Plaza de Mayo, Buenos Aires: davanti alla Casa Rosada si respira l’aria della libertà

Giovanni Bosi, Buenos Aires / Argentina
Plaza de Mayo è un luogo simbolo di Buenos Aires. E’ lo spazio della protesta per antonomasia, dove il popolo argentino ha fatto sempre sentire la sua voce, dalla cacciata degli spagnoli a quella dei militari violenti e dei presidenti che hanno provocato il crac economico negli anni Ottanta. In questa piazza si respira a pieni polmoni la storia del Paese sudamericano, che ancora oggi si fronteggia con gli inquilini della Casa Rosada, la casa del Presidente.
(TurismoItaliaNews) La piazza non è grandissima, è piuttosto il suo significato, il suo essere testimonianza tangibile dell’espressione popolare a farla considerare l’ombelico di Buenos Aires. Plaza de Mayo, oggi come ieri, è pronta ad accogliere una moltitudine di gente che vuol far sentire la sua voce, protestare contro questo o quello. Certo, a distanza di anni dalla gravissima crisi economica del 2001 di cui ancora si rilevano gli effetti, questa piazza resta l’emblema della mobilitazione.
E non solo perché qui ogni giovedì pomeriggio, dalle 15.30 alle 16, si ritrovano le madri dei desaparecidos, le persone scomparse durante la dittatura dei militari: per ricordare le atrocità commesse, dalle torture agli omicidi, sfilano silenziosamente intorno alla piramide su cui è scolpita la data simbolica del 25 maggio 1810, giorno della costituzione del primo governo indipendente argentino dopo la cacciata del viceré spagnolo da parte dei portenos. In terra, sulla pavimentazione a blocchetti un cerchio bianco identifica il loro cammino simbolico.
Questa piazza è in realtà il luogo della contestazione per antonomasia: è qui che gli argentini sono scesi quando il governo ha deciso di nazionalizzare i risparmi in banca dopo la crisi del 2001 ed è qui che oggi protestano i pensionati o i reduci della guerra-lampo del 1982 per le Falkland-Malvinas, ai quali è stato tolto il vitalizio da parte dell’attuale governo di Cristina Fernàndez de Kirchner, moglie di Nèstor Kirchner presidente all’epoca del crac argentino. Alcune croci bianche piantate nei giardini della piazza celebrano i morti delle Malvinas, una guerra temeraria voluta dal regime militare per distrarre gli argentini dai problemi politici e dagli scandali che affliggevano il Paese in quegli anni, facendo leva sul sentimento popolare per una ferita mai rimarginata: geograficamente le Malvinas sono argentine, ma politicamente dal 1833 sono territorio britannico e gli abitanti si considerano sudditi di Sua Maestà a tutti gli effetti.
Il grande sogno di far tornare a sventolare la bandiera biancoceleste su quella colonia, è svanito appena due mesi dopo l’apertura delle ostilità, con la vittoria delle forze del Regno Unito guidate dal principe Edward in persona e provocando il crollo del regime e il ritorno alla democrazia. Una democrazia tuttavia solo sulla carta, se si considera che ha portato l’impunità per i militari che avevano firmato la tragedia dei desaparecidos.
Se il 2001 è relativamente lontano, la crisi è ben più di uno spettro che ancora aleggia. A dimostrarlo c’è il popolo dei cartoneros, che vive “riciclando” quello che può, rovistando qua e là, per mettere insieme pochi pesos per sopravvivere. Ma perché proprio Plaza de Mayo? E’ su questa piazza – che secondo la storia coinciderebbe con il luogo del primo accampamento spagnolo, a qualche chilometro dal Rio de la Plata – si affaccia la Casa Rosada, la residenza del presidente. Lo stesso palazzo in stile italiano dal quale si è affacciata Maria Eva Duarte, ovvero Evita Peron, rimasta nel cuore degli argentini. Ma anche il palazzo che la gente non ha esitato ad assaltare nel dicembre 2001 dopo giorni di presidio, esasperata dalla crisi economica: alcuni riuscirono ad entrare all’interno e ad appiccare il fuoco in due saloni, mettendo letteralmente in fuga il presidente Fernando de la Rùa, costretto a scappare in elicottero dalla Casa Rosada. Era una crisi partita da lontano quella dell’Argentina, conosciuta in Italia per la questione dei bond, e maturata nel contesto della spinta politica liberista del governo di Menem, che aveva deciso di allineare la moneta locale al dollaro statunitense. Una pura finzione economica che finirà con il mettere in crisi il sistema mondiale, costretto a ricontrattare il debito del Paese sudamericano e a rinunciare ad incassarne buona parte.
E oggi? Beh, in Plaza de Mayo – dove svetta orgoglioso il munumento dell’eroe San Martin che guidò la rivoluzione argentina e il cui mausoleo si trova all’interno del duomo in cui papa Bergoglio è stato vescovo di Buenos Aires – c’è tuttora un recinto mobile pronto ad essere posizionato in caso di manifestazioni per isolare la Casa Rosada dal resto della piazza.