Su e giù per il cuore di Rivello, ecco il borgo dell’Appennino lucano che cela tesori e voglia di farsi amare dai viaggiatori
Giovanni Bosi, Rivello / Basilicata
Un po’ di fiatone ti viene andando su e giù per le scalette di cui il cuore di Rivello è costellato. Ma a ben guardare è proprio questo il bello del piccolo borgo in provincia di Potenza. Considerata l’erede dell’antica città lucana di Sirinos, esistente già nel periodo pre-romano, oggi questa gemma in mezzo all’Appennino racconta tutto il suo passato con ogni chiesa, ogni edificio, ogni viuzza. E passeggiando nel centro storico sembra quasi di avvertire il vocìo delle donne occupate a ricamare sull’uscio di casa, dei bambini intenti a giocare a tuzza muro o a mazza e pizzico, i rumori degli arnesi degli artigiani, i profumi delle cucine inondare ogni angolo di paese.
Arrivando da Lagonegro in direzione di Maratea, Rivello appare all’improvviso sulla sinistra, sul versante opposto dell’Appennino e capisci subito perché i suoi abitanti tengono a dire che il loro paese è il più fotografato d’Italia. Senza neppure sapere che posto fosse (l’ho scoperto solo in seguito) non ho esitato a fermarmi per qualche scatto. Troppo bello per farselo scappare. E chissà se ci vado, ho pensato. Invece è giocoforza andare a Rivello, perché è un’attrazione e conserva tesori imprevedibili.
A partire proprio dal borgo, dal centro storico reso affascinante proprio dal fatto di essersi sviluppo nei secoli su più alture e digradando verso le valli. I dislivelli, gli sbalzi, i limitatissimi spazi in piano, i terrazzamenti naturali o dovuti all’azione dell’uomo hanno condizionato l’articolazione del paese e delle sue case, alcune in stile Liberty, che in alcuni punti appaiono addirittura altissime. In una strada puoi entrare al pianterreno di un palazzetto e trovarti sul lato opposto ad affacciarti ad una finestra che è al terzo piano… Il paese funziona per rioni e contrade, tuttora identificabili, secondo un prevalente impianto dell’Alto Medioevo.
Come il Rione Rotale, sorto probabilmente attorno ad una masseria situata lungo la vecchia mulattiera che conduceva nel Cilento. O il rione Medichetta, il cui nome potrebbe aver avuto origine dalla coltivazione dell’erba medica. E tantissimi altri, dove si viveva principalmente di artigianato legato alla cultura contadina e pastorale. Oggi tante famiglie si sono trasferite nelle zone nuove, più in basso, come nell’area dello straordinario monastero di Sant’Antonio di Padova. Da queste parti passava la Via Popilia, la Via Capua – Regium, strada romana costruita nel 132 a.C., di cui Rivello è stata una stazione di posta, con tutte le conseguenze culturali ed artistiche che ne derivano per essere stato un luogo di transito strategico.
La distesa di edifici che si può ammirare con un formidabile colpo d’occhio dalla piazzettina della chiesa di San Nicola, consente di veder spuntare qua e là cupole e campanili di ben ventitré fra chiese e cappelle (come la chiesa di Santa Maria del Poggio, scenograficamente innalzata come una fortezza sul Poggio) che raccontano anche di riti religiosi diversi praticati qui fino a non troppo tempo fa. E c’è anche un’altra particolarità: la gente di Rivello e delle sue contrade parla un dialetto gallo-italico riscontrabile anche in altri paesi dell’interno della Basilicata, in cui si riscontrano caratteristiche soprattutto fonetiche di tipo settentrionale, appartenenti cioè a parlate della famiglia dei galloitalici del nord Italia.
Esplorato il cuore di Rivello, è irrinunciabile la visita al monastero di sant’Antonio, costruito a partire dal primissimo Cinquecento e diventato nel tempo un centro di cultura grazie alla sua ricca biblioteca. Anche questo luogo è tutta una scoperta, a partire dalle arcate esterne della chiesa arricchite dagli affreschi di Girolamo Todisco realizzati tra il 1616 e il 1634, in cui spicca un’opera più unica che rara: la Crocifissione dei Martiri Francescani del Giappone. Il pezzo forte è tuttavia la magnifica Ultima Cena, sempre di Giovanni Todisco, fonte inesauribile di informazioni: non solo perché vi sono raffigurati i suoi committenti con tanto di servitori in abiti rinascimentali, ma perché a tavola vi sono cibi che tuttora costituiscono i capisaldi della tradizione gastronomica di questo territorio. E’ meraviglioso e a Rivello sono orgogliosi di conservare questo capolavoro. Il piano superiore del monastero è invece destinato al museo archeologico in cui sono raccolti reperti provenienti da tutta l’area del fiume Noce (l’antico Talao) e da quella del Lao. Il Comune ha pure deciso di destinare la parte ricostruita del monastero, a Centro internazionale di specializzazione sulla dieta mediterranea patrimonio Unesco, il “Med”, come mi spiega il sindaco Francesco Altieri.
Quando lasci Rivello, porti via con te qualcosa del suo fascino immutato nel tempo. Inclusa la volontà della sua gente di rinverdire le potenzialità del borgo facendo leva sul suo patrimonio e sulle sue qualità storiche ed ambientali. Sono certo che riusciranno nel loro intento.
Per saperne di più
www.percorsilucani.it
www.comune.rivello.pz.it