo più da contadini che offrono i loro prodotti in argilla realizzati con tecniche molto simili a quelle degli antichi coloni…
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Giovanni Bosi, giornalista, ha effettuato reportages da numerosi Paesi del mondo. Da Libia e Siria, a Cina e India, dai diversi Paesi del Sud America agli Stati Uniti, fino alle diverse nazioni europee e all’Africa nelle sue mille sfaccettature. Ama particolarmente il tema dell’archeologia e dei beni culturali. Dai suoi articoli emerge una lettura appassionata dei luoghi che visita, di cui racconta le esperienze lì vissute. Come testimone che non si limita a guardare e riferire: i moti del cuore sono sempre in prima linea. E’ autore di libri e pubblicazioni.
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Cata - Central America Tourism Agency
L'Agenzia Promozione Turistica del Centroamerica (Cata) promuove il turismo multi-destinazione a livello internazionale, principalmente nei mercati europei. Fanno attualmente parte di Cata i paesi di Belize, El Salvador, Guatemala, Honduras, Nicaragua e Panama. Nel 2018 è entrata a far parte dell’organizzazione anche la Repubblica Dominicana. La missione è pianificare, coordinare, assistere, eseguire e stimolare la promozione turistica nella regione centroamericana. La visione è quella di promuovere il Centroamerica come multi-destinazione turistica; creare solide sinergie con la catena di valore dell’industria rappresentata nella Federazione delle Camere del Turismo dell’America Centrale, incoraggiando l’adozione di standard di qualità e di buone pratiche che miglioreranno l’esperienza del viaggiatore e rafforzeranno la competitività delle aziende turistiche dell’istmo.