Rossano, Calabria: la città del Codex e della liquirizia

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Giovanni Bosi, Rossano / Calabria

Nell’antichità la chiamavano la Perla bizantina della Calabria, addiritura la Ravenna del sud. Oggi la città di Rossano, adagiata sulla fascia orientale della piana di Sibari, tra la Sila e la costa ionica, in Calabria, è famosa per essere la custode del famosissimo “Codex Purpureus Rossanensis”, l’evangeliario greco del V-VI secolo di origine mediorientale, portato qui probabilmente da qualche monaco in fuga dall’oriente durante l’invasione degli arabi tra il nono e il decimo secolo. Ma Rossano è nota anche per un prodotto d’eccellenza: la liquirizia. E il museo “Giorgio Amarelli” ne è il testimonial.

 

(TurismoItaliaNews) Rossano, in provincia di Cosenza, val bene una visita. E per diversi motivi. La cattedrale di Maria Santissima Achiropita è famosissima per l'antica immagine della Madonna non dipinta secondo la tradizione da una mano umana, di datazione probabile tra il 580 la prima metà dell’ottavo secolo. Nel 1879 nella sacrestia venne ritrovato da Adolf von Harnack il Codice Porpureo, l’evangeliario in lingua greca del 550. È composto di 188 fogli di pergamena su cui sono scritti e decorati i Vangeli di Matteo e di Marco, oltre ad una lettera di Eusebio a Carpiano sulla concordanza dei testi sacri. In origine conteneva tutti e quattro i vangeli canonici, come si evince dalla prima miniatura che contiene i simboli dei quattro evangelisti e soprattutto dalla presenza delle concordanze eusebiane, e pertanto doveva contare almeno 400 fogli.

Il manoscritto riporta testi vergati in oro e argento, scritti in eleganti caratteri onciali, ed è impreziosito da 15 miniature che illustrano i momenti più significativi della vita di Gesù. 

Sulla montagna rossanese, tra la contrada rurale Piragineti e Corigliano, ci sono poi Chiesa e Monastero di Santa Maria Nuova Odigitria, fondati tra il 1090 ed il 1101-1105, da Bartolomeo da Sieri e voluti dai Normanni, poco dopo la conquista di Rossano e la fine del dominio bizantino in Italia (1059-1060).

In questo maestoso impianto monastico, si fondono, per la prima volta nella storia della città, le culture, le sensibilità, le tecniche architettoniche ed artistiche, bizantina, normanna ed araba. Fu per secoli un luogo di preghiera e di incontro con l'assoluto, ma anche un centro culturale tra i più qualificati e rinomati del Sud, con il suo Scriptorium ( in cui i monaci amanuensi trascrivevano, conservavano e trasmettevano ai posteri la sapienza greco-romana-pagana e quella cristiana) e la sua biblioteca ricca di testi e codici antichi. Ancora oggi il Patire è l’edificio sacro che rappresenta bene gli splendori della religiosità e della maestosa bellezza artistica della Rossano Bizantina: misteriosi e splendidi i diversi mosaici del pavimento.

Ma di certo chi dice Rossano dice liquirizia. E se da queste parti si dice liquirizia, si intende subito Amarelli con il museo. La famiglia Amarelli ha voluto fortemente la realizzazione della struttura espositiva nella volontà di pre­sentare al pubblico una singolare esperienza imprenditoriale che risale al 1731, ma anche la storia di un prodotto unico strettamente legato al territorio. 

Una storia di lavoro, di cultura, di impresa, di tradizioni, che affonda le sue radici nella terra di Calabria, a Rossano, in contrada Amarelli e che rivive quotidianamente nel Museo della Liquirizia, a cui l’Italia nel 2004 ha dedicato anche un francobollo. 

La sede non poteva che essere la storica residenza di impianto quattrocentesco, da sempre dimora e centro degli interessi della famiglia Amarelli. L’imponente edificio, ingentilito da decori seicenteschi, è affiancato da un delizioso giardino di agrumi e da una piccola chiesa, parti integranti dell'ampio complesso. 

L'esposizione inizia dall'atrio, in cui si apre un ambiente con alcune vestigia di una mobilità di altri tempi: ruote di carrozze, vecchie biciclette, lanterne e le uniformi di cocchieri e palafrenieri corre­date da bottoni con gli stemmi di famiglia. Lungo le scale, in un piccolo vano, le eleganti gualdrappe dei cavalli con i monogrammi intrecciati.

A fianco dell’ingresso il logo degli Hénokiens, la prestigiosa associazione internazionale che riuni­sce le aziende familiari bicentenarie di tutto il mondo e della quale Pina Amarelli è stata presidente.

Appena entrati l'attenzione va alla storia familiare, proposta attraverso incisioni, documenti, libri e vecchie foto, ad illustrare una sorprendente holding ante litteram: agricoltura, impresa, cultura, politica e valore militare. Una grande vetrina esagonale conferisce una nota di colore e dimostra, con abiti e testimonianze di un'intensa vita sociale, l'appartenenza della famiglia alle élites dei secoli passati.

Nello spazio sovrastante sono ospitati i segni della prima organizzazione del latifondo: finimenti, utensili agricoli e oggetti di vita quotidiana in campagna. E finalmente la storia della liquirizia, elemento basilare dell'impianto narrativo, che parte da un ramo sotterraneo della pianta e dalla sua prima icona in un antico codice, affiancata da documenti della sua ìniziale lavorazione nei "conci" della zona. Ai centro della galleria il sistema di produ­zione tradizionale, dalle balle di radice agli attrezzi manuali, dalle forme di porcellana agli stampi in bronzo, fino ai primi macchinari sperimentali. 

Produzione significa anche amministrazione, attestata da numerose tracce sui meccanismi di gestione fra il ‘700 e l’800: registri, libri contabili e corrispondenza tra produttori e con le autorità di governo. Sulla parete opposta i percorsi della commercializzazione e le forme di trasporto, dai buoi ai bastimenti; dai treni al sogno dell'idrovolante; accanto le lettere dei fornitori e dei clien­ti fino alla documentazione dell'attuale mercato globale e, infine, la divertente citazione di un film dedicato alla liquirizia. 

In un piccolo ambiente il vecchio ufficio spedizioni, con le casse di legno, i timbri, le fatture ed il progenitore delle odierne fotocopiatrici. Agli estremi della galleria da un lato la ricostruzione di un angolo ottocentesco con oggetti e confezioni d'epoca, dall'altro il banco e gli scaffali con la “musealizzazione” di tutto quanto oggi produce l'Amarelli, sullo sfondo di una vetrata che fa intra­vedere la lavorazione attuale. 

Infine il punto informatico, strumento didattico a supporto del percorso di visita, dal quale si può accedere ai dati sul mondo della liquirizia e navigare tra gli innumerevoli siti che parlano di questo delizioso prodotto calabrese e del suo museo, mentre scorre il filmato della lavorazione. 

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