Nel Castello di Venafro i cavalli tridimensionali a grandezza naturale del Conte Pandone: passione e bellezza di cinque secoli fa

Giovanni Bosi, Venafro / Molise
Lo stupore è inevitabile quando ti trovi davanti a tanta passione. E bellezza. Passione sì, perché se oggi il Castello Pandone, a Venafro, conserva stupefacenti cavalli a grandezza naturale affrescati con una tecnica antesignana del 3D, si deve ad Enrico Pandone (proprietario del maniero trasformato in una dimora signorile) che tra il 1522 e il 1527 ha fatto dipingere le stanze del piano nobile con la raffigurazione degli stalloni delle scuderie reali, che lui stesso allevava. Il castello, che domina con la sua mole la bella cittadina in provincia di Isernia, oltre che museo di se stesso è anche sede del Museo nazionale del Molise, con opere d’arte provenienti da chiese e collezioni della regione e non solo.
(TurismoItaliaNews) Per chi viaggia in Molise, Venafro è una piacevole sosta e un’autentica scoperta per quanti non sono mai arrivati da queste parti. Sfatando un modo di dire che non ha né capo né coda, il Molise esiste eccome ed è straordinariamente bello con le sue montagne, le sue vallate, i piccoli borghi, le città d’arte, il mare. Un territorio talmente ricco e variegato, che appaga l’occhio e soddisfatta il viaggiatore. E una popolazione così accogliente e desiderosa di mostrare con orgoglio le bellezze della propria realtà. Come a Venafro appunto, una sorta di borgo fortificato lungo la scarpata della montagna, dove spiccano la sagoma di Castello Pandone, cupole e campanili delle sue chiese. E come spesso accade, la bellezza è all’interno dei tanti edifici che compongono la cittadina, anche se aggirarsi per le sue stradine quando il sole gioca con i chiaroscuri, è altrettanto coinvolgente.
In questa parte del Molise siamo nel cuore del Parco regionale dell'Olivo di Venafro, prima area protetta dedicata a questa millenaria coltura, unica nel suo genere nel Mediterraneo. Una tradizione che qui parte davvero da lontano, se si considera che i Romani ritenevano l’olio prodotto in questo territorio il più pregiato del mondo antico. Inserito nel 2018 dal Mibact nel Registro Nazionale dei Paesaggi rurali, il parco è stato voluto anche occasione di riscatto per un luogo penalizzato negli ultimi decenni dall’incuria e dall’abbandono, a dispetto delle sue qualità paesaggistiche, naturalistiche e storiche.
Arrivando a Venafro non si può che andare subito al Castello Pandone. La sua posizione, che induce a guardarlo dal basso verso l’alto, lo rende ancor più possente con le tre grandi torri cir-colari a base troncoconica. Le origini della struttura si perdono nella notte dei tempi a giudicare dal nucleo più antico individuabile alla base del mastio longobardo realizzato con la tecnica megalitica. Di qui sono passati in tanti nel corso dei secoli e tutti hanno lasciato qualcosa: “ Lo sviluppo del complesso fortificato risale nella seconda metà del decimo se-colo – ci viene spiegato durante la nostra visita – con l’avvento dei Normanni, il castello e il borgo hanno subìto danni ingenti ad opera dalle truppe di re Ruggero II d’Altavilla. Nel periodo angioino sono stati realizzati il fossato e le tre grandi torri cir-colari. Nel 1443, con gli Aragonesi il castello è passato alla famiglia Pandone, con Enrico che lo ha convertito in una residenza di rappresentanza di altissimo livello”.
E qui comincia la storia degli incredibili cavalli dipinti: La tecnica esecutiva è quella dell’intonaco a rilievo affrescato. Ogni esemplare presenta il monogramma del conte Enrico, una H circoscritta, il morso illusionistico del cavallo, appeso a un chiodo, e una didascalia contenente il nome del cavallo, la razza, l’età e i destinatari, dettaglio che rivela la fitta rete di relazioni politiche del conte”. E’ quasi una sorta di “album fotografico”: il conte allevava stalloni che poi amava regalare ad amici ed alleati, per lo più nobili italiani come raccontano le dettagliate didascalie al di sotto di ciascun equino, incluso il cavallo andato in dono all’imperatore Carlo V. La tecnica esecutiva utilizzata per dipingere i cavalli, intonaco a rilievo affrescato, induce gli storici dell’arte a ritenere che la bottega incaricata dell’impresa sia stata di probabile provenienza napoletana.
Altrettanto suggestivo, per le sue dimensioni, è il salone delle feste, lo spazio più ampio del piano nobile del castello, dove si può intuire la successione spazio-temporale degli affreschi delle varie epoche. La decorazione del fascione superiore presenta infatti una serie di raffigurazioni come paesaggi, scene di caccia, momenti di vita cittadina con scorci urbani e paesaggi esotici che riflettono l’eco delle scoperte geografiche nell’epoca di realizzazione. Tanto che entrare nel castello di Venafro si rivela un viaggio nell’arte pittorica di ben diciassette secoli: dai cavalli del conte Enrico affrescati a grandezza naturale nel Cinquecento, alle collezioni del Museo Nazionale tra età paleocristiana ed età moderna proposte al secondo piano.
“Il percorso è concepito come una linea del tempo che partendo dalle testimonianze pittoriche provenienti da Santa Maria delle Monache di Isernia, risalenti al VII secolo, giunge all’inizio del XX secolo con le xilografie, le fotografie e gli acquerelli raffiguranti il territorio molisano della Collezione Musa. Tra queste opere c’è il polittico di alabastro proveniente dalla Chiesa dell’Annunziata di Venafro” ci spiegano. Il Museo ospita anche opere provenienti dai depositi dei Musei di Capodimonte e San Martino a Napoli, della Galleria Nazionale d’Arte Antica di Roma e del Palazzo Reale di Caserta. E dal terrazzo del castello il colpo d’occhio sulla piana di Venafro è stupendo.
Museo Nazionale di Castello Pandone
Via Tre Cappelle, Venafro (Is)
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www.musei.molise.beniculturali.it
www.castellopandone.beniculturali.it
www.comune.venafro.is.it
www.parcodellolivodivenafro.eu
Giovanni Bosi, giornalista, ha effettuato reportages da numerosi Paesi del mondo. Da Libia e Siria, a Cina e India, dai diversi Paesi del Sud America agli Stati Uniti, fino alle diverse nazioni europee e all’Africa nelle sue mille sfaccettature. Ama particolarmente il tema dell’archeologia e dei beni culturali. Dai suoi articoli emerge una lettura appassionata dei luoghi che visita, di cui racconta le esperienze lì vissute. Come testimone che non si limita a guardare e riferire: i moti del cuore sono sempre in prima linea. E’ autore di libri e pubblicazioni.
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