Pescara ha un cuore verde dalla Pineta Dannunziana al Kursaal-Aurum, la città punta sulla capacità di essere ever-green
Angelo Benedetti, Pescara
Pescara ha un cuore green. E non solo perché la città in riva all’Adriatico ha davvero un patrimonio verde spalmato un po’ ovunque, ma soprattutto perché possiede una vera e propria riserva naturale regionale. Tutto a due passi dallo storico complesso che è stato la sede del liquorificio Aurum e prima ancora del Kursaal, la cui storia affonda le sue radici nel lontano 1901, quando si diede il via al progetto di valorizzazione del Rione Pineta. E’ la Pineta Dannunziana, conosciuta dai pescaresi come Parco D’Avalos.
(TurismoItaliaNews) Dici Pescara e pensi subito a Gabriele D’Annunzio, che qui è nato. In città il nome è ricorrente e non potrebbe essere diversamente. L’immagine complessiva del capoluogo di provincia, così come il suo assetto urbanistico, è sostanzialmente moderna, “una città giovane” tengono a sottolineare dal Comune, “non perché è diventata città nel 1927, e neppure perché è risuscitata dalle macerie della seconda guerra mondiale con il più alto indice edilizio d’Italia. E neppure perché la sua architettura urbanistica è di pieno Novecento, con stili marcati o con estemporaneo estro del momento che si manifesta nella sovrapposizione. Pescara è nata giovane perché sente su di sé la vocazione alla modernità”. Un bel biglietto da visita.
Dunque un polmone green in piena città, nella zona meridionale. La Pineta Dannunziana è oggi una riserva che si estende per 53 ettari, di cui solo 35 sono testimonianza dell’antica selva che ricopriva gran parte dell’Abruzzo. E che ha molta storia alle spalle. Nell’ottavo secolo era conosciuta come punto di riferimento per i navigatori bizantini che vi trovavano rifugio durante le tempeste in Adriatico. Nel tempo è stata oggetto di continui passaggi di proprietà: nel 1528 Carlo V concesse tutta l’area corrispondente all’attuale Comune di Pescara, a favore di Costanza d’Avulso, duchessa di Francavilla, e dopo la sua morte ad Alfonso d’Avalos. Solo dopo il 1700 è iniziata una utilizzazione economica con la drastica riduzione dell’estensione della salva, con gli alberi che venivano abbattuti per la vendita del legname e per guadagnare terreno da vendere per la sempre più massiccia espansione edilizia. All’inizio del diciottesimo secolo, prima del processo di ridimensionamento, lento ma inesorabile, la pineta era ancora estesa per più di 3.000 ettari.
E tuttavia è ancora rappresentativa di quel tipo di pineta che si trova lungo la costa adriatica, ma di fatto sulle sponde del Mediterraneo. Qui a Pescara sono infatti ancora presenti molte specie di flora caratteristiche della macchia mediterranea, ed ormai in via di estinzione. “Poiché la riserva si inserisce all’interno del tessuto urbano della città – spiegano dal Comune di Pescara - sono state istituite delle zone di rispetto, che impediscono che violente politiche urbanistiche intacchino la riserva naturale. Tre le specie conservate all’interno del parco ci sono il pino d’aleppo, lecci, mirto, l’acero campestre, il verbasco niveo, il ginestrino delle spiagge, i pioppi…”. Peraltro le pinete costiere, di cui l’Abruzzo è ricco, svolgono un ruolo significativo nella protezione delle dune sabbiose riducendo l’erosione della costa.
Così una passeggiata all’interno della Pineta Dannunziana si rivela una sorta di esplorazione in un mondo verde di grande interesse. A due passi, come si diceva, dal complesso del Kursaal e poi dell’Aurum, sorto nel primo decennio del Novecento nell’intento di dotare Pescara di un polo ricreativo con la realizzazione di una struttura balneare inaugurato nel 1910. “Opera dell’architetto Antonio Liberi, a quel tempo indiscusso protagonista dello sviluppo urbano della città – ci spiegano durante la visita alla struttura – il Kursaal, oggi come ieri, ha la capacità e la forza di ammaliare il visitatore, che resta affascinato dalla purezza e delicatezza delle forme, richiamo esplicito allo sviluppo della villa suburbana”. Le decorazioni esplicatamente Liberty della fascia marcapiano e dei capitelli scandiscono le volumetrie del raffinato edificio a doppo loggiato che incornicia l’attuale ingresso dell’Aurum, rendendolo un edificio unico nella sua linearità. Aurum perché con la fine della prima guerra mondiale e il totale abbandono del Kursaal, l’edificio ha cambiato destinazione, diventando la sede di una delle più importantui aziende dell’Abruzzo, il liquorificio famoso “per il liquore a base di acquavite di vino, aromi naturali, zucchero puro, distillati coi più moderni sistema della tecnica, invecchiati naturalmente” per dirla con una pubblicità dell’epoca.
L’ormai ex Kursaal nel 1919 viene acquistato dalla famiglia dell’imprenditore Amedeo Pomilio di Francavilla, che qui ha trasferito la propria attività artigianale di distilleria. Con la crescita dell’attività arriva anche la necessità di ingrandire lo stabilimento ed è a questo punto che l’architetto Giovanni Michelucci (1891-1990), lo stesso che ha progettato la stazione di Santa Maria Novella di Firenze, dà il via alla metamorfosi, con il progetto – poi completato dall’ingegner Zeni – che si rivela uno dei massimi esempi di coesione tra cultura e produttività: l’ampliamento del Kursaal con due grandi ali a forma di ferro di cavallo. Oggi il complesso è diventato una “Fabbrica delle idee”, utilizzato per attività culturali ed espositive, oltre ad essere museo di se stesso.