Sardegna, a Quartu Sant’Elena una storica casa campidanese tramanda la tradizione dei Cantadoris, gli improvvisatori sardi

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Giuseppe Botti, Quartu Sant’Elena / Sardegna

Conosciuta come Sa Dom’e Farraù, a Quartu Sant’Elena è un po’ il sancta sanctorun di una tradizione tipicamente sarda, quella dei Cantadoris, i poeti improvvisatori. Ma racconta anche una bella storia di famiglia, di tradizioni e di attenzione alla cultura locale, oltre ad essere una testimonial dell’architettura del territorio, quando le case quartesi erano costruite con mattoni di fango e paglia essiccati al sole. Siamo andati a vederla.

 

(TurismoItaliaNews) A una manciata di chilometri da Cagliari, Quartu Sant’Elena è un punto di riferimento nella provincia quando si parla di conservazione e valorizzazione del patrimonio poetico ed etnomusicale del Campidano. La città si trova infatti nella parte meridionale della pianura, a un tiro di schioppo dal massiccio montuoso dei Sette Fratelli, nei cui boschi crescono gli alberi dai quali si ricava il sughero, con il monte Serpeddì a fare da sentinella quale cima più alta. La curiosità di arrivare qui è per saperne di più, perché – ci raccontano – questo è il posto giusto in cui è possibile apprezzare le esibizioni dei principali poeti improvvisatori sardi. Ma questo – neanche a dirlo – è territorio di nuraghi: ce ne sono ben trentotto e quello principale è il Nuraghe Diana.

Sardegna, a Quartu Sant’Elena una storica casa campidanese tramanda la tradizione dei Cantadoris, gli improvvisatori sardi

Sardegna, a Quartu Sant’Elena una storica casa campidanese tramanda la tradizione dei Cantadoris, gli improvvisatori sardi

Dal punto di vista urbanistico, quando visiti la città ti senti un po’ spiazzato, soprattutto quando arrivi al Palazzo comunale, decisamente fuori scala considerando l’insieme circostante. Ma di certo, Quartù ha saputo difendere nel tempo quanto di bello e buono ha saputo tramandare ai posteri. Come ad esempio Sa Dom’e Farraù, il complesso oggi di proprietà comunale, il cui nome si traduce in “stanza della farina” e che richiama lo spazio deputato alla lavorazione del grano in casa. Di fatto è una casa campidanese delle origini, una dimora storica oggi dedicata all’esposizione di oggetti della tradizione contadina e di cultura popolare, individuata come museo dei Cantadoris e punto di riferimento per quanti promuovono l’identità quartese e sarda. Uno spazio insomma importante. Da visitare ovviamente, facendosi raccontare ogni suo segreto.

Realizzata verosimilmente nel corso del XIX secolo, è stata il quartier generale dell’attività di macellazione e vendita della carne da parte della famiglia Lai. “Questo è infatti il punto più vivace e centrale della Quartu dell’epoca - ci dice la nostra guida - la grande casa padronale è stata costruita nella prima metà del diciannovesimo secolo e il suo primo abitante conosciuto, grazie ai documenti conservati nell'archivio storico, è stato il macellaio e minutiere Carlo Lai, che aveva aperto qui la prima bottega de su crannazzeri”. La storia di famiglia è di quelle che dà l’imprimatur ad un indirizzo culturale ante-litteram. Il figlio di Carlo, Franceschino, anche lui macellaio, allevatore e noto cantadore, continuando l’attività paterna utilizzò l’immobile ad abitazione privata, spazio commerciale ma anche e culturale, facendola diventare un punto di ritrovo per i compositori poetici che si cimentavano in sfide di improvvisazione di canto campidanese. Tra questi, spicca il nome di Mimmino Moi, allievo e figlioccio di Francesco, che proprio tra le mura di Sa Dom’e Farraù ha imparato l’arte dell’improvvisazione.

Sardegna, a Quartu Sant’Elena una storica casa campidanese tramanda la tradizione dei Cantadoris, gli improvvisatori sardi

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“La struttura esterna del complesso si caratterizza per richiami architettonici classicheggianti che sembrano rimandare a interventi successivi, ma rimangono gli elementi piu caratteristici dell'architettura tradizionale nell’ampio portico con arco a tutto sesto sulla via Eligio Porcu, che conserva le iniziali F.L. del proprietario, e nella grande corte interna, intorno alla quale si distribuiscono gli ambienti dedicati al lavoro agricolo e quelli destinati ad abitazione” aggiunge la nostra guida. Il nucleo originario, anche in questo caso, è stato costruito secondo la tradizione in pietra e ladiri, i mattoni crudi di fango e paglia. Nel tempo, la proprietà è cambiata, finché nel 2008 la casa-museo (primo museo etnografico della Sardegna) è stata ceduta dalla Regione Sardegna al Comune di Quartu “come simbolo identitario della comunità quartese e della cultura contadina del Campidano”, conferendole “il ruolo di casa della comunità per la conservazione delle sue origini agricole e la valorizzazione del sapere degli avi e rappresenta un punto di attrazione per turisti e visitatori”.

“Oggi Sa Dom’e Farraù è un museo moderno e funzionale che ben valorizza un’arte storicamente forte nella nostra comunità – ha sottolineato l’assessore alle Politiche Sociali e Generazionali, Marco Camboni – con il suo recupero abbiamo restituito alla città un luogo identitario che valorizza un’arte storicamente forte nella nostra comunità”.

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