La donazione della Santa Spina: nell’Umbria medievale la celebrazione dell’antica contea di Braccio da Montone
Angelo Benedetti, Montone / Umbria
E’ uno dei borghi più belli d’Italia e lega le sue vicende al nome di Braccio da Montone, uno dei più celebri capitani di ventura del Quattrocento, la cui intuizione politica fu di operare per la nascita di uno stato unico che avesse come capitale Perugia. E’ qui che ogni anno, nel Lunedì dell’Angelo, viene celebrata la donazione della Santa Spina, preziosa reliquia della corona di Cristo. La storia racconta che… Siamo andati a vedere.
(TurismoItaliaNews) Nell’alta Umbria, Montone è uno dei castelli del sistema difensivo di età feudale che a partire dal IX secolo sorsero sulle alture prossime alla strada che da Tifernum, l’attuale Città di Castello, giungeva fino alla piana di Gubbio passando per Forum Iulii Concubiense, l’odierna Pietralunga. Perdersi oggi nel dedalo di viuzze che conducono fino a piazza Braccio Fortebraccio o che salgono alla chiesa e all’attiguo convento di San Francesco dove è allestita la Pinacoteca comunale, è un vero piacere. Le pavimentazioni in pietra, gli scorci suggestivi, le antiche case ben restaurate rivelano un luogo dove la storia è palpabile. Nel punto più alto si vedono ancora i resti della rocca di Braccio Fortebracci, distrutta nel 1478 per volere di papa Sisto IV.
Ma nel Lunedì di Pasqua il cuore del paese è nella Collegiata, le cui origini risalgono al 1300. E’ qui che viene esposta la Santa Spina dopo un suggestivo cerimoniale ambientato ovviamente nel Medioevo che si apre al mattino proprio in piazza Fortebaccio: prima la lettura del “proclama” del Gran Gonfaloniero e poi l’arrivo del conte Carlo Fortebraccio e i suoi soldati a cavallo, con il corteo storico della donazione della Santa Spina, accompagnato dai tamburini e dalle chiarine del Castello. Nel pomeriggio, il mercato medievale dei mestieranti del contado di Montone e dei castelli vicini anima la piazza, mentre gli Arcieri Malatesta e gli Arcatori di Ascesi rendono omaggio alla corte dei Fortebracci con un torneo.
Già, ma come e perché a Montone si conserva una delle spine della corona di Cristo? “Le sacre spine – spiegano nella cittadina - sono il simbolo estremo della passione di Gesù Cristo, segno di una regalità autentica, paradossale rispetto a quelle umane. La storia della corona di Cristo è densa di suggestioni”. Il ritrovamento delle reliquie della passione è attribuito a Sant'Elena, madre dell'imperatore Costantino, la quale durante un pellegrinaggio sul Golgotha, rinvenne la croce e i chiodi della crocefissione. La corona di spine sembrerebbe non far parte del ritrovamento. Tuttavia le prime spine di cui si ha notizia sono quelle donate da Sant’Elena nel 323 a Roma, provenienti da Gerusalemme dove la corona restò certamente fino al IV secolo, presenza confermata da San Paolino da Nola. Fino al 1200, le notizie sono frammentarie e non sempre attendibili.
Nel 1204 la corona di Cristo era venerata a Costantinopoli nella cappella di Santa Maria del Faro. Da questo momento la reliquia divenne oggetto di trattative e scambio. Nella cristianità del XIII secolo, grande manifestazione di devozione e fonte di grande prestigio è il possesso di reliquie, pertanto la corsa al collezionismo da parte di re, stati e città, creò un vero e proprio mercato capace di far lievitare i prezzi di quelle più rare e, cosa di non minor conto, capace di favorire le falsificazioni. L’imperatore di Costantinopoli, Baldovino II, per far fronte alle spese di guerra, ottenne un prestito dai veneziani offrendo in pegno la Corona di spine; alla scadenza del pegno Luigi IX di Francia, il re santo, offrì a Baldovino II il riscatto per la Corona che in questo modo sarebbe stata trasportata in Francia.
I veneziani non accettarono di buon grado l’idea di essersi fatti sfuggire di mano una tale insigne reliquia e dopo lunghe trattative ottennero che la Corona fosse trasportata a Venezia, perché la città godesse dei benefici, seppur temporanei, della sua presenza: la protezione, i favori, il prestigio. Trasportata infine a Parigi, in una solenne processione penitenziale, il re a piedi nudi e vestito da penitente consegna la Corona all’arcivescovo. Al glorioso reliquiario San Luigi fece erigere, nel 1248, la Sainte-Chapelle, e non perse l’occasione di associare la gloria del re a quella di Dio. La corona è oggi custodita a Notre Dame ed è un serto senza spine.
Tra il 1470 e il 1477 Carlo Fortebracci, conte di Montone, per le sue virtù militari, ereditate di certo dal padre Braccio, combatteva al servizio della Serenissima Repubblica di Venezia; qui ricevette in dono una spina della corona del Cristo, la portò in dono a Montone e ne decretò la festa il Lunedì dell'Angelo. La leggenda racconta che la dpina fiorisse il Venerdì Santo emanando un dolcissimo profumo. Il richiamo della reliquia era talmente grande, i pellegrini tanto numerosi, che nei primi anni del '600, per motivi di ordine pubblico, fu ordinata una seconda ostensione. Dal 1798, quando la chiesa di San Francesco fu incendiata, la Spina nel suo prezioso reliquiario è custodita dalle suore del Convento di Sant’Agnese. Se ne festeggia dunque l’ostensione il Lunedì dell’Angelo e la penultima domenica di agosto in un clima intriso di religiosità popolare e storia.
Quel borgo medievale di forma ellissoidale…Possedimento dei marchesi del Colle nel X secolo e poi dei Del Monte, Montone divenne libero Comune nel XII secolo. Dal 1216, e per circa due secoli, fu dominata da Perugia, ad eccezione degli anni fra il 1227 e il 1249 durante i quali fu sotto il controllo di Città di Castello: da qui le lotte tra le famiglie degli Olivi e dei Fortebracci, rispettivamente ostili e favorevoli a Perugia. Il suo momento di maggiore rilevanza politica fu agli inizi del XV secolo, allorché Braccio Fortebracci la usò come base operativa per costituire nell'Italia centrale una signoria sovraregionale indipendente dalla Chiesa. Dopo la morte di Braccio, nel 1424, e la fine del suo progetto politico-militare, rimase sotto il controllo della famiglia Fortebracci fino al 1477, quando il duca di Urbino Federico da Montefeltro la conquistò e la restituì al controllo del pontefice. Nel 1518 fu concessa in feudo da Leone X ai Vitelli, signori di Città di Castello, e nel 1640 tornò definitivamente allo Stato della Chiesa fino all'unità d'Italia: eccettuato il brevissimo periodo dal febbraio 1798 al giugno 1799 quando, sotto la dominazione napoleonica, ospitò una municipalità autonoma. |