Spezie e alchermes sono il segreto della Mortadella di Prato: la specialità conquista l’indicazione geografica protetta

Giuseppe Botti, Prato

E’ un prodotto di chiaro stampo medievale, frutto dell'originale connubio dell'alchermes (il liquore color porpora ricavato un tempo dalla cocciniglia, la celeberrima “grana del tintore”, e utilizzato come colorante e aromatizzante) con una abbondante speziatura. E’ la Mortadella di Prato, per la quale è in arrivo l’indicazione geografica protetta. C’è il disco verde del Ministero delle politiche agricole dopo la richiesta presentata dall'Associazione di tutela.

 

(TurismoItaliaNews) E’ stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale numero 192 del 20 agosto la proposta di riconoscimento della indicazione geografica protetta “Mortadella di Prato”, la cui zona di produzione e confezionamento comprende l'intero territorio del comune di Prato e dei comuni di Agliana, Quarrata e Montale in provincia di Pistoia, in Toscana. Dal profumo penetrante e speziato con una nota di alchermes fin dal primo impatto, la Mortadella di Prato è un prodotto di salumeria costituito da un impasto di carni suine, sale marino, aglio, spezie e alchermes (o alkermes) insaccato e sottoposto a trattamento termico. Il sapore è tipico del prodotto per il contrasto fra la nota calda e pungente delle spezie, dell'aglio e del sale marino e quella dolce e delicata dell'alchermes.


Proposta oggi abitualmente in fiere anche di carattere internazionale, oltre che nella manifestazione “Divini profumi. Tra bere e sapere, cultura e sapori della provincia di Prato”, questa Mortadella deriva la sua storia direttamente dal Medioevo. La sua specificità è rafforzata dalla scelta dei tagli di carne utilizzati, dalla lavorazione tradizionale e consolidata e dalla particolarità degli ingredienti, caratteristiche che la rendono un unicum nel panorama gastronomico italiano.


I tagli di carne sono quelli ritenuti più idonei al trattamento di cottura che avviene a termine della stufatura; l'impasto è reso particolarmente coeso grazie al gel proteico ottenuto dalla combinazione delle proteine dei tessuti connettivi, disciolte per azione del sale, con gli zuccheri contenuti nell’alchermes; l'impiego del sale marino nell'impasto svolge la duplice funzione di migliorare l'appetibilità del prodotto e di esplicare un'azione batteriostatica necessaria ad una più lunga conservazione; le spezie macinate, (coriandolo, cannella, noce moscata, macis e chiodi di garofano), il pepe nero macinato e in grani e l'aglio, oltre ad agire sulle caratteristiche organolettiche del prodotto finale, esplicano un'azione batteriostatica ed antiossidante, proteggendo in tal modo i grassi dall'irrancidimento. Un altro aspetto peculiare è dato dalla circostanza che la cottura è preceduta dalla stufatura, che deve avvenire in locali dedicati, tali da assicurare condizioni di temperatura progressivamente decrescente ed umidità crescente, in modo da garantire una asciugatura prolungata e graduale del prodotto.


La reputazione del prodotto e il suo legame con il territorio sono dimostrati da una serie di fattori. Prato è stata caratterizzata, fin dall'antichità, da un uso precoce e razionale delle acque del fiume che la attraversa, il Bisenzio, il quale ha un regime idrico di natura torrenziale, con grandi variazioni di portata al variare delle stagioni. La necessità di bonificare la vasta e fertile pianura alluvionale, attraversata oltre che dal Bisenzio, anche da vari torrenti (Ombrone, Calice, Bardena, Brana…) e l'intuizione di poterne sfruttare le acque vivaci a fini energetici, per il funzionamento sia dei mulini che delle macchine tessili, ha portato alla costruzione delle “gore”, una vasta rete di canali artificiali che percorrono la piana di Prato per gettarsi nel torrente Ombrone, che a sua volta tocca i comuni confinanti di Agliana, Quarrata e Montale, provincia di Pistoia. Le gore e i torrenti, oltre alla fornitura di energia, hanno permesso lo sviluppo fin dall'epoca medievale dell'Arte dei Beccai (l'antico nome dei macellai), un'attività che, per motivi di igiene, richiedeva, come il mestiere di tintore, abbondanza di acqua corrente. E’ stato allora che, grazie a talentuosi norcini, si è affermata la lavorazione e l'uso di carne suina; che non solo godeva di particolare reputazione, ma costituiva, già all'epoca, una voce importante per l'economia.


Nell'alto Medioevo ha rappresentato il consumo principale nei mesi fra novembre e gennaio, superando il 30% nel corso dell'anno. Ogni famiglia contadina allevava il proprio maiale ed i cittadini abbienti ricorrevano all'uso della soccida, con la quale si affidavano alle ville di campagna animali da ingrassare, con il patto di far “a mezzo di ciò che Dio ne fa”. Anche nell'eta' comunale il consumo di carne suina è stato stimato nella misura del 32,1%. Almeno fin dalla metà del Cinquecento, a Prato era concessa, per l'importante Fiera di Settembre, la macellazione di cento maiali, in deroga alle restrittive norme del secolo. Ancora sussistono, per la stessa epoca, testimonianze sui “salsicciari” pratesi, categoria di gran fama e sottoposta ad un dazio particolare a causa dell'imponenza del giro d'affari rappresentato già allora dagli insaccati.


Ecco dunque che, grazie ad un irripetibile connubio fra fattori naturali, culturali e umani, la perizia dei norcini di quegli anni si è trasmessa attraverso i secoli, fino a sfociare in una ricetta di chiaro stampo medievale, sia per la presenza di abbondante speziatura, (al fine di garantire una più lunga conservazione del prodotto); sia per l'utilizzo dell'alchermes, (liquore color porpora tinto dalla cocciniglia, la celeberrima “grana del tintore”), che richiama la secolare vicinanza, mediata dall'utilizzo comune della rete dei canali, fra gli antichi mestieri di tintore e beccaio.


I primi documenti certi sulla Mortadella di Prato come prodotto originario della città toscana risalgono al 1733, in occasione della beatificazione di suor Caterina de' Ricci, quando le monache dei monasteri domenicani di Prato allestirono per gli ospiti un pranzo dove essa figurava come specialità locale. Fin dal Settecento si usa gustare localmente la Mortadella di Prato con i fichi oppure nella cucina tradizionale come ingrediente di molti piatti tipici, tra i quali i Sedani alla pratese.

 

 


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