SICILIA | Il kouros “ritrovato” di Leontinoi è ritornato a casa: fino al 15 aprile 2025 esposto al Museo Archeologico di Lentini
Fino al 15 aprile 2025 la statua del Kouros, concessa in prestito dal parco archeologico di Siracusa, è esposta al Museo Archeologico di Lentini. L’esposizione, che segna il ritorno a casa dell’antica scultura greca raffigurante un giovane nudo, è stata promossa dal Parco archeologico di Leontinoi e Megara e dall’assessorato regionale dei Beni culturali e identità siciliana, in collaborazione con l’Archeoclub d’Italia sede di Lentini “Sgalambro”. La scultura, che aveva una funzione funeraria o votiva, molto diffusa nel periodo arcaico e classico, è costituita dalla cosiddetta “Testa Biscari”, che si trovava nel Museo civico di Castello Ursino a Catania, e dal “Torso di Leontinoi” del Museo Paolo Orsi di Siracusa.
(TurismoItaliaNews) La presenza del Kouros al Museo regionale rappresenta un’occasione preziosa per ammirare anche gli allestimenti delle sale, dal periodo pre-protostorico al medioevo e delle sue collezioni provenienti dagli scavi di Leontinoi, antica polis greca di fondazione calcidese. L’idea di riunire le due parti venne ipotizzata già dall’archeologo Guido Libertini nel 1930. La querelle sull’effettiva pertinenza delle due sculture a unica statua di età arcaica, ha indotto nel 2018 il compianto Sebastiano Tusa ad avviare un progetto di restauro finalizzato al ricongiungimento dei due diversi pezzi scultorei. E cioè il torso di efebo acefalo acquisito nel 1904 da Paolo Orsi e conservato nel Museo Archeologico Regionale di Siracusa che porta il suo nome, e la Testa Biscari rinvenuta nel Settecento da Ignazio Paternò Castello principe di Biscari.
Il progetto di valorizzazione del Kouros ha mirato a restituirne l’integrità, risolvendo la querelle che da anni impegna la comunità scientifica in supposizioni e ipotesi sull’effettiva pertinenza dei due reperti a unica statua di età arcaica. Tusa considerava il ricongiungimento un vero e proprio nuovo ritrovamento archeologico e così la statua continuerà a essere concepita come una realtà unitaria, non più come due distinti reperti conservati in musei diversi.
Imprescindibile presupposto per l’iniziativa di ricongiungimento sono state le indagini petrografiche e geochimiche promosse dall’associazione LapiS (Lapidei Siciliani) che già nel 2011 avevano rivelato che entrambi gli elementi sono ricavati da uno stesso blocco di marmo, prelevato nell’isola greca di Paros. Ulteriori approfondimenti diagnostici eseguiti durante il restauro dal prof. Lorenzo Lazzarini hanno dimostrato in maniera univoca che testa e collo del giovinetto appartengono alla stessa scultura. La Sicilia non dispone di materiali lapidei paragonabili a un così pregevole marmo bianco a grana media, i blocchi di marmo pario venivano pertanto imbarcati nell’isola delle Cicladi per raggiungere i porti delle colonie siceliote dove li attendevano le botteghe di scultori dalle comuni radici culturali. Per il ricongiungimento dei due reperti con sistemi reversibili si è utilizzato il foro già esistente alla base della testa, troncata nettamente nel Settecento, colmando “la brevissima lacuna” con una protesi in materiale plastico ad alta resistenza appositamente progettata e prototipata.
La rimozione dei depositi e delle incrostazioni che occultavano la tonalità della superficie marmorea della parte posteriore e dei fianchi del torso, riequilibrando le variazioni tonali permette di apprezzarne pienamente i valori materici del materiale costitutivo, quel marmo greco che viene ulteriormente enfatizzato da originali soluzioni illuminotecniche.