Thysdrus, l’antico anfiteatro romano di El Djem che in Tunisia stupisce il mondo
Giovanni Bosi, El Djem / Tunisia
Ad un italiano abituato ai fasti dell’antica Roma e alle sue straordinarie testimonianze disseminate nei luoghi dell’impero, l’antica Thysdrus riserva comunque grandi suggestioni ed inevitabile sorpresa. Il momento migliore per arrivare è nel pomeriggio, quando il sole che tende ad abbassarsi all'orizzonte, esalta ancor più il colore della pietra arenaria del grande anfiteatro che si erge tra le bianche case basse. E l’emozione aumenta. Siamo nell'odierna El Djem, in Tunisia.
(TurismoItaliaNews) Di colpo ci si trova immersi in un’atmosfera senza tempo. Se non fosse per i clacson delle auto che percorrono la strada ad anello intorno al grandioso anfiteatro e il vociare dei venditori nei negozietti spuntati come funghi intorno all’area archeologica, si potrebbe pensare di aver compiuto un salto all’indietro di quasi duemila anni. La visita a El Djem è sicuramente preceduta dalla fama di questo reperto di pietra, ma un conto è parlarne o immaginarlo, e un conto è vederlo dal vivo.
Costruito un secolo e mezzo dopo il Colosseo di Roma, questo anfiteatro sorto nei primi decenni del III secolo dopo Cristo, ha un perimetro di 427 metri, con gli assi dell’ellisse lunghi 148 e 122 metri, e pensato per accogliere tra i 27 e i 30.000 spettatori, tanto da piazzarsi in termini di capienza al terzo posto dopo Roma e Capua. Struttura antica, ma tecnologicamente "avanzata" per la sua età considerando che rispetto agli illustri contenitori che l’hanno preceduta, presenza accorgimenti per migliorarne la visibilità e l’accessibilità. E dunque non è un caso se gli scrittori arabi del passato hanno indicato l’anfiteatro di Thysdrus come una delle meraviglie del mondo antico. Anche se non è passato indenne a saccheggi e devastazioni del tempo (inclusa la distruzione di una parte delle facciate nord e ovest da parte dei bey di Tunisi per impedire l'uso come fortezza) l’immagine complessiva è quella di una imponente facciata a tre piani, con archi a tutto sesto sostenuti da basamenti decorati da colonne che ne scandiscono l'andamento: corinzie al primo e al terzo livello, composite al secondo. In pratica è l’unica del mondo romano ad essere stata costruita interamente in pietra da taglio.
E’ decisamente affascinante è anche quello che c’è sotto, come le gallerie sotterranee che custodivano le celle in cui venivano rinchiusi gli animali prima di essere liberati nell'arena; il pozzo-cisterna che riforniva di acqua e la presenza di strutture che fanno ipotizzare la pratica di naumachie ed altri tipi di esibizioni nautiche.
Nel contesto di El Djem rappresenta il punto di fusione tra il vecchio centro libico-punico e la città romano-africana: questa cittadina collocata nell’interno della Tunisia ha un passato glorioso che la riconduce al nome della dinastia africana dei Severi (che rese immortale la splendida Leptis Magna) e che l’ha portata a competere per grandiosità con Hadrumetum (l’attuale Sousse), secondo centro dopo Cartagine. Nel secondo e nel terzo secolo dell'era cristiana è stata una delle più fiorenti del mondo romano e una delle più grandi città dell'Africa antica.
Proprio ai Severi si deve la costruzione dell’anfiteatro e di altre opere (un circo, le terme, sontuose domus) che oggi rappresentano un patrimonio archeologico di tutto rilievo, come nel caso degli straordinari mosaici conservati nei musei, espressione di una raffinatezza e di una composizione scenica e policroma che non trovano eguali al di fuori della Tunisia. Del resto è stato sotto il regno degli Antonini e dei Severi e in particolare a partire dalla metà del II secolo che si è assistito alla prima fioritura del mosaico prettamente africano, con soggetti preferiti gli animali e la caccia.
Il territorio che circonda El Djem è caratterizzato da una serie di depressioni salate chiamate "sebkha" che vanno in direzione di Sfax, dove anticamente la coltura principe era l’olivo se è vero che proprio per qui passava una delle "vie dell'olio", con Thysdrus come crocevia della Tunisia centrale e tappa dei commerci tra il Mediterraneo e l'entroterra.
Oggi l’anfiteatro di El-Djem grazie al restauro di alcuni settori delle gradinate viene utilizzato come contenitore culturale e ogni anno è la cornice del festival internazionale di musica sinfonica. La visita di El-Djem lascia soddisfatti: è come aver aggiunto un tessera in più nella conoscenza dell’antico bacino mediterraneo, dove tutti i Paesi che vi si affacciano hanno molto più in comune di quanto si pensi.
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Giovanni Bosi, giornalista, ha effettuato reportages da numerosi Paesi del mondo. Da Libia e Siria, a Cina e India, dai diversi Paesi del Sud America agli Stati Uniti, fino alle diverse nazioni europee e all’Africa nelle sue mille sfaccettature. Ama particolarmente il tema dell’archeologia e dei beni culturali. Dai suoi articoli emerge una lettura appassionata dei luoghi che visita, di cui racconta le esperienze lì vissute. Come testimone che non si limita a guardare e riferire: i moti del cuore sono sempre in prima linea. E’ autore di libri e pubblicazioni.
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