Le sculture di Aguas Calientes, Perù: in mezzo alle Ande opere d’arte raccontano la cosmovisione degli Inca

Giovanni Bosi, Aguas Calientes - Machu Picchu / Perù
Conosciuta più per essere “l’approdo” delle migliaia di turisti che quotidianamente raggiungono lo storico santuario di Machu Picchu, la cittadina di Aguas Calientes ormai non vuol più vivere di luce riflessa. E così sulle sponde del fiume Urubamba hanno deciso di creare nuovi pretesti per visitare ed apprezzare questo centro abitato capolinea della strada ferrata delle Ande, a partire da una lunga e complessa riqualificazione urbana. Che sta trasformando le rocce affioranti qua e là, in sculture d’autore che raccontano la cultura Inca. Siamo in Perù.
(TurismoItaliaNews) Il suo nome ufficiale è Machupicchu Pueblo ed è un villaggio della regione di Cuzco, capoluogo del distretto di Machupicchu, ma tutti la conoscono come Aguas Calientes. E qui che terminano la loro corsa i trenini che partono proprio dall’altra città Patrimonio dell’Umanità, Cuzco, e transitando anche per Ollantaytambo trasportano in un viaggio di grandi suggestioni, in mezzo alle Ande, i turisti desiderosi di vedere la grande star del Perù: Machu Picchu.
In genere ad Aguas Calientes si arriva nel pomeriggio per concedersi poi una breve notte di riposo: ci si sveglia infatti prestissimo per accaparrarsi un posto sulle navette che fanno la spola verso Machu Picchu, a 2.430 metri di quota, nel mezzo di una foresta tropicale montana, in un ambiente straordinariamente bello. Oppure, per i più allenati, per affrontare a piedi il percorso che separa il villaggio dal sito Unesco, giusto in tempo per arrivare a godersi l’alba davanti alle vestigia di quella che è una delle più grandi realizzazioni umane artistiche, architettoniche e di utilizzo del territorio, oltre che il più significativo patrimonio tangibile della civiltà Inca. Ma anche Aguas Calientes vuol dire la sua.
Sì, è vero che qui si può visitare il Museo Manuel Chavez Ballon (che fornisce notizie dettagliate sul sito archeologico che di lì a qualche ora si andrà a visitare), oppure andare ai Baños Termales, le sorgenti termali che danno il nome alla località, dove rilassarsi prima o dopo le escursioni andine. O, ancora, attardarsi in caffetterie e ristoranti in Plaza Manco Capac, il cuore di Machupicchu Pueblo intitolato al fondatore dell’impero Inca di Cuzco. Oppure perdersi nel dedalo delle bancarelle del mercato coperto. Adesso, però, c’è di più. L’amministrazione municipale ha voluto che le rocce disseminate in particolare nella zona del quartiere di Wiñayhuayna, fossero trasformate da gelido granito ad appassionate pagine di un libro unico, attraverso il concorso “Pachamama Rimac”.
Così, quando arriviamo ad Aguas Calientes, troviamo i rappresentanti del Gobierno Municipal ad attenderci, desiderosi di condurci lungo il percorso artistico. E ci rendiamo conto che gli artisti sono stati chiamati a cimentarsi in qualcosa di grande impatto e pure di grande valore simbolico. A partire dalla Pachamama, ovvero la Madre Terra, generatrice di vita e sostentamento. “Si dice che sia la moglie di Pachamac, creatore del mondo, è anche la madre di Inti, il dio Sole, e Kill, la dea Luna – ci spiegano - gli Incas hanno sacrificato i lama per la Pachamama, con l’auspicio di buoni raccolti, per attirare ricchezza e respingere le forze cattive o negative”. C’è poi la scultura che rappresenta il Dio Wiracocha, emergente dalla natura, manifestazione fisica di Dio, trasformatosi da essere antropomorfo ad uomo. “L’espressione dell’innata saggezza di Dio onnipotente, creatore dell’origine e dell’equilibrio dell’universo” chiosa il nostro accompagnatore.
L’artista, con un delicato scalpello e una cruda volontà, in un’altra opera imponente ha rappresentato il nobile Senor de Torrechayoq, come una combinazione tra le due religioni (quella cattolica e quella andina) dalla cui unione emergono la sensazione e la vita del credo contemporaneo. Proseguiamo il percorso fino a trovarci davanti alla scultura in cui, in stile contemporaneo, gli artisti hanno rappresentato una donna incinta che simboleggia la Pachamama nella sua dimensione materna, con i capelli che identificano il ciclo di trasmissione della conoscenza e della saggezza femminile dell’essere andino, di generazione in generazione. Con un’altra opera monumentale gli artisti hanno voluto rappresentare lo spirito protettivo della roccia, in cui un bambino viene salvato e protetto dalle acque turbolente di Huayco: il piccolo rappresenta la città di Machu Picchu e alle estremità della scultura alcune linee ondulate con macchie rossastre raffigurano le acque turbolenti e le rocce.
E’ bello scoprire quanta creatività è stata applicata e soprattutto quanto calore emerge dalla pur fredda roccia grigia: in una scultura si può apprezzare lo stile naturalistico attraverso il quale l’autore cerca di perpetuare il colibrì nel momento in cui assapora il dolce nettare del fiore dell’orchidea, richiamando la magia della vita e la ricerca del bene e della bellezza di ogni giorno. Non mancano scene di vita quotidiana, come il baratto del passato e il commercio di oggi, forme di relazioni sociali che da sempre hanno costituito uno dei principali rapporti tra le Quechuas (Ande) e il Qollas (altipiano). Un interscambio che ha dato origine alla danza del Qollas. Da vedere anche la scultura che simboleggia una danza meticcia eseguita da ragazze chiamate huayna: rappresenta la gioia dei giovani che esprimono un amore che porterà a nuovi matrimoni.
E non poteva mancare un altorilievo che mostra un “incontro proibito” in cui si immortala l’amore impossibile: unire il dio Wayra (il vento) e la Pachamama nella sua dimensione fertile e più femminile. O ancora, con uno stile figurativo, la rappresentazione magistrale di una famiglia Inca che ammira l’Apu Putucusi (la montagna sul lato opposto del fiume Urubamba a Machu Picchu) e altre divinità del magico mondo religioso andino: è un delicato dettaglio dell’ammirazione dell’Inca e del Coya (la moglie) verso il loro bambino, che li ricambia con un’espressione tenera, a simboleggiare l’alto valore dell’unità familiare. Questa galleria all’aperto è destinata ad arricchirsi, per continuare a fornire un autentico approfondimento sulla cosmovisione andina, rendendo Machupicchu Pueblo una destinazione con un proprio valore e non più solo un capolinea ferroviario.
Per saperne di più
www.munimachupicchu.gob.pe
Fb gobiernomunicipaldemachupicchu
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Giovanni Bosi, giornalista, ha effettuato reportages da numerosi Paesi del mondo. Da Libia e Siria, a Cina e India, dai diversi Paesi del Sud America agli Stati Uniti, fino alle diverse nazioni europee e all’Africa nelle sue mille sfaccettature. Ama particolarmente il tema dell’archeologia e dei beni culturali. Dai suoi articoli emerge una lettura appassionata dei luoghi che visita, di cui racconta le esperienze lì vissute. Come testimone che non si limita a guardare e riferire: i moti del cuore sono sempre in prima linea. E’ autore di libri e pubblicazioni.
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